martedì 10 agosto 2021
Per Fuzzi, tra gli autori dello studio «la rinuncia alle fonti fossili non stravolgerebbe il nostro sistema. Anzi potrebbe renderlo più efficiente» «La parola d’ordine è “carbon neutrality”
Sandro Fuzzi

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La scienza ha fatto la sua parte. «Nel modo più obiettivo e rigoroso possibile, si è cercato di delineare lo stato del clima globale. Nel presente e anche nel prossimo futuro, attraverso la simulazione di cinque scenari possibili», afferma Sandro Fuzzi, ricercatore dell’Istituto di scienza dell’atmosfera e del clima del Cnr e tra gli estensori dell’ultimo rapporto dell’Internatioal panel on climate change (Ipcc). Stavolta, gli studiosi hanno perfino voluto fare uno sforzo ulteriore per rendere lo studio accessibile anche ai non addetti ai lavori. «Ora la palla passa alla politica. Non si tratta di sapere che cosa fare, bensì di avere la volontà e trovare il consenso per farlo. E questo è il compito dei decisori pubblici», afferma lo scienziato.

In tanti, però, se lo domandano. Che cosa si dovrebbe fare per evitare un livello di riscaldamento impossibile da gestire?
La parola d’ordine è “carbon neutrality”: si deve rinunciare ai combustibili fossili. Entro il 2050, dobbiamo azzerare le emissioni. Non c’è altro modo per contenere il surriscaldamento globale all’interno della soglia dei due gradi entro il 2100. Vorrei sottolineare una parola: contenere. Non si può eliminare il riscaldamento, le temperature sono già cresciute di 1,1 gradi. Si può, però, controllare. L’obiettivo ora è mantenerlo all’interno di un punto limite, quello dei due gradi. Oltre gli effetti si farebbero drammatici.

Ma esiste un modo realistico per contenere l’incremento delle temperature?
Certo. L’attuale tecnologia consente la sostituzione progressiva – non parliamo da un giorno all’altro – delle fonte energetiche fossili con quelle rinnovabili, dunque solare, eolico, geotermico. Non è un problema di fattibilità bensì di volontà. È quest’ultima l’unica variabile. Frenare il cambiamento climatico è una scelta politica.

Pensa che i leader internazionali avranno il coraggio di prenderla alla Cop-26 Onu di Glasgow?
Di sicuro si tratta di un momento importante. Nel vertice verrà fatto il “primo tagliando” all’accordo di Parigi del 2015. Con la consapevolezza che finora solo pochissimi Paesi – e non i principali per quanto riguarda il volume di emissioni – hanno adempiuto agli impegni presi. Occorre agire e agire insieme. Il Green Deal europeo è un progetto interessante: l’Ue, però, contribuisce all’immissione di gas serra nell’atmosfera per il 9 per cento. Da solo, dunque, non è sufficiente.

Gli oppositori a un approccio più deciso sostengono che rinunciare alle emissioni significa rinunciare al nostro sistema di vita. È davvero così?
È falso. Nessuno scienziato serio chiede un ritorno all’età della pietra o di rinunciare al confort. Si tratta di attuare delle modifiche, al momento del tutto fattibili, proprio per conservare quanto di buono c’è nel nostro modo di vivere. Sarebbe il cambiamento climatico a stravolgerlo tragicamente. Anzi, alcune modifiche potrebbero migliorare il sistema globale attenuando le enormi diseguaglianze esistenti. In che modo? Con un investimento opportuno da parte del Nord del mondo, l’Africa potrebbe sfruttare le ingenti radiazioni solari di cui dispone. Questo consentirebbe al Continente una transizione virtuosa verso un modello più efficiente dal punto di vista economico e sostenibile, dal punto di vista climatico. Per se stessa e per il resto del pianeta.

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