mercoledì 4 dicembre 2019
Secondo l'Ocse, il nostro Paese conta oggi un 20% di lavoratori sotto-qualificati rispetto alla mansione svolta. Il problema dei Neet
Italia ultima in Europa per transizione scuola-lavoro
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L'Italia è ultima in Europa per il sistema di transizione tra scuola e mercato del lavoro. Lo si legge nel Rapporto Welfare Italia presentato oggi sul sistema di protezione sociale nel nostro Paese. La formazione di competenze adeguate a un mercato del lavoro in evoluzione è il tema centrale delle politiche sociali legate alla dimensione occupazionale. Secondo l'Ocse, in questo ambito l'Italia conta oggi un 20% di lavoratori sotto-qualificati rispetto alla mansione svolta e quindi a maggior rischio di essere sostituiti in tempi più brevi. Di contro, emerge anche un tema di sovra-qualificazione con il 31,6% degli occupati che risulta sovra-istruito.

I divari nelle competenze dei lavoratori italiani sono sintetizzati dall'European Skills Index, costruito attorno a tre elementi principali: skill development (misure di training e educazione), skill activation (misure utili alla transizione nel mondo del lavoro) e skill matching (il grado di efficace matching tra competenze richieste e acquisite). L'Italia ha il terzultimo posto complessivo che è il risultato del 20esimo posto in Ue nelle due componenti di skill development e skill matching, ma soprattutto dell'ultimo posto nella componente skill activation in cui l'Italia fa registrare solamente 6,2 punti su 100. In altri termini - si legge - «la componente che risulta più penalizzante è quella legata alla fase di transizione tra il mondo dell'educazione e il mercato del lavoro».

Inoltre in Italia i giovani che non studiano, non lavorano e non si formano (i cosiddetti Neet) sono il 25,5%, ma in alcune regioni del Sud superano il 40%, generando costi per il sistema-Paese pari ad oltre 21 miliardi di euro. Secondo il Rapporto Welfare Italia, le famiglie italiane, soprattutto nel Mezzogiorno, tra il 2001 e il 2017 hanno perso tra 16 e 29 punti percentuali di reddito netto disponibile rispetto ad alcuni Paesi europei.
Dalla ricerca emerge che se l'Italia, ottimizzando il sistema di welfare riducesse alcuni dei divari attuali in molte aree fondamentali dello sviluppo (occupazione femminile e giovanile, povertà, formazione eccetera) si genererebbe un impatto positivo pari a oltre il 13% del Pil.

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