mercoledì 28 settembre 2022
Una ricerca pubblicata nella collana 'Working paper' di Euricse esplora alcune questioni chiave emerse durante la pandemia sulla necessità di un sistema territoriale
La sanità di prossimità che "abilita" il paziente

Imagoeconomica

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L’emergenza pandemica ha fatto emergere alcune importanti riflessioni rispetto alle criticità dei sistemi di welfare locale nel nostro Paese. In particolare, sul fronte assistenziale, si è presentata la necessità di rafforzare i servizi socio-sanitari in senso territoriale e integrato, in alternativa all’impostazione 'prestazionale' che ha caratterizzato l’evoluzione del Servizio sanitario nazionale negli ultimi decenni. Su questo tema, una ricerca pubblicata recentemente all’interno della collana 'Working paper' di Euricse esplora alcune questioni chiave legate alla costruzione di un sistema di assistenza socio-sanitaria su base territoriale. Il paper, a cura di Lorenzo Betti (CSI), Chiara Bodini (CSI), Giulia Galera (Euricse) e Giacomo Pisani (Euricse), è frutto delle prime attività di ricerca realizzate nell’ambito del progetto 'Ripensare la salute: rafforzare l’assistenza di prossimità su base domiciliare', finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni e realizzato da Euricse in collaborazione con il Centro di Salute Internazionale e Interculturale (CSI) APS, con Aris Formazione e Ricerca, e con le cooperative sociali ACTL e CIPSS. ( WP 119/2022 Euricse Working Paper Series - si può scaricare e consultare https://euricse. eu/it/pubblicazioni/ categoria Working Paper).

Ci si è interrogati, in particolare, sulle sfide connesse con l’obiettivo di promuovere le funzioni di prevenzione e di intervento sui determinanti sociali della salute. Queste ultime sono state progressivamente marginalizzate nell’articolazione dei sistemi di welfare, che hanno riprodotto una divaricazione fra ambito sociale e ambito sanitario dell’assistenza. Il paper riflette, allora, sulla possibilità di giungere ad una più complessa identificazione del concetto di salute, in cui sono implicate una molteplicità di dimensioni: ambientale, relazionale, psicologica ecc. La promozione della salute, in questo senso, passa attraverso l’adozione di un approccio multidimensionale, diretto ad incidere su tutti i fattori politici e sociali che determinano le disuguaglianze in salute. In questo quadro, il paper si ricongiunge alla visione della Primary Health Care (PHC), un approccio delineato nel corso della conferenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) svoltasi ad Alma Ata nel 1978. All’interno della conferenza, fu e-videnziato come l’obiettivo del più alto livello di salute per tutte le persone fosse raggiungibile a condizione di intervenire politicamente anche su ambiti considerati eccedenti la sfera prettamente sanitaria, e che invece contribuiscono a 'plasmarla': lavoro, trasporti, alimentazione ecc. All’interno del documento vengono focalizzati alcuni elementi chiave che possono favorire una riarticolazione dei modelli di assistenza su scala locale: l’integrazione socio-sanitaria, la prossimità e la domiciliarità.

L’assunzione della dimensione sociale della salute, all’interno di un modello che favorisca il coordinamento fra tutte le funzioni dell’assistenza, deve conciliarsi con un cambio di sguardo sulla persona assistita. Questa non può essere intesa come un soggetto passivo, ma deve essere sostenuta facendo in modo che possa autodeterminarsi in condizioni dignitose. A tal fine è necessario stabilire dei canali di prossimità, che favoriscano l’abilitazione della persona entro il contesto in cui vive. La domiciliarità, in questo scenario, identifica il contesto dotato di senso per la persona, con cui si stabilisce un legame assai forte. Tale legame determina una situazione complessa, che per essere sostenuta esige un coordinamento fra servizi molteplici e variegati, tra i quali l’assistenza domiciliare occupa un ruolo di primo piano. All’interno della ricerca viene posta particolare attenzione sulle potenzialità della collaborazione fra amministrazioni pubbliche e Terzo settore sul fronte del welfare locale. Com’è noto, il Terzo settore, e in particolare la componente più imprenditoriale di esso (cooperative sociali in primis), è andato assumendo un ruolo di primo piano di fronte difficoltà incontrate dal settore pubblico nel rispondere alla moltiplicazione e alla differenziazione dei bisogni sociali. Le organizzazioni di Terzo settore, durante la pandemia, si sono mostrate straordinariamente recettive dispetto ai bisogni emergenti sul fronte sociale e sanitario, in virtù del proprio radicamento territoriale, particolarmente evidente nelle esperienze più inclusive e differenziate al proprio interno. Sono state numerose le esperienze di attivazione dal basso che, sui territori, hanno fatto fronte alle tante situazioni di fragilità e vulnerabilità, esasperate dalla pandemia da Covid 19. Il paper si interroga, allora, sull’opportunità di sistematizzare la collaborazione fra amministrazioni pubbliche e Terzo settore, attraverso l’attuazione del modello di 'amministrazione condivisa' delineato dall’art.55 del nuovo Codice del terzo settore. Attraverso la coprogrammazione delle politiche pubbliche e la coprogettazione dei servizi, è possibile stabilire un canale di collaborazione virtuoso tra amministrazioni pubbliche e formazioni sociali, che favorisca la strutturazione di risposte più pronte e adeguate ai bisogni e alle specificità territoriali. La ridescrizione in senso collaborativo del welfare può inoltre condurre ad una maggiore integrazione fra gli attuali settori dell’assistenza, nonché ad una pluralizzazione degli attori impegnati nel disegno di politiche e degli interventi, ponendosi come fattore di democratizzazione delle istituzioni.

*Ricercatore Euricse

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