venerdì 11 luglio 2014
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​Sono dati allarmanti quelli divulgati ieri dal portavoce militare israeliano. Se fossero confermati, Hamas e la Jihad islamica allineerebbero attualmente 11.500 razzi. Un arsenale cresciuto a dismisura negli ultimi anni, grazie all’apporto iraniano, sudanese e ai drammatici saccheggi dei depositi libici. Armi penetrate a Gaza nonostante i servizi segreti e le forze d’elite israeliane abbiano una fitta rete d’informatori e d’infiltrati, perfettamente arabofoni, che si muovono in borghese, con fogge arabe, per ordire operazioni clandestine e svolgere quotidianamente una sorta di vigilanza antiterrorismo.Maglie troppo larghe? Fallimento strategico? O astuzia dei trafficanti? Il circuito clandestino è ben oliato: ha come hub di partenza il porto iraniano di Bandar Abbas e come terminal intermedio Port Sudan. Tutto avviene a bordo di mercantili. Dal Sudan, i convogli terrestri passano in Egitto e, ormai anche in Libia, dove prendono il largo a bordo di chiatte e pescherecci. Destinazione Sinai, un buco nero che l’Egitto di al-Sisi sta cercando di recuperare alla legalità. Nonostante la chiusura dei tunnel con Gaza, i beduini fanno il bello e il cattivo tempo, assistiti regolarmente dai pasdaran iraniani, presenti sia qui che in Sudan. Fra il 2009 e il 2013, l’aviazione israeliana ha colpito almeno quattro volte le linee di approvvigionamento e di assemblaggio sudanesi. Ma il lavoro d’intelligence è arduo, come testimonia l’assalto al cargo Klos-C, intercettato dagli israeliani a marzo 2014 nel mar Rosso, con un lotto di missili siriani: un’azione condotta con grande maestria e uno spionaggio durato mesi. Nonostante tutto, gli stessi missili sono oggi in mano ad Hamas, perché qualcosa sfugge sempre al controllo. È come la storia delle “bombe intelligenti”: i raid israeliani rasenterebbero una precisione teorica del 100%. I droni sono armati di missili “fire and observe”, con un effetto contenuto in un raggio di 20 metri dal punto di impatto. Ma come mai stanno morendo tanti civili? Scarso coordinamento fra l’intelligence e l’aviazione? La verità è che da una parte e dall’altra, le popolazioni sono tornate al centro della guerra: i danni sembrano essere sempre meno “collaterali” e sempre più “cruciali”, come testimoniano i lanci di razzi indiscriminati e i colpi alle infrastrutture economiche. Un dato è certo: da Piombo Fuso in poi, Israele non divulga più i nomi dei comandanti di unità. Forse teme azioni penali per crimini di guerra?
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