giovedì 11 novembre 2021
Uno studio dell'Università di Oxford dimostra che i consumatori possono ridurre la CO2 scegliendo prodotti alimentari prodotti in modo rispettoso dell'ambiente
Una piantagione di olio di palma realizzata dove c'era una foresta in Indonesia

Una piantagione di olio di palma realizzata dove c'era una foresta in Indonesia - Reuters

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Secondo gli scienziati più di un quarto delle emissioni inquinanti è causato dall'industria alimentare. La metà di queste deriva dalla produzione e dalla lavorazione della carne. L'impatto ambientale di una bistecca di manzo, ci si chiede, è lo stesso di quello di una portata di pollo? Uno studio dell'Università di Oxford firmato da Joseph Poore e Thomas Nemecek dimostra, dati alla mano, che tra le due opzioni possono esserci grandi differenze. Come anche tra carne dello stesso tipo ma di diversa produzione. A fare la differenza sono fattori come la tipologia dell'azienda, i metodi di trasformazione, la qualità dell'imballaggio e le modalità di distribuzione. Realizzata prendendo in esame 40mila aziende agricole nel mondo l'analisi ha provato che se i consumatori riducono gli acquisti, per esempio, di cibo di origine animale (carne, latte, burro, formaggio) molto lavorato e prodotto non in loco, magari riconducibile ad allevamenti ricavati su terreni sottratti alle foreste, la concentrazione di diossina nell'aria può ridursi anche di due terzi. Il ragionamento vale anche per altre tipologie di cibo come, solo per citarne alcune, cacao, caffè e pomodori. Una barretta a base di cioccolato proveniente da piantagioni ricavate sul terreno di foreste tropicali può però risultare più inquinante persino rispetto a una porzione di agnello allevato in uno stabilimento riscaldato a gas.

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