martedì 20 marzo 2018
Violazione della privacy di 50 milioni di utenti. Il presidente degli Stati Uniti accusato di averne beneficiato per la campagna elettorale
Facebook nel mirino, anche in borsa, dopo lo scoppio dello scandalo Cambridge Analytica (Ansa)

Facebook nel mirino, anche in borsa, dopo lo scoppio dello scandalo Cambridge Analytica (Ansa)

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AGGIORNAMENTO Il capo della sicurezza informatica di Facebook, Alex Stamos, ha in programma di lasciare l’azienda il prossimo agosto, secondo alcune fonti consultate dal New York Times, in seguito allo scoppio del caso Cambridge Analytica, società che avrebbe ricevuto, in violazione delle politiche della piattaforma, i dati di circa 50 milioni di utenti, utilizzati poi per fini di campagna elettorale. Stamos su Twitter aveva ufficializzato il suo cambio di ruolo dopo l'anticipazione del New York Times: "Nonostante i rumors, sono ancora completamente impegnato nel mio lavoro in Facebook. E' vero, però, che il mio ruolo è cambiato".


Una raccolta massiccia e clandestina di milioni d’informazioni personali su Facebook, con la complicità della rete sociale, tesa a influenzare il voto di americani e britannici. Una società di elaborazione dati legata a Donald Trump e al suo guru elettorale Steve Bannon, ma anche alla Russia. Le rivelazioni legate a Cambridge Analytica, l’azienda finita nel mirino di parlamentari britannici e statunitensi e finanziata da potenti repubblicani Usa, crescono a dismisura fino ad assumere i contorni di un gigantesco esperimento di manipolazione dei social a scopi politici, e s’intreccia con l’inchiesta sulla sospetta collusione fra la campagna di Trump e il Cremlino per favorire l’elezione del magnate del settore immobiliare.

Il giorno in cui il caso è esploso sulle due sponde dell’Atlantico ha coinciso con una serie di attacchi diretti del presidente americano all’inchiesta sul Russiagate, e al procuratore speciale Robert Mueller, che esplora non solo la presunta interferenza russa nelle presidenziali del novembre 2016, ma anche un’eventuale ostruzione alla giustizia da parte del tycoon. «Una caccia alle streghe», ha ribadito infatti il capo della Casa Bianca su Twitter.

Ieri però lo scandalo ha colpito con violenza soprattutto Facebook, accusata dal Parlamento londinese e dal Congresso Usa di aver concesso i dati di 50 milioni dei suoi utenti, compresi i loro messaggi personali, a Cambridge Analytica a loro insaputa. Il titolo della società di Mark Zuckerberg è crollato alla Borsa di New York, perdendo oltre il 7%.

Intanto larga parte del mondo politico sia a Londra che Washington invocava inchieste governative sul gigante di Menlo Park. «La società ha ripetutamente promosso la sua capacità di influenzare gli elettori attraverso ricerche psicografiche – ha detto Adam Schiff, leader democratico della commissione intelligence della Camera statunitense – e si è vantata di essere stata la ragione fondamentale per cui Donald Trump ha vinto le elezioni del 2016. Infatti, è possibile che attraverso Cambridge Analytica, la campagna Trump abbia fatto uso di dati acquisiti illegittimamente per contribuire a influenzare le elezioni».

La squadra presidenziale repubblicana di Trump ha assunto Cambridge Analytica nel giugno 2016, pagandola oltre 6,2 milioni di dollari, secondo la Federal Election Commission statunitense. Ma la società, che tra i finanziatori annovera anche il magnate filo-repubblicano Robert Mercer, nega ogni addebito addossando le responsabilità ad un’altra azienda, la Global Science Research, che le avrebbe fornito dati ottenuti in maniera illegale.

Per andare a fondo della questione, sia la Commissione Giustizia del Senato Usa, sia il conservatore britannico Damian Collins, che sta conducendo una indagine parlamentare sulle presunte influenze sul voto del giugno 2016 sulla Brexit, hanno convocato Zuckerberg, affinché spieghi da quando la società sapeva degli abusi che Cambridge Analytica avrebbe commesso mentre era il motore della vittoriosa campagna elettorale di Trump.

«Da una prospettiva Ue, il cattivo uso per fini politici di dati personali appartenenti agli utenti di Facebook, se confermato, è inaccettabile», è invece la reazione della commissaria Ue alla Giustizia Vera Jourova, che è appena arrivata negli Usa dove incontrerà i responsabili della società con cui è già in contatto, ed i rappresentanti del governo Usa, in particolare i segretari Wilbur Ross e Jeff Sessions.

Per il momento la fonte principale delle informazioni sullo scandalo resta l’informatico che ha lavorato per Cambridge Analytica, Christopher Wylie.
«Chiedevamo alle persone di partecipare a sondaggi di carattere psicologico. L’App raccoglieva i dati da Facebook, si infiltrava nella rete di amici e ricavava dati anche da quest’ultimi – ha spiegato –. Quando metti un like o un follow, riveli piccoli dettagli. E se noi acquisiamo un numero sufficiente di dettagli, possiamo iniziare a definire il tuo profilo». Wylie ha anche rivelato che i primi contatti tra Cambridge Analytica e l’ex manager della campagna Trump, Corey Lewandowski, risalgono al 2015. Dall’orbita di Trump è arrivata solo la dichiarazione di un anonimo portavoce della campagna: «È falsa ogni affermazione secondo cui i dati sarebbero arrivati da un’altra fonte» rispetto al Comitato nazionale repubblicano.

Ma nuovi importanti elementi potrebbero essere forniti da Aleksandr Kogan, l’accademico di origine russa che attraverso l’App “thisisyourdigitallife” ha raccolto le informazioni su 50 milioni di americani e che è stato accusato di legami con il Cremlino. «Non sono una spia», ha sottolineato ieri ai microfoni della Cnn il docente di Cambridge e dell’università di San Pietroburgo, che si è detto pronto a parlare «con il Fbi e il Congresso americano».

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