venerdì 10 giugno 2016
​La legge Fornero si applica solo al settore privato. Sulla questione c'erano state sentenze diverse. Per applicare le nuove regole anche alla Pubblica amministrazione serve un «intervento di armonizzazione».
La Cassazione conferma: per gli statali resta l'art. 18
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Con una sentenza depositata ieri la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha chiarito che per i dipendenti pubblici si applica ancora l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e non la legge Fornero. Quindi nel caso in cui un addetto del pubblico impiego sia stato licenziato e un giudice del Lavoro stabilisca che il licenziamento è illegittimo perché privo di una giusta causa lo statale ha diritto al reintegro e non a un indennizzo. Una differenza normativa che, secondo il governo, resta anche con il Jobs act, testo con cui l’articolo 18 è stato superato definitivamente. Lo stesso ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, dopo qualche polemica aveva confermato che le nuove norme sul lavoro valgono solo per il settore privato. «Il Jobs act non si applica al pubblico impiego. Lo abbiamo detto ripetutamente e scritto in un italiano chiaro. Per noi non ci sono mai stati malintesi. Il Jobs act si applica solo ai lavoratori privati» ha ribadito ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.Curiosamente il caso su cui si è espressa la Cassazione non è stato sollevato da un lavoratore, ma dallo Stato. Più precisamente dal ministero delle Infrastrutture, che aveva ricorso contro un funzionario licenziato perché faceva il doppio lavoro al quale, tuttavia, la Corte d’appello di Roma aveva riconosciuto sei mesi di indennità risarcitoria, come prevede la legge Fornero nel caso di licenziamenti "legittimi" ma con violazione delle procedure di contestazione disciplinare. Il ministero aveva fatto quindi ricorso contro l’obbligo di pagare queste sei mensilità e la Cassazione gli ha dato ragione. Ora il caso torna alla Corte d’appello di Roma.Nonostante la determinazione del governo nell’insistere che la norma è sempre stata chiara nel suo essere destinata solo al settore privato è la stessa Cassazione a confermare che sul punto ci sono stati «orientamenti contrastanti» (e questo vale anche per una sentenza della stessa Corte, che a novembre del 2015 aveva fatto intendere che la questione non fosse molto chiara). Difatti i giudici ricordano che la legge Fornero prevedeva un confronto per arrivare a una «armonizzazione», una fase che non è mai stata avviata.Il problema è che ovviamente trattare diversamente i lavoratori a seconda che il loro datore di lavoro sia lo Stato o un privato solleva dei problemi di uguaglianza dei cittadini. La Cassazione, che ha deciso dopo «una approfondita e condivisa riflessione» ha ricordato che da un lato c’è il principio di «uniformità di trattamento» (che quindi spingerebbe ad applicare a tutti quanto previsto dalle norme più recenti, cioè il Jobs Act) e dall’altro c’è la «inconciliabilità» delle nuove regole con quelle che valgono nella pubblica amministrazione. Anche perché la Fornero è pensata per licenziamento per motivazioni economiche, un caso che non si applica nella Pubblica amministrazione. La norma, conferma la Cassazione, «tiene conto unicamente delle esigenze proprie dell’impresa privata».La questione è complessa e gli esperti di diritto del lavoro sono divisi. Aldo Bottini, presidente degli Avvocati giuslavoristi italiani, ha sottolineato che in materia di licenziamenti «sopravvivono due regimi diversi, in ambito pubblico e in ambito privato, e questa, soprattutto in tempi di regime privatistico del contratto di pubblico impiego, rappresenta una disuguaglianza, una discriminazione non so quanto sostenibile anche da un punto di vista costituzionale». Giuliano Cazzola, giuslavorista ed ex parlamentare, ha giudicato la sentenza «conforme e coerente con il quadro normativo vigente» pur ribadendo che «sul piano sostanziale si conferma la status particolare che continua ad essere riservato ai pubblici dipendenti». «Ma di ciò – conclude Cazzola – è responsabile il legislatore, non chi applica le leggi, anche se di solito lo fa con un particolare, spesso eccessivo, riguardo nei confronti dei lavoratori». Soddisfatti i sindacati. «La sentenza ha riconfermato quello che abbiamo sempre sostenuto sullo status giuridico dei dipendenti della pubblica amministrazione» ha commentato Maurizio Bernava della Cisl.
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