mercoledì 18 ottobre 2023
Persone ex detenute e senza dimora si prendono cura del verde urbano con Ridaje: «La nostra sfida è convincere il mercato a investire sul nostro fare impresa che ha un impatto sociale e ambientale»
Ridaje, così le persone fragili si prendono cura del verde
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Il parco intitolato a Donatella Colasanti, una delle vittime della strage del Circeo, nella zona San Paolo di Roma, è un piccolo gioiello. I giochi dei bimbi su un lato, tavoli e sgabelli in legno su un altro, le aiuole con le panchine sotto gli alberi in fondo. Proprio in una di quelle sono seduti due uomini. Sembrano semplicemente parlare, ma poi a ben vedere si capisce che stanno progettando qualcosa. Solo poco dopo, incontrando Gabriel e Angelo, è chiaro che il loro gesticolare di poco prima, indicando alberi e siepi circostanti, era semplicemente organizzare il lavoro di tenuta del giardino che di lì a pochi giorni avrebbero dovuto effettuare in quel parco con Ridaje. Un nome tipicamente romano per indicare il radicamento alla città della start-up innovativa, a vocazione sociale, nata a luglio 2019 nella Capitale con la missione di riabilitare i cittadini senza fissa dimora di Roma, dando loro l’opportunità di formarsi e lavorare come giardinieri urbani.

Ridaje offre servizi di giardinaggio per il recupero e il mantenimento di aree verdi pubbliche in stato di abbandono. Si rivolge ad aziende, associazioni e comitati di quartiere che hanno a cuore il territorio romano e vogliono prendersene cura adottando gli spazi verdi e finanziando così l’opera di manutenzione di Ridaje, facendo lavorare senza fissa dimora per 20 ore alla settimana a circa 700 euro al mese all’inizio. Il finanziamento può essere diretto da parte dell’ente che promuove l’intervento, oppure strutturato in forma di crowdfunding sul portale dedicato (www.ridaje.com) dove si può praticamente “adottare” un’area verde. «Prima per tutti ero invisibile. Ancor più prima di aver preso un cane. Ma le persone, quando vivevo in strada, guardavano prima il mio cucciolo di cane e poi, raramente, alzavano lo sguardo verso di me. Adesso invece, anche grazie alla divisa di Ridaje le persone si fermano a parlare, mi chiedono persino consigli sulle piante». La vita di Gabriel, rumeno di 52 anni, da 2 anni e mezzo è cambiata totalmente grazie all’incontro con il team di Ridaje e alla sua buona volontà, che gli ha permesso anche di smettere di bere. Ora è il capo dei giardinieri e quello che, a ogni nuovo corso di formazione, affianca i nuovi arrivati. E ora ha una casa vera, insieme ad altri tre giardinieri del programma, sempre messa a disposizione dalla società. «Ho vissuto da senzatetto una vita fino quasi a morire di alcolismo, poi la Comunità di Sant’Egidio mi ha dato un camper che ora ho parcheggiato sotto casa. Ho passato mille difficoltà per strada, dove l’unica cosa che non ti manca è il cibo, perché in fin dei conti un pasto caldo lo trovi sempre. Ma ti manca la dignità, la vergogna di dover sempre andare nelle mense ti divora dentro – dice mettendosi una mano sul petto –. Sono stati sempre quelli della Comunità di Sant’Egidio ad avermi fatto conoscere Ridaje. Ora mi sento utile per la comunità, ho un lavoro a tempo indeterminato e mi sembra ancora tutto un sogno».

Lui insieme ad altre otto persone (altrettante sono riuscite a trovare un lavoro altrove dopo la formazione con Ridaje), in questo momento, si occupa della cura e della apertura al pubblico di circa 16 aree cittadine, per quasi 50mila metri quadrati. Adesso, dopo una pausa di otto mesi per scontare un residuo di pena, tra i giardinieri c’è Angelo, siciliano di 37 anni con un passato burrascoso tra piccoli furti e spaccio. Lui è arrivato a Ridaje grazie ai servizi sociali del municipio e alla comunità di recupero a cui era stato affidato. «Sono arrivato a Roma nel 2000 per lavorare perché in Sicilia facevo il meccanico saltuariamente, ma dopo poco ho preso la scorciatoia – ride e distoglie lo sguardo per l’imbarazzo – ho avuto un periodo complicato e non vedevo alcuna speranza di cambiare vita. Se non c’erano i ragazzi di Ridaje io uscivo di cella nel 2025». Angelo ha dovuto infatti interrompere, dopo un anno, il suo lavoro di giardiniere nel programma per scontare un residuo di pena, relativo a fatti del passato, di otto mesi finito qualche settimana fa. « Appena uscito sono tornato da Ridaje e ho scoperto che loro mi avevano mantenuto il lavoro – dice – non stavo nella pelle per questa seconda opportunità di rinascita. Ora voglio rigare dritto per la mia famiglia e per chi mi ha dato fiducia, due volte». Ecco appunto, la fiducia. In se stessi e negli altri. È quello che si cerca di offrire alle persone che ogni anno seguono il corso di formazione di alcune settimane di Ridaje, circa 50 persone dal 2019, di cui una ventina con una collaborazione strutturata. Le aree verdi diventano così per queste persone, fino a ieri disagiate, un luogo sicuro con cui riconnettersi con la società, lontano da «dinamiche e amicizie disabilitanti », per imparare nuove abilità creative, «sbloccare il potenziale valore della persona stessa, nel rispetto delle sue fragilità e secondo una logica di sviluppo integrale», sottolinea Luca Mongelli, ricercatore universitario e uno dei 19 soci di Ridaje. Luca e Lorenzo Di Ciccio sono i due soci fondatori, che nell’incontrarsi hanno portato due prospettive molto diverse.

Ridaje, infatti, è frutto di studi e ricerche in tema di sviluppo integrale condotte nelle carceri da Luca e dell’esperienza di volontariato dell’imprenditore sociale Lorenzo. «Noi ci consideriamo un trampolino, un sedile un po’ scomodo per queste persone. Il nostro obiettivo non è tenerli a vita, ma che ognuno acquisti consapevolezza delle proprie capacità e trovi la sua strada, innescando il desiderio di una vita migliore. Vita migliore che puoi conseguire lavorando in un giardino onestamente e con uno stipendio. Giardino dove prima eri divenuto un nessuno, e dove ora invece torni ad essere te stesso: persona accolta nella sua dignità e capace servire nella generazione di bene comune», dice ancora Luca Mongelli. Anche perché questo modello di business generativo dimostra di avere enormi vantaggi per la comunità, valore sociale e risparmi per lo Stato nell’accoglienza dei fragili. Ridaje «è un metodo sostenibile di fare impresa che permette a cittadini ed aziende soprattutto di restituire valore al territorio in cui vivono», aggiunge Lorenzo Di Ciccio. Bisogna uscire dalla logica dicotomica, secondo cui «da un lato ci sono la charity e dall’altro le imprese, perché inevitabilmente fare impresa ha sempre un impatto sociale e ambientale. È importante prenderne consapevolezza e costruire modelli di business capaci di orientare questo impatto». Ora Ridaje ha bisogno di fare investimenti e ha lanciato una campagna di equity crowdfunding sul portale di Mamacrowd per far crescere il suo business, «questa è la nostra sfida – aggiunge Mongelli – convincere il mercato a investire su di noi, che combiniamo il fare impresa con il decoro urbano, c’è un impatto sociale importante. Certo non è una voce in bilancio, ma è un valore per la società».

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