mercoledì 15 novembre 2023
Uno studio evidenzia il rischio che il Nord Italia diventi simile al Corno d’Africa
Una tempesta di sabbia in Almeria, nel sud della Spagna, il 2 novembre 2023

Una tempesta di sabbia in Almeria, nel sud della Spagna, il 2 novembre 2023 - Ansa

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Circa 2 miliardi di tonnellate di sabbia e polvere vengono sollevate ogni anno nell’aria da forti venti e tempeste. L’equivalente, in peso, di 350 volte la grande piramide di Giza. È uno degli effetti del riscaldamento globale discusso alla ventunesima sessione (Cric21) del Comitato sull’applicazione della Convenzione Onu contro la desertificazione (Unccd) in corso fino a venerdì a Samarkand, in Uzbekistan. Gli esperti convocati al summit, che precede di due settimane l’inizio della Cop28 di Dubai, segnalano che le tempeste di sabbia sono un problema sottostimato, probabilmente perché non hanno sinora causato un numero significativo di decessi umani, ma oggigiorno “drammaticamente” più frequente in alcune zone del mondo.

Come in Asia centrale e Africa subsahariana, dove, nell’ultimo secolo, la polvere del deserto è persino raddoppiata. Pesanti sono le conseguenze, non solo per l’agricoltura, l’industria e i trasporti ma, più in generale, per la salute dell’uomo. Le tempeste di sabbia, per esempio haboob o harmattan, compromettono la qualità dell’aria e dell’acqua mettendo a rischio la vita anche di chi vive a migliaia di chilometri lontano dal deserto. Nelle aree di origine danneggiano i raccolti, colpiscono il bestiame e devastano il terreno mentre in quelle dove la polvere si deposita, combinandosi con l’inquinamento industriale locale, possono causare o peggiorare le malattie respiratorie. Nasce da qui l’urgenza a fare di più per frenare il cambiamento climatico e, in particolare, per promuovere soluzioni di gestione sostenibile del territorio, contrasto alla siccità e prevenzione degli incendi. Ibrahim Thiaw, segretario esecutivo dell’Unccd, ha sottolineato che le tempeste di sabbia, «nuvole scure che inghiottono tutto sul loro cammino trasformando il giorno in notte», rappresentano una «sfida formidabile» per raggiungere lo sviluppo sostenibile. Sono «esacerbate dalle attività umane ma possono anche essere ridotte proprio attraverso le azioni umane».

Desertificazione e siccità sono nodi che riguardano direttamente l’Italia. L’analisi delle immagini e dei dati satellitari effettuata da un gruppo di ricercatori dalle università britanniche di Cardiff e Bristol hanno segnalato che, nel settentrione, dove la siccità è più che raddoppiata in vent’anni, il riscaldamento globale sta creando un clima che rispecchia sempre più quello dell’Etiopia e del Corno d’Africa. La ricerca, pubblicata da WaterAid, parla di un «effetto frusta»: aree che prima erano soggette a siccità ora sono più inclini a inondazioni (e viceversa).

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