sabato 6 maggio 2017
Oltre ai benefici in termini ambientali, la transizione a un sistema energetico a basse emissioni di carbonio garantisce ritorni a livello economico e occupazionale
Più opportunità per la filiera con Elettricità Futura
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«Oltre agli evidenti benefici in termini ambientali, la transizione a un sistema energetico a basse emissioni di carbonio garantisce considerevoli ritorni a livello economico e occupazionale». Lo afferma - dati alla mano -Agostino Re Rebaudengo, vice presidente di Elettricità Futura, la neo nata associazione che integra Assoelettrica e Assorinnovabili: per la prima volta il mondo elettrico italiano, convenzionale e rinnovabile, si trova riunito sotto un'unica sigla.

Elettricità Futura nasce con l’ambizione di rappresentare le imprese impegnate a promuovere la transizione energetica verso un mercato sempre più sostenibile, innovativo e concorrenziale. La creazione di un soggetto che rappresenti l’intera filiera elettrica, caso pressoché unico fra i grandi Paesi europei, ha l’obiettivo di rispondere alle sfide della decarbonizzazione, dell’integrazione dei mercati e della centralità del consumatore in un contesto di grande sviluppo tecnologico.

«Abbiamo compiuto un passo importante - spiega Re Rebaudengo - che porterà le imprese del settore elettrico, indipendentemente dalle tecnologie e filiere di appartenenza, ad acquisire una voce più forte e autorevole e così contribuire alla trasformazione dello scenario energetico italiano ed europeo. Questa fusione conferma come il mondo delle rinnovabili sia parte integrante del sistema energetico italiano, pronto ad affrontare le sfide poste dalla transizione energetica. Sono certo che la nuova Associazione saprà interpretare e tutelare al meglio gli interessi di tutta la filiera elettrica italiana».

La decarbonizzazione, l’efficienza energetica, l’elettrificazione dei consumi finali, l’innovazione tecnologica e la mobilità elettrica sono i temi chiave sui quali Elettricità Futura intende sviluppare la sua azione. Oggi, in Italia, il settore dell'economia verde impiega due milioni 964 mila addetti, ovvero il 13,2% dell’occupazione complessiva nazionale (Rapporto Green Italy 2016). Come suggerisce un dato significativo, si tratta mediamente di professionalità qualificate o altamente qualificate: tra gli assunti nei settori della progettazione e della ricerca e sviluppo le figure green sono il 66% del totale.

Per quanto riguarda più in particolare il settore dell’energia rinnovabile, gli occupati temporanei e permanenti stimati dal Gse (Gestore dei servizi energetici) nel suo Rapporto Attività 2016 sono 50.768. Il fotovoltaico è il settore con più addetti (16.071), seguito dall’idroelettrico (10.744), dall’eolico (8.156), dal
biogas (7.220), dalle biomasse (5.774), dai bioliquidi (2.106) e della geotermia (697).


A livello europeo, l’Italia è al quarto posto tra gli Stati membri per numero di addetti nel settore rinnovabili,
dopo Germania, Francia e Regno Unito (dati riferiti al 2014, Rapporto State of Res in EU 2016, Eurobarometer). Se tuttavia si considera il rapporto tra impiegati nelle rinnovabili e popolazione attiva, l’Italia si piazza al 3° posto, scavalcando la Gran Bretagna (elaborazione su dati Eurostat).

«L'efficienza e la sostenibilità - continua il neo vicepresidente - sono due facce della stessa medaglia. In Italia ancora troppa energia è prodotta da fonti fossili. Ciò determina l'inquinamento atmosferico e l'insorgere di malattie e decessi per diverse migliaia di persone ogni anno. Anche per questo crediamo in una formazione finalizzata a creare figure specializzate. Passi avanti sono stati compiuti dalla Università negli ultimi dieci anni: sosteniamo corsi e master ad hoc. Mentre credo che in futuro avremmo sempre più bisogno di innovatori e ricercatori. Quindi spazio agli ingegneri, ma anche ai sistemisti, che dovranno ottimizzare la rete, e agli operai specializzati».

Due studi accademici confermano questo quadro. Secondo l’University of Massachusetts (ricerca pubblicata nel novembre 2016), a fronte di una spesa di un milione di dollari, vengono creati mediamente 2,65 lavori Fte (full-time-equivalent) nel settore fossile, 7,49 nelle rinnovabili e 7,72 nell’efficienza energetica. Di conseguenza, ogni milione di dollari investito in efficienza e in rinnovabili, crea quasi otto posti di lavoro contro poco più di due se investito nel settore fossile. Si può quindi affermare che l’investimento in energia rinnovabile e in efficienza energetica crea circa tre volte più occupazione rispetto a quella creata con l’investimento in energia fossile. Nello studio realizzato dal Regno Unito Energy Research Center, più focalizzato sui posti di lavoro creati per GWh di elettricità prodotta, è stato appurato che esiste una differenza nell’ordine di un posto di lavoro per GWh/anno a favore delle energie rinnovabili. Considerando che la produzione elettrica italiana nel 2015 è stata pari a 283mila GWh (sintesi del sistema elettrico dell’anno 2015, Terna), è evidente che si tratta di una differenza sostanziale.

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