sabato 4 novembre 2023
Il disegno di legge proposto ad aprile dal governo arriva alla Camera dopo l’approvazione ottenuta in Senato. A favore Coldiretti, molte associazioni di consumatori e anche delle imprese
Due addetti al lavoro su un bioreattore per la produzione di carta coltivata della società australiana Vow Meat

Due addetti al lavoro su un bioreattore per la produzione di carta coltivata della società australiana Vow Meat - Vow Meat

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No alla carne sintetica. Almeno in Italia che, nei prossimi giorni, potrebbe dotarsi anche di una legge apposta per vietarne produzione e importazione. Non solo questione di tradizioni gastronomiche, ma anche di sicurezza in termini di salute.

Di carne sintetica o coltivata si parla da circa dieci anni. I primi esperimenti risalgono al 2013, quando l’università di Maastricht ha realizzato la prima “polpetta coltivata”. La carne sintetica deriva da cellule staminali prelevate da un animale vivo, o comunque da carne “vera”, e fatte sviluppare in grandi contenitori (bioreattori) che riproducono le condizioni nelle quali queste cellule si troverebbero nel corpo dell’animale. Da una cellula pare si possano avere in poche settimane circa 10mila chili di prodotto da cui ottenere bistecche oppure hamburger. Molti, per i sostenitori, i vantaggi: l’assenza di antibiotici, l’impatto ambientale più basso, l’assenza di consumo di acqua e suolo per allevare gli animali, la diminuzione del numero di animali uccisi. Altrettanti, per i detrattori, i dubbi: l’assenza di studi approfonditi sulla sicurezza nutrizionale di questo tipo di carne, la possibilità di innesco di cellule tumorali determinate dalle staminali, l’elevata produzione di anidride carbonica e l’alto costo energetico del procedimento.

Dubbi contro certezze, quindi. Che in Italia pare per ora non facciano molti proseliti. «Sulla carne vera ricreata in laboratorio, la cosiddetta clean meat, fra gli italiani, produttori e consumatori, prevale per ora la diffidenza», ha scritto qualche mese fa “La cucina italiana”, rivista di riferimento della buona tavola nazionale, ricordando che secondo Coldiretti tre italiani su quattro sono contrari alla sua commercializzazione.

Questa contrarietà nel governo ha preso forma con un disegno di legge già approvato in Senato e che lunedì arriva alla Camera, con approvazione prevista a metà mese. «Viene sancito il divieto di impiegare, nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare o comunque distribuire per il consumo alimentare, cibi o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati» spiega il governo. Chi sgarra rischia una multa fino a 150mila euro. «Se si dovesse imporre sui mercati la produzione di cibi sintetici, ci sarebbero maggiore disoccupazione, più rischi per la biodiversità e prodotti che, a nostro avviso, non garantirebbero benessere. Non c’è un atteggiamento persecutorio ma di forte volontà di tutela», aveva detto Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura.

Mentre Ettore Prandini, presidente Coldiretti, parlando del Ddl in occasione della Fiera agricola e Zootecnica di Montichiari (Brescia), una delle più importanti a livello internazionale, l’ha definita «una risposta alla grande mobilitazione che ha portato alla raccolta di oltre 2 milioni di firme a sostegno del provvedimento». In effetti, oltre ad agricoltori e allevatori, a «reclamare la difesa della cultura del cibo di qualità e spingersi contro quello artificiale e sintetico» c’è davvero un insieme vasto e composito di rappresentanze e associazioni: dalle Acli all’Adusbef, da AssoBio a Cia-Agricoltori Italiani, da Cna a Codacons, arrivando a Federbio, Federparchi, Fipe, Fondazione Qualivita, Italia Nostra, Lega Consumatori, Naturasì e Slow food Italia. «Una mobilitazione – ha sottolineato Prandini –, che ha il merito di aver acceso i riflettori su un business in mano a pochi ricchi e influenti nel mondo». Insomma, la “carne marziana” per ora in Italia pare avere davvero vita difficile.

Non è scontato però che la legge possa essere compatibile con le regole europee: il trattato sul funzionamento dell’Unione europea vieta agli Stati membri restrizioni quantitative all’importazione o esportazione di merci, ma ci sono eccezioni per quello che riguarda eventuali problemi di tutela della salute. È su queste che potrebbe puntare il governo. Che però il 27 ottobre ha ritirato la notifica all’Ue del provvedimento, necessaria proprio a verificare la compatibilità della legge con le regole europee. Dovrebbe ripresentarla a provvedimento approvato, dopodiché si capirà l’orientamento dell’Ue in materia.

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