lunedì 19 settembre 2011
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​L’emergenza non dà tregua, come la violenza dei ribelli somali che ha spinto le autorità a bloccare gli accessi alle zone sotto il controllo dei miliziani islamici dove sono decine di migliaia le persone colpite dagli effetti della siccità. Ieri Il Governo federale di transizione somalo (Tfg) ha deciso di vietare il flusso di aiuti umanitari portati attraverso le organizzazioni straniere nelle zone controllate dai ribelli. Le autorità somale hanno preso tale provvedimento in seguito al secondo tentativo da parte di un’agenzia umanitaria turca che, scortata dai ribelli qaedisti di al-Shabaab e seguita da un gruppo di giornalisti, era riuscita a distribuire aiuti alla popolazione lunedì scorso. «Il governo è preoccupato per la sicurezza», ha detto ieri a Mogadiscio Mohamud Dahir Farah, il coordinatore per gli aiuti umanitari: «Agli stranieri non sarà permesso incontrare gli shabaab fino a quando il governo non revocherà la sua decisione». Diventa sempre più difficile rispettare le dinamiche degli aiuti in Somalia, da diversi mesi al centro della più catastrofica crisi umanitaria degli ultimi sessant’anni. Secondo le Nazioni Unite sono oltre 12 milioni i civili del Corno d’Africa affetti dall’emergenza, e solo in Somalia oltre tre milioni di persone rischiano di morire di fame. La terribile siccità che da giugno ha invaso il territorio somalo ha portato al livello di carestia sei delle otto regioni nella fascia meridionale del Paese. Tale emergenza ha provocato un immane esodo di somali che si sono riversati in Etiopia e Kenya, causando un sovraffollamento dei campi per rifugiati. «L’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur) sta spostando i nuovi arrivati in due altri campi per via del sovraffollamento – recitava una recente nota dell’Acnur proveniente da Dadaab, il più grande agglomerato di campi per rifugiati al mondo allestito nella zona nord-orientale del Kenya – Ifo-2 e Kambioos saranno in grado di ospitare più di 200mila profughi. Circa 33mila di essi sono già stati spostati lì a luglio».

La zona di Dadaab comprendeva originariamente tre campi profughi costruiti per ospitare 90 mila persone. Ora, a vent’anni dalla sua nascita, Dadaab ha circa 440mila rifugiati, provenienti soprattutto dalla Somalia. La crisi somala, che secondo le agenzie umanitarie è destinata a peggiorare fino alla fine dell’anno, costringe alla fuga oltre mille rifugiati ogni giorno. Tutti scappano non solo dalla carestia, ma anche dalla guerra civile che dal 1991 continua a uccidere e seminare terrore tra la popolazione. «In agosto abbiamo ricevuto a Dadaab 36mila profughi», ha confermato William Spindler, portavoce dell’Acnur a Dadaab.

All’inizio dell’emergenza, poiché non c’era spazio nei campi, i rifugiati costruivano capanne attorno ad essi rischiando però di essere attaccati dai banditi e dagli animali selvaggi. Ora la sicurezza sembra essere migliorata. «Sentiamo ancora i versi delle iene durante la notte – ha detto alla stampa Zaytun Ibrahim, una rifugiata che si è appena spostata con la sua famiglia all’interno del campo di Kambioos – però gli animali non vengono più a cercarci perché hanno paura quando vedono tante persone insieme». Sebbene i profughi abbiano trovato una sistemazione più sicura, ogni giorno devono affrontare la fame, la sete, e le difficilissime condizioni sanitarie in un ambiente dove le epidemie si propagano molto velocemente. «Stiamo continuando con i nostri programmi di nutrizione – ha commentato Andy Needham, portavoce di Acnur-Somalia – Nei campi per rifugiati in Etiopia i livelli di malnutrizione sono ancora molto alti, soprattutto tra i bambini sotto l’età di due anni. Una media di 300 somali al giorno raggiungono i campi etiopi di Dolo Ado, queste persone partono dalle regioni somale di Bay, Gedo e Bakool attanagliate dalla siccità».

Intanto non si arrestano i combattimenti tra i ribelli shabaab e i soldati governativi nella capitale somala Mogadiscio. Durante la notte di venerdì sono rimaste uccise tre persone e ferite altre cinque per via di feroci scontri a fuoco nel quartiere di Dharkenlay. «I militanti di al-Shabaab hanno attaccato alcune basi delle forze governative sostenute dalle truppe dell’Unione africana (Amisom) – ha comunicato il sito d’informazione locale Mareeg – Altri scontri hanno invece interessato la zona della via industriale di Mogadiscio». La crisi somala sembra non trovare soluzione.

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