domenica 24 maggio 2015
Nella notte dedicata ai cristiani perseguitati In Italia e nel mondo si è svolta un'unica grande veglia: insieme per vincere l'indifferenza.
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È stata la notte della preghiera per i cristiani perseguitati. Una notte nel segno della Chiesa “martire” che ieri ha mobilitato l’Italia, ma ha varcato anche i confini della Penisola trovando sponda in numerose comunità cristiane sparse per il mondo. La Cei aveva chiesto di dedicare la Veglia di Pentecoste ai «martiri nostri contemporanei». E la risposta della Chiesa italiana è stata corale. Da Nord a Sud, il Paese ha vissuto un’unica, grande Veglia come gesto concreto di «vicinanza» ai «fratelli» e alle «sorelle» vessati e uccisi a causa della fede in Cristo e come monito a «rompere il muro dell’indifferenza e del cinismo». Un’iniziativa che ha avuto eco anche nella Rete grazie all’hashtag #free2pray («liberi di pregare») lanciato per raccogliere le testimonianze e presentare le proposte. Lo stile scelto da diocesi e parrocchie per questo momento di comunione è stato simile. Intorno ai vescovi e ai sacerdoti, la preghiera è stata primo di tutto un’invocazione ad accrescere «nei cuori i doni» del Spirito Santo per essere «fedeli custodi della Parola che salva e coraggiosi testimoni di Cristo crocifisso e risorto» sull’esempio dei martiri di oggi. Ma è stata anche una richiesta di perdono per «tutte le forme di violenza che rovinano in modo irreparabile l’esistenza umana», per «ogni repressione della libertà civile e religiosa di cui migliaia di persone vengono private», per «quanti infrangono la pacifica convivenza di popoli e nazioni con la prepotenza delle armi». Parole che rimandano ai ripetuti moniti di papa Francesco a ricordare quanti sono «esiliati o uccisi per il solo fatto di essere cristiani», aveva sottolineato nell’udienza generale di mercoledì scorso, esortando ad «aumentare la sensibilizzazione sul dramma dei cristiani perseguitati nel nostro tempo» e a porre «fine a questo inaccettabile crimine». E lo scorso 30 aprile, di fronte alla Commissione internazionale anglicana-cattolica, era tornato a evidenziare un tema a lui caro: l’ecumenismo del sangue. «Esiste un legame forte che già ci unisce, al di là di ogni divisione – aveva detto –: è la testimonianza dei cristiani, appartenenti a Chiese e tradizioni diverse, vittime di persecuzioni e violenze solo a causa della fede che professano». Un’intuizione che ha ispirato la Veglia celebrata ieri sera nella Cattedrale di Perugia insieme con i rappresentanti delle comunità ortodosse ed evangeliche presenti nel capoluogo umbro. «In questo nostro tempo – ha spiegato l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il cardinale Gualtiero Bassetti – il legame più forte fra le diverse confessioni è rappresentato dalla martyria. Essa è seme di unità fra i discepoli del Risorto perché rimanda all’unica fede in Cristo». Bassetti ha denunciato anche un «accanimento a livello mondiale nei confronti dei cristiani». «Però questo – ha aggiunto – è anche indice della vitalità del cristianesimo. Il Signore ci ha invitato a essere suoi testimoni “fino agli estremi confini della terra”. E ha specificato: “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”. Ciò significa che il corpo potrà perire, ma la testimonianza resterà integra e darà frutto». Poi ha chiesto un intervento della comunità internazionale. «La nostra è una religione della non-violenza, del “porgere l’altra guancia” e del perdono del nemico. Quindi ha bisogno che i cristiani siano protetti». Al termine della Veglia sono stati collocati nella piazza davanti al Duomo cinquanta lumini, uno per ciascun Paese nel quale i cristiani subiscono discriminazioni e persecuzioni. Nella Cattedrale di Bologna la preghiera è stata animata dalle aggregazioni laicali. «La vittoria di Cristo, già accaduta sulla Croce – ha affermato il cardinale arcivescovo Carlo Caffarra – continua nel tempo e si rende presente oggi attraverso i martiri». E poi ha ricordato che «il martirio è la definizione della normalità della vita cristiana» in quanto ciascuno è chiamato a far «risuonare nella propria vita la testimonianza alla verità che Gesù ha dato». In alcune località le Veglie sono state accompagnate da voci specifiche. È il caso dell’appuntamento al Sacro Monte di Varese guidato dal nunzio apostolico in Libano, l’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia. Testimone delle persecuzioni dei cristiani in Medio Oriente, il presule cresciuto a Cavaria, nel Varesotto, ha ripercorso la tragedia delle migliaia di profughi siriani che cercano rifugio in Libano: «Sono stati sradicati dai miliziani dello Stato Islamico. Le loro chiese e i loro luoghi di culto sono stati violati, le case fatte saltare in aria, le strade imbottite di mine». Durante il cammino sul viale delle Cappelle, che ha visto ben mille partecipanti, sono state presentate le storie e le voci dei martiri contemporanei. «Esse accentuano quel paradosso tra l’opulenza occidentale e la forza di chi, non tenendo la vita per sé, dona tutto», hanno detto don Mauro Barlassina e don Carlo Garavaglia. A Chioggia, invece, sono stati protagonisti gli “ultimi” che dall’Africa sbarcano nel nostro Paese. E durante la Veglia il vescovo Adriano Tessarollo ha invitato all’accoglienza e a essere «scuola di comunione».
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