martedì 17 giugno 2025
Il gigante asiatico entra nella crisi mediorientale, puntando ad accreditarsi come possibile mediatore e stigmatizzando Trump: "Getta benzina sul fuoco". E intanto muove le sue portaerei nel Pacifico
La portaerei cinese Liaoning

La portaerei cinese Liaoning - ANSA

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La portaerei Shandong avvistata nelle acque a nord delle Filippine. La Fujian che si è spinta nelle acque contese a ovest della penisola coreana. La Liaoning che ha navigato nelle acque del Pacifico della zona economica esclusiva del Giappone. Mai come in questi giorni, le portaerei cinesi sono state così “attive”. E mai – come sottolineano gli analisti – si sono spinte così in profondità nel Pacifico, abbandonano il “perimetro” abituale delle tradizionali manovre navali. Un’esibizione di forza? Una carta che Pechino vuole dimostrare di poter giocare in qualsiasi momento? Al tempo stesso, sul piano diplomatico, il gigante asciatico si muove – con altrettanta decisione –, usando toni forti nella crisi, sempre più drammatica, che tra travolgendo il Medio Oriente.

Le manovre militari cinesi continuano a ruotare attorno a un punto fisso: Taiwan. E nelle operazioni del gigante asiatico non c’è nulla di casuale. Come scrive la Cnn, “le esercitazioni cinesi nel Pacifico hanno interessato le aree attraverso le quali dovrebbe transitare il supporto navale statunitense a Taiwan in caso di conflitto attorno a Taiwan”. Un funzionario della sicurezza taiwanese ha “misurato” la forza navale schierata da Pechino: circa 70 navi da guerra e della guardia costiera. "La proiezione di potenza va oltre le esigenze difensive della Cina", ha commentato alla Cnn. E non manca chi, maliziosamente, fa notare che - con la voragine aperta dalla crisi russa-ucraina e ancora di più con quella iraniana-israeliana -, gli Stati Uniti non avrebbero la forza (né probabilmente l’intenzione) di difendere Taiwan in caso di aggressione.

Il presidente cinese Xi Jinping (a sinistra) e il ministro degli Esteri Wang Yi

Il presidente cinese Xi Jinping (a sinistra) e il ministro degli Esteri Wang Yi - ANSA

Speculazioni? Ne frattempo la Cina non vela il suo interesse per il quadrante mediorientale. Pechino ha condannato l'attacco israeliano contro l'Iran e ha invitato entrambe le parti a ridurre l'escalation. Il protagonismo cinese ha visto nel ministro degli Esteri Wang Yi il suo punto più avanzato. Il capo della diplomazia cinese ha contattato telefonicamente le controparti iraniana e israeliana in due diverse telefonate, durante le quali ha condannato l'attacco che ha scatenato l'ultimo conflitto, annunciando l'offerta della Cina di "svolgere un ruolo costruttivo" nella sua risoluzione. "La Cina condanna esplicitamente la violazione da parte di Israele della sovranità, della sicurezza e dell'integrità territoriale dell'Iran e sostiene l'Iran nel salvaguardare la sua sovranità nazionale, difendendo i suoi legittimi diritti e interessi", ha dichiarato Wang.

Secondo gli analisti, la Cina punta a capitalizzare l’incapacità di Trump e dell’America di farsi garanti dell’ordine internazionale. “La Cina sarà inoltre pronta ad amplificare i fallimenti degli Stati Uniti, reali o meno, se la situazione dovesse deteriorarsi nell'ambito della sua più ampia campagna per minare la posizione e l'influenza globale degli Stati Uniti”.
Non a caso il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun, ha accusato il presidente Donald Trump di "gettare benzina sul fuoco" del crescente conflitto tra Iran e Israele, dopo che il capo della Casa Bianca ha intimato ai residenti di Teheran di "evacuare immediatamente". "Alimentare il fuoco, gettare benzina, minacciare e aumentare la pressione non contribuirà a promuovere la de-escalation della situazione, ma non farà altro che intensificare e ampliare il conflitto".

La Cina acquista circa il 90% del petrolio della Repubblica Islamica e, al tempo stesso, ha diversi punti di forza nei confronti di Israele, con investimenti significativi, in particolare nei settori delle infrastrutture e della tecnologia. Resta aperta la domanda: in che modo si tradurrà la volontà cinese di svolgere “un ruolo costruttivo” prima che sia troppo tardi?



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