sabato 17 luglio 2010
Offensiva anti-ribelli dell’esercito nell’Est: «Interi villaggi sono stati abbandonati». Riesplode il conflitto nel Nord Kivu intorno alla cittadina di Beni: «Oltre venti i miliziani islamici dell’Adf-Nalu morti nei combattimenti». Paura anche per i saccheggi da parte dei militari.
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L’orrore continua nell’Est della Repubblica democratica del Congo, dove da giorni è in corso un’operazione militare dell’esercito congolese contro un gruppo di ribelli ugandesi che ha provocato più di venti morti e almeno 50mila sfollati. «La gente sta scappando verso Sud per sfuggire agli scontri», ha confermato Elli Kemp, operatrice umanitaria dell’organizzazione britannica Oxfam: «Le persone hanno abbandonato i villaggi e stanno disperatamente cercando riparo nelle scuole e nelle chiese». Secondo il generale congolese Vainquer Mayala, che è a capo dell’offensiva, «l’esercito ha ucciso 22 ribelli e ne ha catturati quattro, ma ci vorrà tempo per portare a termine l’operazione». Le forze dell’esercito congolese (Fardc), che hanno perso tre dei loro soldati negli ultimi giorni, stanno combattendo nell’area di Beni – cittadina del Nord Kivu – contro i ribelli delle Forze democratiche alleate (Adf) che si sono unite all’Esercito nazionale per la liberazione dell’Uganda (Nalu) dalla metà degli anni novanta. L’Adf-Nalu – composto da militanti islamici ed ex soldati dell’esercito del dittatore Idi Amin e di Milton Obote – ha una forte componente islamico-fondamentalista: l’intento dichiarato e di fare dell’Uganda uno Stato islamico. Il generale Mayala sostiene che i suoi uomini abbiano recuperato vari fucili, granate e razzi che appartenevano ai ribelli. Sebbene non ci siano stime precise riguardo al loro numero, si pensa che i membri dell’Adf-Nalu non superino le 1.300 unità. «È la prima volta dal 2006 che la battaglia tra l’esercito e le Adf-Nalu ha causato un’enorme massa di sfollati», ha commentato Maurizio Giuliano, portavoce dell’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha): «Abbiamo infatti spedito subito una nostra squadra d’emergenza per affrontare la situazione». Le Nazioni Unite, dapprima operanti militarmente sotto l’egida della Missione Onu in Congo (Monuc), ora sono presenti sul campo come Missione di “stabilizzazione” del Paese (Monusco), e sono quindi esenti dall’intervenire direttamente in questioni militari. «L’ultima volta che abbiamo partecipato attivamente ad operazioni militari con l’esercito congolese in questa zona è stato nel 2005», ha detto una fonte della Monusco all’agenzia di stampa dell’Onu, Irinnews: «Oltre 130 ribelli Adf-Nalu vennero uccisi e 150mila civili furono costretti a scappare dai loro villaggi».Particolarmente preoccupate dell’escalation attuale sono però le varie agenzie umanitarie che lavorano nella zona, poiché conoscono di prima mano quanto possano essere pericolosi i soldati dell’esercito congolese: decine di loro, anche recentemente, sono stati accusati di stupri e razzie contro i civili che invece dovrebbero proteggere. Liberi dal “guinzaglio” dei controllori dell’ex Monuc, i responsabili dell’esercito hanno però già ribadito che il loro compito è solo quello di «sopprimere tutti i gruppi armati presenti nel Paese».
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