
Yasser Abu Shabab - --
Mentre a migliaia affrontavano il mesto pellegrinaggio verso i criticati centri di distribuzione gestiti da Usa e Israele, a centinaia hanno preso d’assalto più di 100 camion del Programma alimentare mondiale dell’Onu. Il principale sospettato del saccheggio è Yasser Abu Shabab, rampollo di una potente famiglia del sud della Striscia. Che da oggi lo ha pubblicamente disconosciuto per la sua cooperazione con le forze di Tel Aviv.
Dalla Striscia di Gaza una fonte di “Avvenire”, impegnata nella logistica degli aiuti, ci ha inviato un breve ma drammatico filmato, registrato a distanza, nella quale si vede una folla di migliaia di disperati prendere d’assalto il punto di distribuzione. Le immagini arrivano dalla zona di Al Alam dove anche la Gaza Humanitarian Foundation avrebbe dovuto aprire un centro di distribuzione. Nel filmato si vedono alcuni uomini armati dietro agli addetti alla distribuzione. La folla improvvisamente salta fuori da dietro un terrapieno dove avrebbero dovuto esserci i corridoi per il filtraggio dei civili a cui assegnare gli aiuti. Ma niente ha potuto fermare l’assalto dei civili accorsi per contendersi cibo e altri materiali di prima necessità, senza che le guardie armate potessero fare nulla.

La Gaza Humanitarian Foundation, quando nel pomeriggio di sabato ci sono giunte le immagini, non aveva ancora confermato l’accaduto. Da alcuni frammenti del filmato si vedono gli scatoloni con le insegne della Ghf, l’organizzazione nata pochi mesi fa su impulso degli Usa in accordo con Israele in alternativa alle agenzie umanitarie Onu e della Croce Rossa internazionale che, al contrario della Ghf, ricevono le consegne con il contagocce. Il saccheggio da parte degli sfollati mette ancora una volta in discussione l’efficienza della neonata fondazione, che mai prima di questi giorni aveva svolto attività umanitarie e che ha visto nel primo giorno di consegne le dimissioni del direttore e del vicedirettore, entrambi ex marines dei corpi speciali Usa, poiché a loro dire non erano garantiti gli standard minimi per la piena capacità operativa in contesti di gravissima crisi umanitaria.
Assalti e disordini sono diventati una pratica per coprire i furti organizzati dalla gang di Abu Shabab ed esporre i convogli umanitari alla mercè degli affamati, al contrario dell’ordine imposto con le armi dalla “Gaza humanitarian foundation” (Ghf), la società americana finanziata da Israele.
Il quotidiano Haaretz ha trovato le prove dell’impegno di Tel Aviv a versare inizialmente un assegno mensile da 140 milioni di euro alla Ghf, che ha stabilito tre punti di distribuzione nei quali gli sfollati ricevono cibo e kit igienici, a patto di venire accuratamente schedati.
Sugli uomini di Abu Shabaab erano stati raccolti riscontri, testimonianze, immagini che ritraevano il giovane Yasser, in divisa e in armi a dirigere il traffico tra Khan Yunis e Rafah, sotto gli occhi dell’esercito israeliano. Nella notte tra ieri e oggi il consiglio degli anziani della famiglia ci ha trasmesso una nota da Gaza nella quale riconosce che alcuni membri del clan da settimane svolgono attività ambigue.
«Inizialmente abbiamo offerto sostegno morale a nostro figlio, Yasser Abu Shabab, sulla base delle spiegazioni che ci ha fornito – spiegano gli anziani –, indicando che stava lavorando per assicurare aiuti umanitari alle persone durante la guerra, al di fuori di qualsiasi quadro organizzativo o di sicurezza».
In altre parole, i saccheggi avrebbero avuto lo scopo di redistribuire gli aiuti a chi non riusciva a riceverli.
«Con il passare del tempo – aggiunge il comunicato –, i nostri sospetti hanno iniziato a crescere dopo aver ricevuto informazioni confermate da alcuni giovani a lui vicini, che indicavano il suo coinvolgimento in attività di sicurezza sospette che non potevano essere ignorate».
A quel punto, «abbiamo deciso all’unanimità di respingere di infangare la reputazione della nostra famiglia con azioni sospette che ne minano l’onore e la storia di lotta».
Il clan, in realtà, è noto per attività di contrabbando dall’Egitto e per il controllo del territorio spesso in concorrenza con Hamas.
Dopo la pubblicazione delle immagini del giovane Yasser in veste di militare con le insegne palestinesi in un area controllata dalle forze israeliane, il ragazzo è stato convocato «e messo di fronte alla sua piena responsabilità». Yasser «ha tentato di discolparsi, sostenendo che il suo lavoro si limitava alle sole attività di soccorso». Ma non è stato creduto. Di conseguenza «dichiariamo il suo pieno disconoscimento dal percorso nazionale e morale della famiglia». Lo stesso vale per tutti i suoi affiliati. Ma quella che si annuncia è una guerra interna: «Lo perseguiremo e lo riterremo responsabile con i mezzi più severi possibili», hanno decretato i membri anziani del clan.
A meno di cambiamenti, la condizione dei civili è drammatica. Per l’Ispi, l’Istituto di studi di politica internazionale, «se il cessate il fuoco di inizio anno aveva consentito l’ingresso di una quantità ingente di aiuti, a livelli mai visti dall’ottobre 2023 – si legge in uno studio diffuso ieri –, anche considerando gli sviluppi dell’ultima settimana da marzo a oggi (ieri, ndr) è entrato solo il 2% degli aiuti rispetto alla media pre-conflitto».