mercoledì 17 novembre 2021
Roberta Rabellotti, ordinaria di Economia Politica all’università di Pavia: rendere accessibile a tutti la sfida della transizione ecologica
Roberta Rabellotti, ordinaria di Economia Politica all’università di Pavia

Roberta Rabellotti, ordinaria di Economia Politica all’università di Pavia

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GWO, ovvero, Green Windows of Opportunity: proprio così, finestre verdi di opportunità. Ma a quali scenari aprono e per chi? Ce lo spiega Roberta Rabellotti, ordinaria di Economia Politica all’università di Pavia, che, in un recente articolo (frutto di una lunga e approfondita ricerca interuniversitaria), in collaborazione con Xiaolan Fu dell’università di Oxford e Rasmus Lema dell’università di Aalborg, sottolinea l’importanza strategica di politiche energetiche, industriali e commerciali, tese ad un cambiamento strutturale nel sistema economico dei paesi detti emergenti (latecomer): trasformazione strutturale attraverso la creazione, appunto, di GWO, che permetterebbero a tali paesi di recuperare il ritardo tecnologico nei settori della green economy.

Abbiamo un modo per rendere accessibile e appetibile la transizione ecologica ai paesi emergenti? Il modello di crescita adottato in passato dalla maggior parte dei paesi del mondo si può sintetizzare con lo slogan Grow first and clean up later, cioè Prima cresci e poi pulisci. Purtroppo, come risulta dall’ultimo rapporto dell’IPCC – il panel delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – i paesi in via di sviluppo, pur riconoscendo la drammaticità della questione climatica e pur essendo, proprio loro, particolarmente esposti all’impatto conseguente, non sono in grado di frenare in alcun modo uno sviluppo economico ai loro occhi irrinunciabile.

Insomma, ad ora, non vedono alternativa, pur nella consapevolezza del prezzo che stanno pagando e pagheranno? Esatto. Per fortuna negli ultimi anni, alcuni paesi emergenti hanno iniziato ad investire anche in modo sostenibile. Nel nostro lavoro ci focalizziamo sulla Cina e sui settori delle energie rinnovabili. La Cina produce i tre quarti dei pannelli solari al mondo e qualche settimana fa ha annunciato che entro il 2060 costruirà una stazione per lo sfruttamento dell’energia solare 24 ore su 24 nello spazio. Inoltre, domina anche il mercato globale della produzione di batterie elettriche per il settore automobi-listico: circolano 4,5 milioni di macchine elettriche e il modello più economico, prodotto da SAIC, ha superato Tesla in termini di vendite: un prezzo di 4500 dollari contribuisce ovviamente a diffonderlo nei paesi a basso reddito. Partendo dal caso cinese, abbiamo condotto un’ampia ricerca sui settori delle biomasse, idroelettrico, solare (fotovoltaico, termodinamico e a concentrazione) ed eolico. Ebbene, l’evidenza empirica mostra che i cambiamenti istituzionali sono all’origine delle GWO.

Insomma, il driver pubblico è indispensabile. In questo senso, quali esempi offre la Cina? I primi sono la legge sulle energie rinnovabili del 2006 e alcuni programmi mission oriented come il Golden Sun Demonstration Programme, alla base del raggiungimento della frontiera tecnologica nel fotovoltaico. Infatti, una combinazione di tariffe onnicomprensive, tese ad incentivare la produzione di energie rinnovabili, a sostegno della domanda e di programmi pubblici di R&D, ha permesso alle imprese cinesi di sopravvivere alla caduta della domanda globale, a seguito alla crisi finanziaria del 2008, sostituendola con una forte crescita della domanda interna, e, allo stesso tempo, sostenendo la capacità tecnologica autonoma, fino ad esserne i leader mondiali.

La trasformazione indotta dalle GWO non è, però, scontata o automatica? La natura delle azioni delle imprese e degli altri attori privati e pubblici presenti nei diversi ambiti determina se e come le potenziali opportunità saranno realizzate e influenzeranno le traiettorie di successo verso la frontiera tecnologica. Del resto, anche la maturità delle tecnologie verdi influenza significativamente le traiettorie settoriali: è più facile il raggiungimento nei settori tecnologicamente maturi, in cui le conoscenze sono più codificabili e trasmissibili. In questo caso, nella fase di sviluppo iniziale le imprese accumulano capacità produttiva, adottando tecnologie disponibili a livello globale, e il successo sui mercati dipende dagli investimenti di capitale e dalle capacità organizzative. In diversi casi, però, per potenziare e approfondire le capacità tecnologiche, occorre un cambio di marcia certo, come nel settore dell’energia idroelettrica, in cui, grazie ad investimenti pubblici crescenti in ricerca, le università cinesi negli ultimi dieci anni hanno assunto un ruolo centrale nelle reti internazionali di citazione dei brevetti. Lo sviluppo di capacità tecnologica autonoma ha portato la Cina ad essere al centro della trasformazione green del settore idroelettrico.

Dunque, le GWO, che si aprono a seguito di sfide globali, come la pandemia o il cambiamento climatico, sono state un’opportunità per la Cina e, potenzialmente, lo sono per i paesi emergenti? Esatto, adottando politiche attive per migliorare le capacità tecnologiche e costruire sistemi di innovazione nazionali, questi paesi hanno la possibilità di un catch-up e, persino, di una leadership, sia a livello tecnologico che nel mercato globale. Inoltre, l’emergere di nuovi paesi leader nelle energie rinnovabili comporta ricadute positive, a livello internazionale, riducendo il prezzo delle tecnologie e rendendole più accessibili ai paesi del sud del mondo. Le energie rinnovabili hanno implicazioni politiche straordinarie su ambiti come la salute e le infrastrutture digitali, fondamentali per la costruzione di una società più inclusiva È un nodo cruciale. L’allineamento delle strategie internazionali e gli sforzi della comunità globale, tesi a garantire la parità di accesso e la produzione responsabile di beni pubblici globali, potrebbero favorire la creazione di ’finestre di opportunità guidate dalle sfide, ovvero cucite su misura dell’obiettivo in gioco. Tutto questo interessa perché il Green Deal è la chiave di sviluppo dell’EU per i prossimi anni e alla base del PNRR italiano, (alla transizione energetica destina circa il 40% delle risorse totali: quasi 60 miliardi di euro su 248). E l’Italia e l’Europa non possono compiere la transizione ecologica da soli. Importa molto comprendere come la Cina e le altre economie emergenti si stanno misurando con questo obiettivo planetario, affinché le imprese, le associazioni imprenditoriali e i policy makers europei siano preparati a cooperare, negoziare e competere a livello globale.

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