lunedì 5 luglio 2010
Migliaia di persone hanno manifestato contro l'entrata in vigore, oggi, della riforma Zapatero. Ma il 70% degli elettori è contrario, compresa una buona parte degli elettori del Psoe.
COMMENTA E CONDIVIDI
Gli spagnoli non vogliono una legge che va contro il primo di tutti i diritti umani e abbandona migliaia di donne di fronte alla violenza dell’aborto e di fronte agli interessi di un’industria sinistra». Gador Joya, medico e portavoce dell’organizzazione “Diritto Di Vivere”, è sicura che la grande maggioranza dell’opinione pubblica sia contraria alla liberalizzazione decisa dal governo di José Luis Rodriguez Zapatero. Lo hanno dimostrato i cortei in piazza, i manifesti pubblici firmati da centinaia di professori universitari e scienziati, i sondaggi pubblicati dalla stampa. La legge ha spaccato in due la Spagna? Non proprio: in realtà – secondo una delle tante inchieste dedicate al tema – circa il 70% degli spagnoli sarebbero contrari alla riforma di Zapatero. Di questi – particolare non di poco conto – il 25% sono elettori socialisti: anche all’interno del Psoe, il partito del premier, si sono sollevate voci critiche contro una spinosissima norma che permetterà alle sedicenni di abortire in solitudine. Al timone di un Paese travolto da una gravissima crisi economica, con una disoccupazione schizzata alle stelle (oltre la barriera del 20%) e una popolarità in drastico calo, il governo spagnolo ha “strappato” ancora sul terreno etico: una strategia politica che negli scorsi anni – quando l’economia andava ancora a gonfie vele – aveva dato i suoi risultati, consolidando uno zoccolo duro di elettori più radicali o comunque molto giovani. Ora, però, le cose sono cambiate. Riformare l’aborto non è mai stata una priorità per gli spagnoli, allarmati piuttosto dal rischio di perdere il lavoro o di non riuscire a pagare il mutuo della casa. E se per una fetta di popolazione la nuova legge, semplicemente, non era necessaria, per una buona parte (i cattolici in primis, ma non solo) la normativa è un’assurdità incostituzionale, che priva il nascituro di qualsiasi protezione giuridica. La parola ora spetta al Tribunale Costituzionale. Decine di organizzazioni pro life si sono date appuntamento, sabato a mezzogiorno, davanti alla sede della Corte: migliaia di persone che hanno chiesto ai magistrati la sospensione cautelare della norma prima della sua entrata in vigore. In attesa dell’analisi del ricorso presentato dal Partito Popolare (centrodestra), il Tribunale Costituzionale potrebbe decidere nelle prossime ore uno stop temporaneo alla legge. Il ricorso si basa, infatti, sull’«irrimediabilità» dell’azione una volta dato il via libero all’interruzione delle gravidanze: Indietro non si potrebbe tornare», dicono i ricorrenti. Ma i precedenti sono pochissimi, l’ipotesi è piuttosto remota. Le associazioni contrarie all’aborto, in qualsiasi caso, non abbandonano la speranza.«Venticinque anni sono sufficienti, sì alla vita di tutti», era lo slogan della concentrazione di ieri davanti alla Corte costituzionale, in riferimento alla parziale depenalizzazione dell’aborto che venne approvata nel 1985. La nuova legge va bloccata subito, avvertono i pro life: non c’è tempo da perdere, in gioco ci sono migliaia di possibili aborti e «la morte di bambini è irreversibile», una tragedia senza marcia indietro. L’Alta Corte deve pronunciarsi il prima possibile, sottolinea Teresa Fernadez de Cordoba, magistrato dell’Audienza provinciale di Madrid: la liberalizzazione entro la 14esima settimana lascia «il bimbo nel seno materno senza alcuna protezione». La riforma «è contraria al diritto che tutti hanno alla vita, colpisce la donna e l’obiezione di coscienza dei medici». In poche parole, avverte Alicia Latorre, presidente di ProVida, «non ha nessuna logica perché travolge i diritti fondamentali della persona». Non è solo una questione etica. La riforma contiene ampie zone d’ombra anche dal punto di vista strettamente giuridico: lo ammettono anche le cliniche abortiste. Alle sedicenni viene riconosciuto il “diritto” di decidere autonomamente sull’aborto, ma poi dovrebbero presentarsi in clinica accompagnate almeno da un tutore. E che succederà se una minorenne abortisce senza avvertire i genitori, e poi questi ultimi scoprono la vicenda? Il medico non rischia in questo caso una denuncia?
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: