mercoledì 23 marzo 2022
Harmonic Innovation Hub e Azimut Libera Impresa Sgr insieme per il Sud d’Italia Francesco Cicione: «Se le multinazionali e le startup vengono qua, i giovani restano qua»
Il team di Harmonic Innovation Hub

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Tiriolo è un paese della Sila piccola, fondato su un poggio esattamente a metà del punto più stretto della Calabria e dell’Italia, dal quale sono ben visibili i 'due mari', Tirreno e Jonio. Terra di storia (dal leggendario re Italo narrato da Tucidide alle gesta di Spartaco), di splendido artigianato, di ottima agricoltura. Proprio qui, tra boschi e rocce, sta nascendo un progetto innovativo, che parla di speranza, per dimostrare che anche in una regione difficile, più nota per la ’ndrangheta, l’inefficienza, la cattiva politica, è possibile fare buona impresa. Senza fondi pubblici, anzi attirando quelli privati internazionali. È Harmonic Innovation Hub, 20mila metri quadrati di architettura verde e sostenibile, oltre che gradevole, un 'ecosistema' innovativo stabile impegnato nella ricerca e sviluppo di soluzioni tecnologiche di avanguardia, capaci di dare risposte efficaci alle principali criticità ambientali, sociali ed economiche dell’area del Mediterraneo, promuovendo, al contempo, la crescita, lo sviluppo ed il progresso sostenibile ed equo delle stesse aree. Un luogo dove creare impresa e lavoro. Un progetto che ha convinto un big della finanza mondiale, il Fondo Infrastrutture per la Crescita - ESG di Azimut Libera Impresa SGR che vi investirà oltre 35 milioni di euro. Il primo investimento di Azimut da Roma in giù.

È il sogno che si realizza di un giovane imprenditore calabrese, Francesco Cicione, ingegnere che non ha mai fatto l’ingegnere, che non vuole si parli solo di lui, del progetto di una persona sola, ma del 'noi', del gruppo di 'amici', compagni di viaggio di questo sogno e dei sogni già realizzati. Superesperti del calibro degli economisti Luca Meldolesi, Vittorio Coda e Leonardo Becchetti, del giuslavorista Antonio Viscomi, del banchiere Alesandro Profumo, degli imprenditori calabresi Santo Versace e Rubettino, ma anche centri di ricerca come la trentina Fondazione Bruno Kessler (che per la prima volta scende al Sud) e Banca Etica. E perfino l’ex sindaco della sua città, Lamezia Terme, quel Giannetto Speranza, uno dei simboli della buona politica calabrese e della legalità, del quale Cicione è stato vicesindaco e assessore, per poi tornare a fare impresa perché «fare impresa è fare politica, e fare impresa così come la facciamo è la più alta forma di Carità». Una frase che riprende quella di Paolo VI, collegandosi anche a due politici che tornano spesso nelle riflessioni di Cicione: La Pira e Moro. E non è un caso che, ci tiene a rivendicare, «siamo stati l’unica realtà calabrese presente all’incontro 'Mediterraneo frontiera di pace' di Firenze'. Le attività dell’'ecosistema' si concentreranno in particolare su cinque temi specifici proprio dell’area del Mediterraneo: circular economy (cambiamento climatico, energia, carenza idrica); rural innovation (bioeconomia, terreni infertili, lotta alla fame); smart society 5.0 (come democratizzare quei territori, educarli a una cittadinanza attiva, matura); life science (telemedicina, innovazione che può portare in quei territori una sanità che funzioni); transizione ecologica «perché – sottolinea Cicione – è un paradosso in quei territori ancora più evidente: territori con grandi disponibilità ma grandi ritardi nello sviluppo, e dove c’è il più grande margine di salto di scala in termini di strutture che possono produrre sviluppo sostenibile dall’inizio. Riconvertire l’industria della Lombardia o della Baviera, sarà molto più complicato che non creare da zero industrie sostenibili in Calabria o in Tunisia».

È il modello già portato avanti dalla prima creatura di questo gruppo: Entopan (in greco nell’uno il tutto, altro riferimento alle origini magno-greche), società di consulenza nata alla fine degli anni ’90. Con ottimi risultati: «Solo negli ultimi tre/quattro anni abbiamo animato 600 soggetti, startup. Ne accompagniamo stabilmente 70, ne partecipiamo direttamente una ventina. Abbiamo attivato raccolta fondi di circa 30 milioni sui progetti. Numeri non banali», dice con orgoglio l’imprenditore. Ora il nuovo passo che scommette fortemente sul territorio. «Il progetto ha dato una centralità strategica alla Calabria, visto che arriveranno 50 multinazionali, che creeranno un valore per la regione, con una contaminazione creativa del tessuto sociale, con energie esterne che arricchiranno il nostro tessuto di punti di vista, competenze, intelligenze, di esperienze che la Calabria diversamente non avrebbe avuto. Poi ci sono le ricadute sui giovani. Se le multinazionali e le startup vengono qua, i giovani delle nostre università restano qua». È davvero un mix di positività. «A noi è stato affidato un talento e noi quel talento vogliamo farlo fruttificare, mettendolo in comunione con i talenti degli altri. Se vengono in Calabria e non a Milano, è perché li abbiamo convinti. Siamo un gruppo di persone che lavorano per migliorare il loro territorio, in mille modi, nell’impresa, nell’associazionismo, nelle istituzioni, nelle professioni». Cicione e i suoi 'amici' non nascondono la variabile ’ndrangheta. Ma, «vogliamo dimostrare che in Calabria è possibile investire malgrado la ’ndrangheta. La Calabria ha bisogno di autenticità, che è legalità e onestà messe insieme. Legalità non solo è un presupposto morale e civico, ma un fattore necessario di tipo economico ». E comunque, avverte, «se arrivano lo diciamo subito». Ovviamente i mafiosi. E intanto mettono in campo strumenti di contrasto e di trasparenza. «Abbiamo chiesto ad Azimut di gestire direttamente gli appalti, e di predisporre un protocollo di legalità, come fossero appalti pubblici. Hanno accettato. E ora è nostra intenzione chiedere alle autorità preposte di stipulare con noi questo protocollo».

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