martedì 26 febbraio 2013
​Intervento a Roma del cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. L'appello: riconsiderare i diritti sociali degli immigrati in modo da impedire che diventino vittime del lavoro a basso costo.
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Serve «una giusta legislazione» per gli immigrati che vengono a lavorare in Italia, perché «sia garantito il rispetto che meritano, in accordo con le leggi e i regolamenti promulgati». E’ chiaro l’appello lanciato dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, nel suo intervento a Roma all'incontro del comitato tecnico-scientifico dell'Ucid (Unione cristiana imprenditori dirigenti). «Quegli uomini e quelle donne che sono presenti tra noi - ha affermato il cardinale Vegliò - non sono solo manodopera, essi sono allo stesso tempo membri della nostra società. Non sono stranieri, ma nostri fratelli e sorelle».Secondo il cardinale si tratta di «una chiamata a rivedere ancora una volta» la situazione degli immigrati, «a riconsiderare i loro diritti sociali in modo da impedire che diventino vittime del lavoro a basso costo per colpa del loro cosiddetto ‘status di residenza temporanea’. Solo così potremo cominciare a invertire il processo della loro emarginazione nella nostra società». La Chiesa, ha ricordato Vegliò, «è chiamata a farsi avvocato e strenuo difensore dei diritti degli uomini a muoversi liberamente all'interno delle proprie nazioni e, quando spinti da povertà, insicurezza e persecuzione, a lasciare le loro case in cerca del loro diritto, dato da Dio, a vivere con dignità».
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