giovedì 9 agosto 2018
La denuncia dei produttori: un metodo diffuso tra i discount e non solo, sui prodotti economici ma anche per le Dop. L’Europa lavora a una direttiva sulle pratiche commerciali scorrette
Le aste al ribasso dei supermercati che affamano lavoratori e aziende
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L’idea, pare, è arrivata dalla Germania. Nella terra dell’austerità e dei discount i dirigenti dei supermercati economici sono abituati a confrontarsi con l’ossessione del rapporto qualità-prezzo tipica del consumatore medio tedesco. Tra le soluzioni escogitate per mantenere i listini al livello più basso possibile c’è quelle della aste al ribasso o al doppio ribasso. Funziona così: il supermercato che ha bisogno di un prodotto, ad esempio il barattolo di maionese, scrive a un gruppo di fornitori e chiede a ognuno qual è il prezzo più basso che è disposto ad applicare. Tra quei prezzi sceglie il più piccolo: quel valore sarà la base di un’asta online tra i fornitori. Sarà un’asta a scendere: vince e si aggiudica il contratto chi sarà capace di fare il prezzo minore. Molti in Italia hanno imparato la lezione tedesca. Per procurarsi i prodotti più economici, i “primo prezzo”, alcune catene di supermercati, soprattutto discount, usano le aste al doppio ribasso. Eurospin, che con mille punti vendita è il principale discount italiano, è nel mirino dopo che un’asta al doppio ribasso con la quale si è procurata 20 milioni di bottiglie da 700 grammi di passata di pomodoro all’incredibile prezzo di 31,5 centesimi l’una è stata raccontata in un’inchiesta del settimanale Internazionale. Il magazine da tempo approfondisce le distorsioni della realtà italiana della grande distribuzione organizzata assieme a Terra! Onlus e con il sostegno della Flai Cgil. È facile intuire perché il sindacato agricolo si occupi della questione: la pressione esagerata sui prezzi finali dei prodotti agricoli viene scaricata dai supermercati sui produttori e dai produttori sui lavoratori. Le aste al ribasso sulla passata sono lo sbocco più naturale del pomodoro raccolto da braccianti pagati una miseria e gestiti dai caporali.

LA CONCORRENZA ESASPERATA
Ma non c’è solo il pomodoro. «Quella delle aste al ribasso è una pratica che da un paio d’anni grandi catene di supermercati utilizzano trasversalmente per tutti i prodotti agricoli – spiega Ettore Prandini , vice presidente di Coldiretti –. Sono aste molto opache: le aziende che partecipano non sanno quanti e quali sono i loro concorrenti, non vedono chi è che sta spingendo verso il basso. Non c’è nessuna verifica della qualità. Conta solo il prezzo». Aggiunge Giovanni Guarneri , coordinatore del settore lattiero-caseario di Confcoopertive FedAgriPesca, che queste aste spesso funzionano in tre fasi: «Prima i supermercati raccolgono le adesioni via email tra le aziende, chiedendo anche le prime quotazioni del prodotto. Poi si apre l’asta, a partire dal prezzo più basso. Chi non rilancia viene escluso e gli altri vanno avanti. Dura più o meno mezz’ora. Ad asta chiusa c’è la possibilità di rilanciare, proponendo il proprio ultimo prezzo, alla cieca. Chi vince si impegna a non divulgare i dettagli dell’offerta finale». Guarneri produce Grana Padano, un formaggio Dop. Per molte delle eccellenze alimentari italiane l’asta al ribasso è diventata una pericolosa abitudine, che comprime i margini dei produttori e insidia la qualità di prodotti rigidamente disciplinati dalle regole dei consorzi di tutela. Proprio i consorzi stanno guidando la rivolta. Pier Maria Saccani , del consorzio di tutela della Mozzarella di bufala campana Dop, valuterà di proporre all’assemblea dei soci l’impegno a rifiutarsi, tutti, di partecipare alle aste. Occorre reagire, ha spiegato, per evitare di essere trasformati in commodities , cioè materie prime, prodotti anonimi per i quali più o meno uno vale l’altro, come la benzina o l’energia elettrica.

UN MERCATO ASIMMETRICO
Non è una ribellione al mercato libero, ma al mercato asimmetrico. Se i supermercati possono permettersi di creare questa competizione esasperata tra i fornitori è perché nella filiera agroalimentare hanno una forza enorme rispetto a quella dei produttori. Se per molti ambiti del largo consumo il mercato è più in equilibrio, perché dall’altra parte ci sono multinazionali come Unilever, P&G, Danone e Nestlè o grandi gruppi alimentari come Barilla o Ferrero, sui prodotti agricoli e su altri alimenti tante piccole e medie aziende che spesso hanno margini storicamente bassi devono vedersela direttamente con i giganti della grande distribuzione. Questo squilibrio è destinato ad aumentare a causa del processo di concentrazione in corso nel mondo dei supermercati, con alleanze europee come quella appena firmata tra Carrefour e Tesco o tra Auchan e Metro e, in Italia, accordi su modello della neonata AiCube, centrale di acquisto unica di Carrefour, Pam e Vegè. Più si riduce la concorrenza tra supermercati nella fase di fornitura, più i produttori si indeboliscono nella fase di negoziato. Per i consumatori non è un affare: gran parte del risparmio ottenuto dai supermercati resta nelle casse dell’azienda, mentre questo meccanismo di massimo ribasso rischia di peggiorare la qualità dei prodotti.

IL RISCHIO DI NON PARTECIPARE
«Le aste online sono oggi l’emblema dello strapotere di alcune catene distributive che usano la loro forza commerciale per togliere valore al prodotto Dop» ha confermato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, altra Dop che si ribella a questa pratica. Non partecipare, però, è difficile. «C’è anche un aspetto finanziario – spiega Guarneri –. Se una catena di supermercati molto grande organizza l’asta per coprire le forniture di molti mesi a un prezzo basso, un produttore si trova facilmente a non avere alternativa. Perché rinunciare a certi fatturati può significare anche perdere le linee di credito che le banche hanno legato a quei ricavi. Se parliamo del 10-15% del giro d’affari, allora per il produttore è meglio fare l’asta e cercare di arrivare a un prezzo che copra anche solo parzialmente i costi fissi. C’è chi rinuncia a coprire i costi fissi ed è costretto a recuperare negoziando ribassi con chi gli fornisce la materia prima».

LE REGOLE NON BASTANO
Eurospin è l’unico nome della distribuzione pubblicamente attaccato per le aste al ribasso. Ovviamente la catena veneta non è isolata. Alcune aziende spiegano ad Avvenire che molte altre insegne, come Carrefour, Metro, PennyMarket (Rewe)*, si riforniscono con questi metodi. Non Coop, Esselunga, Conad o Selex. Nemmeno Lidl. Aldi, gigante tedesco dei discount che in Italia ha debuttato in gran spolvero quest’anno (conta di aprire almeno 45 supermercati entro dicembre), spiega di non praticare aste: tramite un portale raccoglie invece i dati sui prodotti, prezzo compreso, per poi chiedere eventuali aggiustamenti e fare le scelte in base al miglior rapporto qualità-prezzo dopo verifiche con assaggi e test. «Non vogliono chiamarle aste però fanno tender che seguono lo stesso principio. Mi è capitato di vincerne uno ed essere richiamato per abbassare ancora il prezzo – chiarisce il titolare di una media impresa alimentare – . C’è dietro una logica in cui si cerca di eliminare il fattore umano e far scegliere alle macchine. Certo, ci sono i casi positivi di chi accompagna le aste a verifiche sulla qualità, ma non sono la norma». Un anno fa al ministero delle Politiche agricole e alimentari Federdistribuzione, che associa le principali catene dei supermercati, e Conad hanno sottoscritto un Codice Etico con il quale si impegnano a «non fare ricorso alle aste elettroniche inverse al doppio ribasso per l’acquisto di prodotti agricoli e agroalimentari». Secondo Coldiretti non sta funzionando. «Alla fine la verità è che queste aste le fanno tutti – accusa Prandini –: i discount le organizzano direttamente, le grandi catene usano agenzie e centrali d’acquisto estere per evitare di essere individuate, ma poco cambia».

L’IDEA DI UN DIVIETO, IN ITALIA O NELL’UE
I produttori chiedono una svolta e qualcosa si sta muovendo. Coldiretti punta su un divieto a livello nazionale delle aste al doppio ribasso, così come è avvenuto in Francia. Elena Fattori , senatrice del M5s e vicepresidente della commissione Agricoltura, ha presentato un’interrogazione «in cui si chiede di poter regolamentare e porre fine a questa egemonia nella filiera agricola». Sempre Coldiretti in ottobre incontrerà Paolo De Castro, ex ministro dell’Agricoltura dal 2009 al Parlamento europeo, dove è il relatore della direttiva contro le pratiche commerciali scorrette presentata lo scorso 12 aprile da Phil Hogan, commissario all’Agricoltura. Un testo che punta esplicitamente a riequilibrare le forze a favore degli agricoltori nella filiera agroalimentare e sul quale molti produttori ripongono più di una speranza. Per ora le pratiche commerciali scorrette indicate dalla direttiva riguardano i tempi dei pagamenti dei supermercati ai fornitori e le cancellazioni degli ordini all’ultimo minuto. Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza delle cooperative agroalimentari, ha proposto di inserire anche le aste telematiche al doppio ribasso tra le abitudini da bandire. Può essere una soluzione, ma il tempo è poco: lo stesso De Castro ha spiegato che serve un accordo politico con la Presidenza austriaca entro Natale per votare la direttiva prima della fine della legislatura.

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*Aggiornamento del 10 agosto 2018. Una delle aziende alimentari sentite da Avvenire ha citato il gruppo tedesco Rewe (che in Italia è presente con l'insegna dei discount Penny Market e, in passato, con Billa) tra le catene che organizzano aste o tender al ribasso. Dopo la pubblicazione dell'articolo, Penny Market ha precisato che non fa e non ha mai fatto aste al ribasso.

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