sabato 10 luglio 2010
Ieri il Consiglio di sicurezza dell'Onu aveva condannato l'attacco a una nave sudcoreana senza citare mai il regime di Kim Jong-il. Pyongyang esulta: «È una grande vittoria diplomatica».
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La dichiarazione presidenziale del Consiglio di sicurezza dell'Onu sul caso dell'affondamento della corvetta sudcoreana Cheonan è «una grande vittoria diplomatica» per la Corea del Nord. È il commento del rappresentante permanente di Pyongyang al Palazzo di Vetro, Sin Son-ho, secondo cui «dall'inizio dell' incidente abbiamo reso la nostra posizione molto chiara di totale estraneità ai fatti».La Corea del Nord, inoltre, ha accolto con interesse e attenzione l'invito del Consiglio di sicurezza dell' Onu sulla ripresa del dialogo, ma minaccia «dure contromisure» in caso di provocazioni contro il regime, «non ritenendosi responsabile a quel punto di un'eventuale escalation».Un portavoce non identificato del ministero degli Esteri di Pyongyang ha detto, in base a quanto diffuso dall'agenzia ufficiale Kcna, che il Consiglio ha concluso i negoziati sull'affondamento della corvetta sudcoreana "Cheonan" con un'iniziativa «incapace di adottare una risoluzione o di raggiungere una corretta conclusione».Venerdì il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha dato il via libera all'unanimità a una dichiarazione presidenziale di condanna all'attacco del 26 marzo scorso alla nave sudcoreana costato la vita a 46 marinai, senza citare la Corea del Nord, che ha sempre negato qualsiasi tipo di coinvolgimento. Le conclusioni di una commissione di inchiesta internazionale, sostenuta da Seul, ha individuato invece la causa della tragedia in un siluro del Nord.«Il complotto messo in atto - ha detto ancora il diplomatico nordcoreano in base a quanto riferito dalla stampa sudcoreana - ha portato la situazione di tutta la penisola coreana a un punto critico, ma quest'episodio avrebbe dovuto essere risolto tra Nord e Sud fin dall'inizio, senza il coinvolgimento delle Nazioni Unite. Per quanto ci riguarda, siamo determinati a fare del nostro meglio per trovare la verità sull'episodio».Di parere opposto il giudizio di un portavoce del ministero degli Esteri di Seul, Kim Young-sun, per il quale l'iniziativa del Consiglio di sicurezza «ha un'importante valore» in quanto ha espresso la «condanna della comunità internazionale contro l'attacco della Corea del Nord alla Cheonan con voce unitaria e rimarcando l'importanza di prevenire ulteriori provocazioni».Il testo finale della dichiarazione, secondo ricostruzioni diplomatiche, sarebbe stato "alleggerito" rispetto alle attese di Usa e Corea del Sud per ottenere il via libera della Cina, tradizionale alleato di Pyongyang. «Alla luce delle risultanze del Gruppo investigativo civile-militare guidato dalla Corea del Sud, cui hanno partecipato cinque nazioni, e che ha concluso che la Corea del Nord è stata responsabile dell'affondamento della Cheonan, il Consiglio di sicurezza - si legge nella dichiarazione Onu - esprime la sua profonda preoccupazione».Il Consiglio, inoltre, «ha preso nota del responso delle altre parti rilevanti, incluso quello della Corea del Nord che ha asserito di avere nulla a che fare con l'incidente».TENTATIVO DI SUICIDIOIl cittadino americano Aijalom Mahli Gomes, detenuto in Corea del Nord per essere entrato illegalmente nel paese, avrebbe tentato «recentemente» il suicidio. Lo ha scritto l'agenzia "Nuova Cina" citando la sua consorella nordcoreana, la Kcna.Gomes, 30 anni, è stato arrestato in gennaio e condannato ad otto anni di lavori forzati. In seguito alle polemiche sull'affondamento della nave sudcoreana "Cheonan", del quale Seul e gli Usa hanno accusato la Corea del Nord, il governo di Pyongyang aveva minacciato di applicare al detenuto la «legge di guerra».Il giovane insegnava inglese a Seul, dove è probabilmente venuto in contatto con i gruppi cristiani che organizzano l'espatrio clandestino di cittadini della Corea del Nord. Un attivista umanitario di Seul, Jo Sung-rae, ha sostenuto che Gomes sarebbe stato «ispirato» dal gesto di un missionario cristiano che nel dicembre del 2009 è entrato senza autorizzazione in Corea del Nord affermando di voler consegnare una lettera al leader supremo Kim Jong-il. Il missionario, Robert Park, è stato rilasciato dai nordcoreani in febbraio, dopo circa 40 giorni di detenzione.
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