martedì 19 marzo 2019
Il responsabile del brand: «Centoventi e 500 a batteria garantiranno l'abbassamento delle emissioni medie del Gruppo. Ecco come il marchio diventerà strategico per Fca»
Olivier Francois con il prototipo della Fiat Centoventi

Olivier Francois con il prototipo della Fiat Centoventi

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Il futuro di Fiat esiste ancora, e l’incubo di un disimpegno nei confronti del marchio – con tutto ciò che ne consegue in termini di investimenti e occupazione in Italia – potrebbe essere cancellato proprio grazie alla svolta elettrica. È quanto sostiene Olivier François, responsabile globale del brand. L’obiettivo è doppio e obbligato: imboccare la strada delle “zero emissioni” senza smettere di portare soldi in casa. I modelli chiave? La 500 e la Centoventi elettriche, che avranno il compito di garantire il rispetto delle regole comunitarie sulle emissioni, abbassando la CO2 media di Fiat-Chrysler ed evitando al Gruppo salatissime multe.

«Nel piano industriale precedente – spiega François – giustamente la priorità era stata data a massimizzare l’Ebit del Gruppo, ovvero i profitti. Privilegiando il ritorno dei capitali investiti, Fiat ha patito non poco perché l’attenzione di Fca si è concentrata soprattutto sui trucks in Usa e su Jeep, prodotti che si vendono a prezzi importanti, sacrificando i prodotti in Europa dove il mercato andava fatto scontando i prezzi. A noi Marchionne aveva chiesto di gestire l’esistente e tenere volumi e margini più alti possibili: penso a Panda che resiste al primo posto nelle vendite, e alla 500 che mediamente è scelta con allestimenti sempre più alti e l’anno scorso ha ottenuto il record di immatricolazioni con 194mila unità. Insomma, abbiamo fatto il miglior business possibile lasciando gli investimento ad altri marchi più immediatamente redditizi».

Ora pare iniziare una nuova fase con il nuovo piano di Manley, ma il mercato resta fiacco. General Motors ad esempio si è disimpegnata in Europa...

La forte presenza di Fiat in Europa invece è più che confermata, nonostante i costi da sostenere. Non dico che farà solo macchine elettriche, perché il marchio deve restare “mass market”, un brand di volumi al- ti. E far girare le fabbriche, sostenere la rete dei concessionari. Ma ora avrà un nuovo ruolo molto affascinante e strategico per Fca, quello di assicurare la “compliance” in Europa (cioè il rispetto delle norme Ue sulle emissioni di anidride carbonica, in vigore dal 2021, ndr) e abbassare la percentuale media di CO2 del Gruppo. Questo è un valore aggiunto importante perché indispensabile per le nuove regole europee.

Abbassare le emissioni costa tantissimo. Con quale strategia intendete arrivarci?

Con la scelta definitiva dell’elettrificazione. Marchionne era contrario perché era un approccio rischioso, un “bagno di sangue” come disse una volta, implicando grandi investimenti a fronte di una bassa propensione del cliente. Con l’auto termica fino a ieri si andava benissimo: si andava dove e quando si voleva, perché si sarebbe dovuto pagare in media 9.000 euro in più per una equivalente vettura a batteria? Ora lo scenario è cambiato, non è più una scelta, diventa un obbligo.

Partite da zero. Come farete?

Con due equazioni di valore. La prima, quella tradizionale del mercato premium. Tesla fa così: costruisce auto esclusive e le vende a prezzi altissimi. Noi possiamo fare la Urban Tesla, cioè la 500 elettrica. Bella, desiderabile. Il prezzo medio delle versioni più eleganti oggi è alto, 23-24mila euro, e si avvicina già a quello che potrebbe essere quello della 500 elettrica, che arriverà su strada a metà 2020 con un nome nuovo. La nuova generazione sarà solo elettrica mentre continueremo a produrre l’attuale con i motori tradizionali, nessuna ibrida. E sarà meravigliosa. Silenziosa, cabriolet e con la spina. Farà molto “dolce vita”. Quando sai fare cose belle e queste combaciano con lo spirito dei tempi, il risultato è perfetto».

La seconda via pare legata alla grande novità svelata al recente Salone di Ginevra, il prototipo della Fiat Centoventi...

Questo è l’altro scenario parallelo, andare cioè sul mercato di volumi, quello del segmento B, che vende di più, quello più competitivo. Farlo con una macchina elettrica che fa pochi margini sembra impossibile. Invece no, c’è modo di arrivarci. Con la Centoventi, appunto. La filosofia è: tagliare i costi sulla macchina base per ricavare il costo della batteria, che sarà modulare. Con una autonomia cioè “su misura” del cliente. La Centoventi sarà una low cost, ma molto di tendenza, essenziale ma con fascino: costa meno produrla e questo è base per ammortizzare il prezzo della batteria, almeno nella versione base da 100 km di autonomia elettrica ».

Il listino così si avvicinerà così a quello di una vettura tradizionale?

L’obiettivo è quello: se si riusciamo, apriremo un mondo. Anche per il cliente, che potrà comprare l’auto con il pacco di accumulatori più piccolo e in seguito, se capisce di aver bisogno di un’autonomia superiore, potrà aggiungere batterie fino a 500 km di percorrenza. Possiamo “democratizzare” la propulsione elettrica e le nuove tendenze, ma è evidente anche l’approccio pensato per il car sharing e per le flotte, con un veicolo già predisposto per integrare i servizi digitali necessari e per essere personalizzato a basso costo».

Quale l’ostacolo principale rispetto a questo progetto?

Le infrastrutture di ricarica: per il momento in cui sarà pronta la Centoventi, dovranno aumentare. Per Italia è la priorità numero uno. Noi ci impegnamo a fare nuova la 500 elettrica in Italia, a Mirafiori, ma l’Italia deve rispondere».

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