venerdì 27 giugno 2014
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«Bisogna sempre saper trovare la giusta misura quando si dialoga con Paesi come il Sudan. Nel caso specifico di Meriam siamo stati permanentemente in contatto con le autorità locali tramite l’ambasciatore Armando Barucco ed abbiamo fatto capire loro quanto per noi fosse importante questa vicenda. A quanto ci risulta ora le autorità locali si stanno adoperando per rilasciarle il passaporto: la questione credo sia politicamente risolta, anche se mancano aspetti amministrativi». Ne è convinto l’onorevole Lapo Pistelli, viceministro degli Esteri, che nei prossimi giorni sarà proprio in Sudan nell’ambito di una più ampia missione che toccherà anche cinque Paesi del Corno d’Africa. Visto che si trattava solo di aspetti amministrativi, perché si è tardato tanto il rilascio di Meriam? Ripeto: anche l’ambasciatrice sudanese ci aveva riferito che la vicenda si avviava ormai a soluzione. Mi faccia aggiungere che la condanna di Meriam proveniva da una singola corte: bisognava quindi trovare il modo per dire con amicizia al Sudan quanto quella condanna gettasse il Paese in un cono d’ombra, per evitare irrigidimenti. Anche il presidente Napolitano aveva sottolineato di seguire con viva partecipazione la vicenda… Sì, i vertici istituzionali hanno sottolineato quanto per noi avesse valore, la Farnesina da parte sua si è attivata per far comprendere alle autorità di Khartum quanto fosse opportuno che la risolvessero presto e bene, compatibilmente con quel grado di autonomia che ha la magistratura locale. Quindi i rapporti tra i due Paesi restano buoni? Sì, siamo visti come un Paese amico. In Sudan siamo attivi anche su altri due fronti di crisi, molto meno conosciuti, come il Blue Nile e il Kordofan, due drammi che si associano a quello del Darfur. Il 2 e 3 luglio sarò lì per incontri ad alto livello. E sarò contento se, quando sarò arrivato, il caso Meriam sarà, come credo, già risolto.
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