lunedì 20 dicembre 2021
A Roma il summit dei diplomatici italiani nel mondo sul contributo della politica estera ed europea dell’Italia alla trasformazione del sistema internazionale. Parla il nostro rappresentante all'Onu
L’ambasciatore Maurizio Massari

L’ambasciatore Maurizio Massari - Ansa

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Oggi lunedì e domani martedì si svolgerà alla Farnesina la XIV Conferenza degli ambasciatori e delle ambasciatrici d’Italia nel mondo: «Ripartire insieme: il contributo della politica estera ed europea dell’Italia alla trasformazione del sistema internazionale». Interverranno il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che aprirà i lavori domani mattina, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale, Luigi Di Maio. Martedì è invece prevista la sessione di chiusura con gli interventi del presidente del Consiglio, del ministro degli Affari esteri e del segretario generale della Farnesina, Ettore Francesco Sequi.


«Occorre mitigare le tensioni e rilanciare il dialogo. È essenziale confermare la validità delle cornici di dialogo esistenti, come il Formato Normandia, per promuovere la piena attuazione degli accordi di Minsk. Un confronto militare non sarebbe nell’interesse di nessuno. Esistono senz’altro margini per evitare un’ulteriore escalation». Così Maurizio Massari, rappresentante permanente d’Italia presso l’Onu, a proposito dell’innalzamento della tensione ai confini tra Ucraina e Russia, oggetto anche di un recente colloquio Biden-Putin.

Washington minaccia sanzioni, Putin chiede garanzie che la Nato non si espanda ad est. C’è un rischio conflitto?
I rischi per la sicurezza e la stabilità europea derivanti da iniziative militari sarebbero troppo elevati. La priorità adesso è la de-escalation e la difesa dell’integrità territoriale ucraina. In prospettiva, occorrerebbe una riflessione strategica sui rapporti complessivi Europa-Russia, che manca da tempo.

Afghanistan: si moltiplicano le denunce, anche in sede Onu, su uccisioni extragiudiziali e severe limitazioni ai diritti umani, soprattutto nei confronti delle donne.
La compressione dei diritti umani – soprattutto di donne e bambine – desta grande preoccupazione. La comunità internazionale deve esprimersi in modo compatto, inequivoco. L’Italia sta conducendo un’azione di sensibilizzazione a tutto tondo. Tra le ultime iniziative, abbiamo organizzato a New York un evento di alto livello sul diritto all’istruzione delle donne in Afghanistan e una riunione ministeriale preparatoria al Vertice G20 dedicato all’Afghanistan. In entrambi i casi è stato ribadito che la tutela dei diritti umani è una priorità non negoziabile.

I taleban chiedono tempo per le riforme, ma sembrano anche divisi al loro interno...
Vi sono diverse fazioni: gli ideologi tradizionali, parte della generazione al potere negli anni 90’; e i giovani ideologi, radicali ma consapevoli della dipendenza dagli aiuti internazionali e dell’esigenza di dialogare con la comunità internazionale. In questo quadro, le Nazioni Unite sono rimaste sul terreno non solo per assistere la popolazione, ma anche per far leva sulla parte più dialogante dei taleban e spingerla verso posizioni più moderate.

Si discute da tempo di riforma Onu e, tra l’altro, della necessità di aumentare il numero di seggi non permanenti. Soprattutto l’Africa chiede una maggiore rappresentatività. Questo obiettivo ha possibilità di essere raggiunto?
Assolutamente sì. Il Gruppo Uniting for Consensus, coordinato dall’Italia, da sempre riconosce la legittimità delle rivendicazioni africane per una maggiore rappresentatività in Consiglio di sicurezza. UfC ha elaborato sin dal 2014 una proposta per un Consiglio di sicurezza più democratico, rappresentativo ed efficiente, basata sulla creazione di nuovi seggi a «lunga durata» (superiore a 2 anni) assegnati a Gruppi regionali e non a singoli Paesi, con possibilità di rielezione immediata. Al gruppo africano sarebbe assicurato il doppio dei seggi rispetto ad oggi (da 3 a 6).

Fronte Covid e brevetti. Come modificare le regole del commercio internazionale affinché possano contribuire a risolvere l’iniquità dei vaccini?
Questa pandemia si sconfigge solo con più cooperazione globale e assicurando l’equo accesso ai vaccini ai Paesi più vulnerabili. L’Italia e l’Ue lavorano per questo obiettivo e non hanno opposto obiezioni a nessuna misura che favorisca questo risultato, incluso in materia di trasferimento di tecnologia e conoscenze. Non basta liberalizzare i brevetti se poi non ci sono capacità produttive adeguate. La Commissione Europea ha annunciato un’iniziativa per l’avanzamento delle capacità produttive di vaccini di ultima generazione in Africa con un investimento di 1 miliardo di euro.

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