venerdì 20 maggio 2016
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ROMA Appello all’Italia perché sostenga l’opposizione moderata ad Assad. È la richiesta delle trenta donne siriane del gruppo consultivo dell’Alto comitato di opposizione siriana, di cui alcune a Roma grazie all’Istituto affari internazionali e al ministero degli Esteri. Una voce che fatica a trovare spazio, schiacciata tra due fuochi: le truppe del regime, gli islamisti di Daesh e al-Nusra. «Vogliamo una Siria che rispetti i diritti di tutte le religioni e di tutte le etnie», dice Samira Almasalmah, vicepresidente della Coalizione nazionale delle forze di opposizione siriana. «Serve una fase transitoria – chiede l’ex caporedattrice del quotidiano Tishreen – per arrivare a una Costituzione che non escluda nessuna confessione, nemmeno gli sciiti a fianco del regime. Una Siria libera per tutti i siriani. L’Italia ha un ruolo: deve appoggiare tutte le risoluzioni che chiedono ad Assad di rispettare la tregua e di prevedere sanzioni per chi la viola». Secondo Almasalmah all’inizio della rivoluzione «il regime attraverso i media ha demonizzato le opposizioni, presentandole non come gruppi che chiedevano libertà ma come terroristi islamisti, per lasciare la situazione in mano ai servizi di sicurezza. E il Daesh ha distratto l’opinione pubblica dai crimini del regime ». Secondo l’ex giornalista «il 90% delle vittime sono cadute per mano delle milizie di Assad, un 6% del Daesh». Suheir Atassi, anche lei membro dell’Alto comitato, chiede «l’attuazione della risoluzione 2254» e «l’interruzione dell’assedio delle città permettendo l’arrivo senza condizioni degli aiuti». Per l’attivista, che riferisce di «ufficiali russi e iraniani», Assad «cerca di mettere in ginocchio la popolazione prendendola per fame ». Bassma Kodmani afferma che «col regime ci sono più foreign fighters che soldati: l’Iran arruola anche profughi afghani». Atassi dice anche che «a Daraya ci sono 8.300 civili sotto assedio, il regime non ha lasciato passare nemmeno il camion che portava latte per i bambini e medicinali: la fame è un’arma che ha fatto più danni delle bombe». Sui rifugiati l’avvocato Hind Kabawat, cristiana di Damasco, riferisce che «le donne vogliono tornare a casa appena possibile». Poi ci sono i prigionieri: per Alise Moufarej, ex insegnante, Assad «ha incarcerato 200mila persone, molti sono desaparecidos ». Arrestata due volte e torturata, è stata detenuta «in celle piene di cadaveri» rischiando di impazzire. «Anche Hezbollah ha prigioni dove si tortura e si abusa anche di donne e bambini». © RIPRODUZIONE RISERVATA Samira Almasalmah
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