sabato 25 luglio 2020
Sette su dieci ritengono di aver migliorato le competenze digitali durante il periodo di blocco
Cresciute le competenze digitali dei lavoratori con il lavoro agile

Cresciute le competenze digitali dei lavoratori con il lavoro agile - Archivio

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Secondo una nuova ricerca di The Adecco Group, aziende e lavoratori italiani si interrogano anche sui contratti basati sul numero di ore lavorate e sentono l’esigenza di fare affidamento su un modello di leadership più empatico. The Adecco Group ha presentato i risultati del suo ultimo studio, dal titolo Resetting Normal: defining the new era of work, che analizza l’impatto atteso a breve e a lungo termine della pandemia sul ripristino delle norme sul posto di lavoro.

Il futuro del mondo del lavoro in Italia
In Italia, il 76% dei lavoratori ritiene che un mix tra lavoro in ufficio e lavoro da remoto rappresenti la soluzione migliore per il futuro e quasi l’80% desidera più flessibilità sia nelle modalità che nel luogo di lavoro. Il 71% degli intervistati, infatti, ritiene sia il momento di ripensare il classico orario di lavoro basato su 40 ore a settimana per 5 giorni lavorativi, sostenendo che i contratti debbano essere basati sul raggiungimento degli obiettivi aziendali invece che sulla quantità di ore lavorate. La pandemia ha anche richiesto nuove competenze di leadership: il 74% dei lavoratori desidera che i propri manager abbiano uno stile di leadership incentrato su empatia e supporto ai dipendenti. Rimanendo sul tema delle competenze, il 70% degli intervistati ritiene di aver migliorato le proprie skill digitali durante il periodo di isolamento, mentre oltre due terzi (72%) cercano di incrementare ulteriormente le proprie competenze digitali nell’era post-pandemia. Per i lavoratori del nostro Paese è importante lavorare sullo sviluppo di un’ampia gamma di competenze, tra cui l’utilizzo delle piattaforme informatiche aziendali (72%), la gestione del personale a distanza (66%) e le soft skill (65%).

Infine è positivo il giudizio nei confronti delle aziende: per l’85% degli intervistati il datore di lavoro ha soddisfatto o superato le aspettative nell’adattarsi alle sfide della pandemia. La fiducia va di pari passo con l’incremento della aspettative. Se da un lato il futuro del lavoro è una responsabilità collettiva, dall’altro il 75% dei dipendenti ritiene che il proprio datore di lavoro abbia la responsabilità di fare in modo che il mondo del lavoro sia migliore dopo la crisi e il compito di ripristinare le norme. Mentre il 77% afferma che sia una responsabilità del governo.

Il futuro del mondo del lavoro a livello internazionale
I dati italiani sono in linea con quanto emerso a livello globale. Il modello “ibrido” rappresenta un ideale universale in cui i lavoratori vorrebbero trascorrere metà del tempo in ufficio e metà lavorando a distanza, preferenza che trascende la provenienza geografica degli intervistati, la generazione di appartenenza e l’essere o meno genitori. Anche i dirigenti d’azienda concordano, tanto che quasi otto leader di C-level su dieci (77%) affermano che le aziende beneficerebbero di una maggiore flessibilità. Il 74% dei dirigenti concordano anche sulla necessità di rivedere la durata della settimana lavorativa. La pandemia e il successivo lockdown hanno fatto emergere alcune importanti lacune, come il digital divide tra istituzioni e abitazioni e, in alcuni casi, un tema di mancata alfabetizzazione digitale di insegnanti, famiglie e addirittura studenti. È presto per misurare l’impatto che la pandemia da Covid-19 avrà sulla percezione e sull’appeal delle discipline e professioni Stem, ma la crisi sanitaria e la digitalizzazione del mondo accademico e professionale potrebbero ravvivare l’interesse verso questo ambito e portare nuova linfa al settore, anche con una revisione delle mansioni legate alla digitalizzazione.

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