mercoledì 16 giugno 2021
L’Osservatorio Food Sustainability del PoliMi: l’innovazione delle startup agrifood può rivoluzionare l’intero settore
L'impatto delle nuove tecnologie per ridurre lo spreco alimentare
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A Milano c’è un ristorante che sfrutta l’Intelligenza artificiale per prevenire lo spreco di cibo. Grazie a una telecamera posta sopra i contenitori della spazzatura vengono catturate le immagini dei rifiuti: il sistema impara così a riconoscere il cibo gettato, registrando le diverse tipologie di spreco e individuando quali sono i cibi che i clienti lasciano più frequentemente nel piatto. A portare avanti questa sperimentazione in uno dei locali della sua catena è il gruppo di ristorazione di collettiva Elior grazie a una partnership con Winnow, startup specializzata in tecnologie che si basano sull’Intelligenza artificiale per contrastare lo spreco alimentare. L’obiettivo è studiare i dati per prevenire inutili sprechi, adattando il sistema di approvvigionamento e il lavoro delle cucine. Si tratta di un tema 'caldo', visto che oggi un terzo del cibo prodotto a livello globale viene buttato. In Italia sono oltre 5 milioni le tonnellate di cibo sprecate lungo la filiera, mentre oltre 5 milioni e mezzo di persone vivono in condizioni di povertà assoluta. Un fenomeno che la pandemia da Covid-19 ha contribuito ad accentuare. Un problema etico e ambientale, dal momento che gli sprechi alimentari generano anche significative emissioni di CO2. Per questa ragione l’agroalimentare ha un ruolo cruciale per lo sviluppo sostenibile, in linea con l’Agenda Onu 2030.

L’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano lavora da anni su questo fronte. Il 2 luglio presenterà i risultati della Ricerca 2020/2021 raccontando come anche l’adozione di nuove soluzioni tecnologiche e organizzative da parte delle imprese alimentari e degli altri attori chiave del sistema, possano contribuire a contrastare lo spreco e favorire la circolarità del cibo. I dati raccolti dalla Ricerca dimostrano inoltre come la continua innovazione messa sul campo dalle startup agrifood, promotrici di nuove soluzioni e modelli di business, possa trasformarsi in un valore aggiunto per una rivoluzione dell’intero settore. La ricerca ha evidenziato che negli ultimi cinque anni sono nate 7.120 nuove startup agrifood, e di queste 1.800 (il 25% del totale) perseguono uno o più obiettivi di sostenibilità ambientale e inclusione sociale grazie a un mix virtuoso di buone pratiche e innovazione tecnologica a servizio del cibo e della filiera produttiva. «Un numero crescente di startup del settore sperimenta soluzioni 'alternative' e orientate alla sostenibilità: dalla riduzione di materiali e prodotti chimici al miglioramento delle sementi per l’attività produttiva, fino a importanti investimenti sull’agricoltura di precisione per esempio attraverso sistemi innovativi di acquaponica, tecnologie di 'vertical farming' e 'indoor farming' », dice Giulia Bartezzaghi, direttrice dell’Osservatorio Food Sustainability del PoliMi spiegando come in tutti questi casi siano l’innovazione e il digitale il vero traino della rivoluzione alimentare. Una tendenza confermata dai dati dell’Osservatorio: a guidare l’innovazione sostenibile sono proprio società che, grazie a sistemi di raccolta e analisi di dati strategici e alla creazione di piattaforme digitali, sono in grado di supportare le decisioni dei produttori e incrementare il dialogo con il consumatore finale. Per ridurre gli sprechi e contrastare la povertà è fondamentale anche il lavoro delle amministrazioni cittadine, capaci di mettere in atto politiche urbane 'sostenibili'. Ne è un esempio il progetto Hub di Quartiere contro lo Spreco Alimentare nato due anni fa a Milano grazie a una rete di collaborazione tra settore pubblico, imprese e Terzo Settore, con l’obiettivo di recuperare e ridistribuire sul territorio le eccedenze alimentari. I prodotti rimasti invenduti nei punti vendita della Gdo e i pasti non serviti nelle mense vengono raccolti attraverso hub logistici che li organizzano per creare mix alimentari equilibrati da un punto di vista nutrizionale e distribuirli a persone bisognose attraverso organizzazioni non profit. «Il Politecnico, attraverso il team di ricerca dell’Osservatorio, svolge un ruolo di supervisione per la definizione del modello logistico, la misurazione e il monitoraggio delle prestazioni e contribuisce al coordinamento della rete di aziende donatarie », spiega Bartezzaghi. Nel primo anno di attività sono state raccolte 77 tonnellate di alimenti, ridistribuiti a più di 1.300 famiglie attraverso 24 organizzazioni non profit per un valore economico di circa 315mila euro. All’inizio del 2020, che ha confermato circa gli stessi numeri, questo modello è stato fondamentale per rispondere in maniera veloce ed efficace all’emergenza sanitaria: in soli 4 mesi del 2021 le tonnellate di eccedenza raccolta sono state 60, per un valore economico di circa 250mila euro, anche grazie a un maggiore numero di operatori coinvolti. «Si tratta di un modello scalabile e replicabile anche in altre città, così come successo sempre a Milano, dove lo scorso ottobre è stato attivato il secondo hub e si sta già lavorando per aprirne altri due», racconta la ricercatrice. Per perseguire questi obiettivi, numerose municipalità a livello globale hanno iniziato a sviluppare strategie e politiche di gestione del cibo.

Sempre il Comune di Milano, già dal 2015, tramite l’Ufficio Food Policy è promotore di una rete internazionale per la sostenibilità dei sistemi alimentari urbani che coinvolge oltre 200 municipalità nel mondo. I progetto 'Urbal', invece, ha come obiettivo la costruzione e la sperimentazione di un metodo di analisi partecipata degli impatti di sostenibilità alimentare attraverso diversi centri di innovazione sparsi nel mondo, da Baltimora a Berlino e fino a Cape Town, Parigi e Rabat. Nella lotta allo spreco, spiega l’Osservatorio del PoliMi, entrano in gioco diversi fattori e sono tante le innovazioni già messe in campo, a partire quelle legate al packaging, in grado di migliorare la conservabilità ed estendere la durata di un prodotto. Le soluzioni sono numerosissime: dall’utilizzo di inchiostri cromogenici per i codici a barre delle confezioni, capaci di cambiare colore con l’avvicinarsi della data di scadenza, fino ai sensori e alla tecnologia Rfid per il controllo delle temperature e delle esposizioni alla luce in tutte le fasi di trasporto e stoccaggio di un prodotto, per garantire la sicurezza e la corretta temperatura lungo tutto il percorso. «I dati, se ben raccolti e interpretati, sono uno strumento prezioso per coordinare al meglio tutta la catena: uno scambio corretto di informazioni tra i diversi attori coinvolti è una delle principali leve per la prevenzione e la gestione delle eccedenze», dice Bartezzaghi. Le tecnologie sono a portata di mano: la vera sfida semmai, conferma la Ricerca, è riuscire a integrarle al meglio per lavorare non solo sul percorso di un singolo prodotto e sulla prevenzione dello spreco, ma anche sulla sicurezza alimentare nel suo insieme.

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