venerdì 5 aprile 2024
Il segretario generale della Cisl: «È sbagliato parlare di un Paese squarciato dalla precarietà. Il Jobs Act ha lacune, ma ha anche dato un impulso forte. Da Stellantis ora impegni precisi»
Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl

Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl

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Sbarra, tra un «colpo di fulmine» e uno «di sole» ha trovato modo a Pasqua di far pace con Landini e con la Cgil?

Non personalizzerei quello che rimane un rapporto dialettico e franco tra due grandi organizzazioni sindacali che hanno la loro storia e identità sociale e culturale - risponde il segretario generale della Cisl -. Meglio concentrarsi sui problemi reali del Paese, con proposte concrete.

Si ha però l’impressione di una divaricazione sempre maggiore tra le finalità del fare sindacato vostre e quelle di Cgil e Uil. È davvero così?

Autonomia dalla politica, affidabilità negoziale e senso di responsabilità. Questa è stata la linea della Cisl in questi anni, senza velleitarismi, populismi, demagogia sindacale. È senza colpi di fulmine per alcun governo.

Che senso darete allora al prossimo Primo maggio unitario a Monfalcone? Saremo in piazza sul tema dell’Europa, della pace giusta, del lavoro e dell’equità sociale. Le nostre piattaforme restano in parte unitarie ma negli ultimi anni, inutile negarlo, è prevalsa una diversa valutazione sui risultati conquistati ed una differente concezione del ruolo del sindacato nella società. Per noi deve avere natura associativa, contrattuale, partecipativa, fin quando il dialogo c’è. Bisogna costruire sempre le condizioni per un nuovo patto sociale. Questo è anche il senso della nostra legge sulla partecipazione.

Avete intanto criticato la lettura dei dati sul lavoro da parte di Corso d’Italia: non è la precarietà il problema negli ultimi 10-15 anni?

Bisogna guardare i dati con realismo. Il nostro osservatorio registra una crescita molto significativa dell’occupazione a tempo indeterminato, che rappresenta quasi l’80% degli oltre 500mila nuovi posti creati nell’ultimo anno. Negli ultimi 10 anni il lavoro dipendente stabile è aumentato di quasi due milioni di unità, i contratti a termine sono calati dal 19,9% del 2015 al 13,9% del 2023 . Questa tendenza va ora completata: occorre costruire le condizioni di significativi aumenti salariali, potenti strumenti di politica attiva e di innalzamento delle competenze. Spero che col governo e con il nuovo presidente designato di Confindustria, Orsini, si possa presto aprire un confronto per rilanciare crescita e produttività, valorizzando la contrattazione.

Cosa ne pensa del referendum Cgil contro il Jobs Act?

Non ci uniamo ai detrattori per ragioni di merito. È stata una riforma non priva di lacune, ma nel complesso capace di dare una visione nuova e un impulso forte verso un sistema di protezione coerente con le profonde trasformazioni della nostra società. Troviamo sbagliata la narrazione di un Paese “squarciato” dalla precarietà e dannosa, per i lavoratori prima di tutto, la retorica sull’articolo 18. Un feticcio ideologico che ha avuto senso in un contesto completamente diverso da oggi. Non si affrontano problemi nuovi con strumenti vecchi.

Quali sono allora i problemi oggi del mondo del lavoro?

Occorre pensare semmai a correggere le carenze di quel pacchetto rafforzando i centri per l’impiego, in modo da saper “cucire” intorno ad ognuno un network permanente di servizi e di sostegni che lo tutelino in ogni transizione lavorativa. L’obiettivo resta quello di costruire un nuovo Statuto della persona nel mercato del lavoro.

In questa fase la strategia cislina è improntata alla legge d’iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori all’impresa. Quando spera che diventerà legge?

Alla Camera si sono chiuse le audizioni. Il nostro auspicio è che tutte le forze politiche convergano sulla nostra proposta su cui abbiamo raccolto quasi 400 mila firme. Ci sono tutte le condizioni per cogliere entro fine anno un obiettivo previsto dall’ articolo 46 della Costituzione e segnare una cesura tra un’epoca dominata dalla contrapposizione ideologica tra impresa e lavoratori e una stagione di pie ed effettiva democrazia economica. Da attuare tramite incentivi agli accordi. Nessuna forzatura, ma solo libera ed autonoma contrattazione. Sarebbe un errore non cogliere questa occasione.

Cosa pensa dello sciopero indetto per giovedì 11 da Cgil e Uil sulla sicurezza al lavoro e contro la riforma fiscale? E perché voi farete invece un’assemblea sabato 13?

Noi rispettiamo le scelte degli altri sindacati. Ma non si può ridurre tutto a un grido emotivo, alla fiammata di uno sciopero di pancia che grava, tra l’altro, solo sulle tasche dei lavoratori, già provate. Va rafforzato e reso stabile il confronto con il governo, le autonomie locali, il sindacato ed il sistema delle imprese. Per questo sabato 13 arriveranno al PalaTiziano di Roma migliaia di nostre delegate e delegati per la sicurezza. Sarà un’ulteriore tappa della mobilitazione che da febbraio ci impegna in centinaia di assemblee e iniziative per migliorare il “decreto 19” e promuovere una proposta globale che ponga fine all’intollerabile perdita di vite nei luoghi di lavoro.

Il governo ha introdotto la patente a punti: troppo poco?

Era una nostra proposta da tanti anni, va bene. Penso poi al rafforzamento di ispezioni e controlli - il 40% in più del 2023 -, al reclutamento di 766 nuovi ispettori , all’impegno ad usare almeno 1,5 miliardi dell’avanzo del bilancio Inail. Certo c’è ancora da fare verso un vero Patto per la sicurezza.

Su Stellantis non sembrano arrivare ancora segnali chiari dall’azienda sugli stabilimenti italiani. Siete preoccupati?

Fa bene il governo a chiedere a Stellantis impegni precisi sugli investimenti e sui nuovi modelli in Italia. Saremo al fianco dei lavoratori che il 12 aprile scenderanno in piazza a Torino. Finora le risposte dell’azienda sono state del tutto insufficienti. Occorre alzare i volumi e la produzione con nuovi modelli in tutti gli impianti. E gli incentivi vanno incrementati e resi strutturali. Però non possono diventare un pretesto: una multinazionale simile ha la forza economica e organizzativa per essere competitiva.

Intanto i nodi dei conti pubblici cominciano a venire al pettine. Per il ministro Giorgetti è scontata la procedura Ue per alto deficit. I margini si restringono per tutto?

Si apre una fase molto delicata, non priva di rischi, ma anche ricca di opportunità che vanno colte. Dati i vincoli del Patto Ue, le risorse non potranno più essere ricavate in deficit, né noi accetteremo di trovarle con i tagli lineari o i “saldi di Stato”. La nostra ricetta è chiara: razionalizzare la spesa improduttiva e recuperare risorse, tagliare miliardi di fondi distribuiti a pioggia e soprattutto introdurre un contributo di solidarietà per le multinazionali di logistica, economia digitale e farmaceutica, aumentare il carico fiscale sulle grandi rendite. Bisogna inasprire la lotta all’evasione ed elusione fiscale, istituendo anche un Fondo per l’economia reale che canalizzi, su base volontaria e con adeguate garanzie statali e rendimenti, quote di risparmio degli italiani. Per fare tutto ciò serve però un’area riformatrice che riunisca istituzioni e parti sociali, a 40 anni dall’accordo di San Valentino.

Cosa pensa della settimana corta?

È una via percorribile, su cui la Cisl ha fatto storicamente da apripista. Norme legislative indifferenziate, però, sarebbero sbagliate e inapplicabili. Bisogna partire pure qui dalle relazioni industriali.

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