mercoledì 29 settembre 2021
Due ripetitori-sculture luminescenti ricevono dati sullo stato di salute acustica dei bacini marittimi di Auckland, in Nuova Zelanda, e della laguna di Venezia
Le installazioni di Zannier sul rumore che soffoca il mare
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Due ripetitori-sculture luminescenti, simili a due colonne composite di cristallo di quarzo, che ricevono dati sullo stato di salute acustica dei bacini marittimi di Auckland, in Nuova Zelanda, e della laguna di Venezia e li trasformano, intrecciandoli, in suoni e segni grafici 3D. Si muove quasi agli antipodi del globo, facendo dell’azione artistica e dello scambio di big data la cassa di risonanza di un pianeta e di una natura sempre più sfruttati e depauperati dall’uomo, il nuovo progetto dell’artista concettuale e musicista Alessandro Zannier.

In quello che ha chiamato Ent-1, e che rappresenta il primo di una serie di installazioni "statistico-ambientali" internazionali, Zannier radicalizza il concetto di Entanglement (nella fisica quantistica è l’intima connessione delle particelle, anche quando si trovano a grande distanza l’una dall’altra, dove ogni alterazione di stato della prima produce un mutamento nella seconda) sviluppato l’anno scorso in un concept album musicale firmato con lo pseudonimo Ottodix, e lo rende reale. Sono, in Ent-1, i grandi problemi di inquinamento acustico che minacciano le vite negli oceani e nei mari del mondo a creare, oggi, l’inestricabile connessione tra luoghi fra loro remoti.Per realizzarlo, l’artista di Treviso, insieme con i ricercatori dell’Ismar, l’Istituto delle Scienze Marine del Cnr di Venezia e con l’Università di Auckland, ha collocato degli idrofoni nei bacini dei porti "agli antipodi" – oltre al capoluogo veneto anche Waitemata, il principale punto di accesso per mare alla metropoli neozelandese, e Manukau, il secondo per importanza ma il primo in quanto ad inquinamento antropico – allo scopo di rilevare i tanti rumori subacquei che stanno devastando l’ecosistema marino e la sua biodiversità: pensiamo, ad esempio, al passaggio delle grandi navi nella laguna veneziana e delle barche da diporto nelle acque neozelandesi, all’utilizzo dei sonar da parte delle imbarcazioni militari e commerciali, alle palificazioni e alle operazioni di dragaggio.Sono attività, queste, le cui basse frequenze che emettono (da 10 a 500 Hz) consentono ai rumori di propagarsi sott’acqua a lungo raggio. È da molto tempo che gli scienziati e gli ambientalisti di ogni parte del mondo ne denunciano la pericolosità: esse modificano, infatti, il comportamento dei cetacei e dei mammiferi, ne compromettono, forse irrimediabilmente, la salute, conducendoli di frequente alla morte. Ad aggravare una situazione tanto difficile quanto ignorata – si pensi che nei fondali dei mari l’inquinamento acustico è aumentato di 10 volte negli ultimi decenni –, si è aggiunto anche il cambiamento climatico: le aumentate temperature dell’acqua hanno infatti comportato, tra le altre cose, anche un incremento della velocità con cui i suoni si propagano.

Nell’opera presentata lo scorso luglio in anteprima a Venezia, all’interno del Padiglione Italia (curato da Alessandro Melis) per la Biennale di Architettura, sono i big data audio rilevati nei diversi luoghi geografici e poi registrati e scambiati attraverso due ripetitori-scultura gemelli, a generare una serie di figure digitali in movimento che rappresentano, oggettivandolo, l’intensità e la gravità dell’impatto provocato dallo "sciame umano" sull’ambiente. Da queste forme mutevoli e complesse l’artista ha isolato alcuni frames che ha successivamente trasformato in composizioni per certi versi simili alle nature morte della tradizione rinascimentale.Dopo aver affrontato con i suoi lavori concettuali i temi dell’intelligenza artificiale e delle utopie fallite del Novecento, e dopo aver ricordato i settant’anni del bombardamento di Hiroshima con "Chimera7" (un fungo atomico gonfiabile che incombe su un bambino-scultura giapponese), presentato nel 2015 alla Biennale Italia-Cina di Torino, Alessandro Zannier ha deciso di rivolgere la propria attenzione alle sofferenze silenziose patite dai fondali marini. «È stato l’Ismar-Cnr, a cui mi sono rivolto su impulso della Cà Foscari Science Gallery, ad indirizzarmi verso il problema dell’inquinamento acustico subacqueo: io cercavo dati ambientali su Venezia, alla luce anche di quanto le grandi navi stanno causando in una realtà così fragile e unica», spiega l’artista.«A quel punto, grazie al coinvolgimento di Francesco Falcieri, un giovane ricercatore dell’Istituto di Scienze Marine, abbiamo effettuato rilevamenti periodici dei suoni nel bacino di San Marco e sul Canal Grande e proposto all’Acoustics Laboratory della facoltà di Ingegneria di Auckland di fare altrettanto».

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