martedì 7 maggio 2013
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Continua ad aggravarsi il bilancio della sciagura avvenuta in Bangladesh il 24 aprile scorso quando si accartocciò su se stesso il Rana Plaza: un edificio di nove piani ce ospitava negozi e laboratori tessili a Savar, città-satellite lla periferia nord-ovest della capitale Dacca. L'ultimo computo ufficiale delle vittime del crollo si è attestato infatti ad almeno 705 persone, mentre i superstiti tratti in salvo dai soccorritori ammontano a 2.437. Il totale dei morti appare destinato peraltro ad aumentare, giacché le squadre di ricerca sono finora arrivate a setacciare le macerie soltanto del quarto piano. Nel palazzo, che in base alla licenza di costruzione non sarebbe dovuto andare oltre i cinque piani, al momento del crollo si trovavano almeno 3mila persone, la maggior parte impiegate in cinque fabbriche d'indumenti a basso costo per i colossi stranieri delle vendite al dettaglio. Oggi circa quattrocento operai sopravvissuti hanno inscenato un sit-in di protesta, bloccando l'autostrada che collega Dacca al sud e al sud-ovest del Paese asiatico: reclamavano dai proprietari degli opifici distrutti, anche a nome dei colleghi, il pagamento degli stipendi arretrati e la corresponsione dei risarcimenti per i danni subiti. Molti tra loro percepiscono in media addirittura meno di 30 euro mensili, costretti a lavorare in condizioni estreme che lo stesso papa Francesco ha bollato senza mezzi termini come «schiavistiche».
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