lunedì 23 gennaio 2017
Subito interrotto il primo faccia a faccia fra regime e ribelli dopo sei anni di guerra. Si procede a incontri separati. Solo un alta mediazione potrà evitare un nuovo fallimento come a Ginevra 2
Una veduta di Astana (Ansa)

Una veduta di Astana (Ansa)

COMMENTA E CONDIVIDI

La tavola rotonda al centro congressi del Rixos Hotel di Astana, capitale del Kazakistan, già salutata come primo storico «faccia a faccia» fra regime e opposizione, dopo sei anni di uno sfiancante conflitto civile, ha subito presentato spigoli taglienti come frammenti di vetro.
Dopo aver riconquistato Aleppo Est l’inedito asse fra Mosca e Ankara, con Teheran appena un passo indietro, ha lanciato la sua proposta di pax siriana. Con Putin riscopertosi - con i raid aerei inaugurati il 30 settembre 2015 - l’uomo forte del Medio Oriente, il vertice di Astana a cui in extremis sono stati invitati anche Nazioni Unite e Washington, è la prova di un nuovo corso che Mosca vuole imporre come un incasso dello sforzo militare degli ultimi 15 mesi. Una prova di forza diplomatica che, nel giro di poche ore, si è subito infranta sul solito scoglio della crisi siriana.


Le prime schermaglie non hanno mostrato novità rispetto a febbraio 2014, quando naufragò il negoziato di Ginevra 2. Il regime di Damasco chiede che i ribelli depongano subito le armi in cambio di un’amnistia, mentre l’opposizione pone come obiettivo prioritario di rafforzare il cessate il fuoco. Ma il capo delegazione dell’opposizione, Bashar Allush, ha precisato che ad al-Jazeera che l’obiettivo non può che essere una «transizione politica, cominciando dall’uscita di scena di Bashar Assad e il suo regime». Dichiarazioni che Bashar Jaafari, il rappresentate di Damasco, ha subito bollato come «insolenti» da parte di una delegazione «illegittima» perché sostiene i terroristi. L'opposizione, in effetti, rappresenta solo 15 gruppi di un composito quanto indecifrabile arcipelago di ribelli: una alleanza che, con il sostegno della Turchia, controllerebbe circa il 10% del territorio siriano, ma lascia nell’ombra, oltre alle terre in mano al Califfato, anche formazioni jihadiste poco controllabili. «Siamo uomini di pace, ma anche cavalieri di guerra», ha aggiunto il negoziatore dell'opposizione Allush.

Così, grazie alla presenza dei mediatori delle Nazioni Unite, lasciata la tavola rotonda si procede con incontri separati. Un copione che a Ginevra non ha avuto nessun finale. Rispetto ad allora ora c’è la cabina di regia di Putin, ma certo Teheran non starà a guardare e cercherà di far valere la sua presenza sul terreno. Intanto l’opposizione aspetta, anche per capire le prime mosse di Trump: ieri Mosca ha annunziato i primi raid aerei congiunti in Siria assieme ad aerei della coalizione a guida Usa. Affermazioni smentite come «sciocchezze» da un portavoce della coalizione Usa. Ma la Casa Bianca, ha precisato il portavoce Sean Spicer, non esclude azioni congiunte con «chiunque voglia sconfiggere il Daesh»

Ma il vero nodo, quello di reali riforme istituzionali e di una uscita di scena del vecchio regime, appare come sempre inestricabile. Solo un Putin capace di tenere a bada il vecchio regime e di non umiliare l'opposizione, tenendo presente le richieste di Ankara, come le aspettative di Teheran e dei curdi, potrebbe fare la differenza anche nei negoziati, oltre che sul terreno. Nodi istituzionale per sciogliere l'odio di sei anni di guerra civile e creare un fronte coeso contro il Califfato, smascherando ambiguità e connivenze interne e internazionali. Quelli di Astana sono “incontri preparatori” per Ginevra 3, convocato per l’8 febbraio: una versione ufficiale per scongiurare lo spettro di un nulla di fatto che alimenterebbe solo una spartizione di fatto della Siria e il bilancio di guerra: 400mila morti in sei anni, secondo le ultime stime.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: