lunedì 21 ottobre 2013
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha scritto la parola fine al ricorso dei familiari di 12 polacchi uccisi, assieme ad altri 22 mila connazionali, dai militari russi nel 1940 a Katyn. I giudici si sono detti "incompetenti" a giudicare dell'inchiesta russa, pur criticando la mancata collaborazione da parte dell'ex gigante comunista.
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La Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha scritto oggi la parola fine al ricorso avanzato dai familiari di 12 prigionieri polacchi uccisi, assieme ad altri circa 22 mila connazionali, dai militari russi nel 1940 nei pressi della foresta di Katyn.
La sentenza emessa oggi toglie ogni speranza ai ricorrenti di vedersi riconoscere lo status di vittime delle attuali autorità russe per le decisioni che presero nel 2004 di mettere fine all'inchiesta sul massacro di Katyn e di secretare tutti i documenti relativi a questa decisione.
Oggi i giudici di Strasburgo, da un lato, hanno dichiarato di "non essere competenti" per giudicare sull'inchiesta condotta dalle autorità russe sul massacro, essendo questo avvenuto dieci anni prima che entrasse in vigore la Convenzione europea dei diritti umani. Dall'altro hanno stabilito che essendoci la sicurezza della morte dei prigionieri, i loro familiari non possono essere considerati vittime di un trattamento inumano e degradante da parte delle autorità russe, come lo sono coloro che nulla sanno di cosa è successo a un loro parente scomparso, e su cui possa esserci incertezza sulla sorte.
L'unico punto su cui la Corte si è pronunciata criticando Mosca, è la mancanza di collaborazione di quest'ultima nel fornire tutta la documentazione richiesta. I giudici ritengono che nessuna delle spiegazioni date da Mosca per la mancata consegna alla Corte di Strasburgo dei documenti inerenti la decisione sulla chiusura dell'inchiesta sul massacro di Katyn sia valida. Neanche quella che questi documenti sono coperti dal segreto di Stato.
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