giovedì 1 agosto 2019
Se la Gran Bretagna se ne va dalla Ue senza un accordo l'impatto sul mondo del lavoro sarà molto negativo, mentre gli effetti si prevedono più moderati se vengono mantenuti i rapporti commerciali
L'Italia rischia quasi 140.000 posti di lavoro
COMMENTA E CONDIVIDI

BREXIT, L'ITALIA PERDERA' CENTINAIA DI MIGLIAIA DI POSTI LAVORO

Quasi 140.000 posti di lavoro andati in fumo. Per la precisione 139.140. L’ Italia pagherà un prezzosalato per il “no deal”, l’uscita senza accordo della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Secondo uno studio dell’università belga di Leuven il danno sarebbe molto più limitato se il Regno Unito trovasse un accordo con Bruxelles. In quel caso, infatti, sarebbero un quarto, 31.230 gli stipendi sfumati.

DANNI ANCHE PER ALTRI PAESI EUROPEI

L’impatto negativo riguarderebbe anche altri paesi europei. Alla Germania “il no deal” costerà 291.930 posti di lavoro, alla Francia 141.320 e alla Polonia 122.950. Se Westminster trovasse un accordo con la Commissione europea le cifre saranno più contenute. Meno 69.060 per la Germania, meno 34.500 per la Francia e meno 28.420 per la Polonia.

La Gran Bretagna, dove i posti di lavoro persi saranno 526.830, sta correndo ai ripari con un investimento extra di altri 23,50 miliardi di euro per garantire medicine essenziali, nuovi agenti che curino i confini efinanziare una delle campagne di pubblicità più importanti del dopoguerra per rassicurare i cittadini che tutto andrà bene anche se la legislazione dell’Unione Europea verrà sostituita dai regolamenti dell’Organizzazione Mondiale del Commercio per le condizioni di import e export dall’Europa.

PREMIER IRLANDESE VUOLE INCONTRARE JOHNSON

A temere una rottura netta della Gran Bretagna con la Ue è il primo ministro irlandese Leo Varadkar, che ha dichiarato di essere pronto ad incontrare il neopremier Boris Johnson “senza preconcetti”, benché i due si trovino su posizioni completamente incompatibili rispetto alla rete di protezione prevista da Bruxelles per mantenere il nord Irlanda legato alla Ue.

Johnson ha, infatti, dichiarato che non riprenderà i negoziati fino a che la Ue non avrà accettato di cedere sul confine tra nord Irlanda e Repubblica d’Irlanda, che ha promesso di mantenere aperto anche se non vuole che l’impegno faccia parte di un trattato firmato con Bruxelles.

LA BMW MINACCIA DI ANDARSENE

Un appello al primo ministro britannico perché eviti la frattura netta con la Ue e "ascolti l'economia e il popolo, tenendo aperto il dialogo con ilmondo economico” è arrivato dall’amministratore delegato della Bmw Harald Kruger. Il manager ha avvertito il Regno Unito che, se rompe con la Ue, la fabbrica che produce le Mini a Cowley, vicino a Oxford, che dà lavoro a 4500 persone, potrebbe spostarsi altrove. E’ soltanto l’ultima marca di automobili a minacciare di andarsene. Anche la Vauxhall, questa settimana, ha detto che fermerà la produzione delle Astra a Ellesmere Port, nel nord d’Inghilterra. A febbraio ha fatto notizia la decisione della Nissan giapponese di riportare in patria, dalla cittadina di Sunderland, la produzione di uno dei suoi fuoristrada togliendo, così, lavoro a centinaia di persone.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: