martedì 8 giugno 2021
I ricercatori denunciano politiche discriminatorie nello Xinjiang: in 20 anni ci saranno fino a 4,5 milioni di nascite in meno
Anche i bambini della minoranza uighura finiscono nei "campi di rieducazione" cinesi nello Xinjiang

Anche i bambini della minoranza uighura finiscono nei "campi di rieducazione" cinesi nello Xinjiang - Ansa

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Un rapporto diffuso ieri porta nuovi dati a sostegno dell’accusa rivolta alle autorità cinesi di volere controllare l’etnia turcofona di fede islamica degli Uighuri, maggioritaria nella provincia autonoma nord-occidentale dello Xinjiang: la discriminazione avviene attraverso una politica demografica mirata a ridurre la consistenza dell’etnia che, associata alle politiche migratorie a favore della maggioranza etnica Han diluirebbe fortemente l’identità di una popolazione da tempo sotto pressione.

​Lo studio del ricercatore tedesco Adrian Zenz sottolinea come una politica demografica discriminatoria potrebbe portare, in 20 anni, a minori nascite tra 2,6 e 4,5 milioni. A sostegno di questa ipotesi, Zenz ha indicato i dati del censimento 2020 diffusi in queste settimane. Il tasso di natalità nello Xinjiang sarebbe sceso del 48,7 per cento tra il 2017 e 2019 e anche se Pechino non indica alcun obiettivo ufficiale riguardo a un ridimensionamento della popolazione autoctona, anche basandosi su fonti cinesi Zenz stima che nello stesso panorama temporale la popolazione Han nello Xinjiang potrebbe salire dall’8,4% attuale al 25%.

Da tempo i gruppi per i diritti umani e diversi governi hanno messo sotto accusa la Cina per la situazione della popolazione uighura.

Per molte fonti, un milione di Uighuri su un totale di 13,5 milioni sarebbe ospite involontario di centri di detenzione nella provincia, oggetto di una persecuzione che coinvolge altre minoranze dello stesso ceppo etnico e della stessa religione. Una situazione molto difficile che rischia, come è stato per i tibetani, di finire nell’oblio, sia per la disattenzione del mondo, sia per i forti interessi economici, commerciali e strategici di cui Pechino è al centro; sia anche per le azioni di copertura delle autorità che continuano a negare ogni atteggiamento contrario all’autonomia e ai diritti degli Uighuri e parla di campi di lavoro utilizzati per sconfiggere l’estremismo religioso e migliorare il reddito degli abitanti.

Il 4 giugno l’Uighur Tribunal, organizzazione di giuristi e avvocati britannici impegnati a far luce sulla sorte degli Uighuri ha iniziato a raccogliere le testimonianze di presunti crimini compiuti nello Xinjiang, inclusi sterilizzazioni forzate, tortura, sparizioni e lavoro schiavo. Una iniziativa di cui il “tribunale” ha rivendicato l’indipendenza e una consistenza basata su «migliaia di pagine» di prove raccolte che dovrebbe arrivare a dicembre a fornire un rapporto dettagliato diffuso pubblicamente. Pechino, che lo scorso marzo ha sanzionato i suoi promotori, ha bollato l’iniziativa come «macchina per menzogne».


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