giovedì 4 maggio 2017
Diventa sempre meno esecutore e più impegnato a prendere decisioni autonome. Inoltre partecipa alle scelte aziendali e punta a realizzarsi con il lavoro
Un momento della presentazione dell'indagine

Un momento della presentazione dell'indagine

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Cambia il lavoro e cambiano i lavoratori. Con l'industria 4.0 si sta assistendo a una rivoluzione culturale all'interno delle aziende. Più competenze, più partecipazione e più welfare stanno trasformando anche le relazioni tra dipendenti, imprenditori e rappresentanti sindacali. Forse la crisi ha accelerato i processi produttivi e gli stessi rapporti tra i vari attori impegnati a realizzarsi con il lavoro. Questi i contenuti dell'indagine presentata oggi, presso la Sala Capranichetta, a Roma. La terza rilevazione del Mol - Monitor sul lavoro è un percorso di analisi volto a narrare i mutamenti negli orientamenti dei lavoratori e nelle culture del lavoro realizzato da Community Media Research per Federmeccanica. A commentare i risultati della ricerca: Giuliano Poletti (ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali), Fabio Storchi (presidente di Federmeccanica), Carlo dell’Aringa (economista e membro della Commissione Bilancio della Camera), Fabio Astori (vice presidente di Federmeccanica) e Daniele Marini (direttore scientifico di Cmr).

L’analisi ha coinvolto un campione di 1.000 lavoratori dipendenti, rappresentativi per genere, età, area di residenza e titolo di studio a livello nazionale, realizzando un approfondimento sugli occupati nell’industria metalmeccanica; e di 100 imprenditori fra i componenti gli organismi di Federmeccanica.

Oltre alle tematiche “storiche” relative alla percezione del clima aziendale e del welfare come elemento cardine del rinnovamento contrattuale, la ricerca ha scelto di focalizzare la propria attenzione su aspetti estremamente attuali: i mutamenti in atto dei diversi profili professionali sulla scia dell’applicazione delle nuove tecnologie produttive; i cambiamenti culturali nella valutazione dei valori legati alla sfera lavorativa.

Dalla ricerca emerge una presenza cospicua di profili di elevata caratura, di figure professionali in cui la dimensione intellettuale e l’utilizzo di tecnologie complesse è diffusa e maggioritaria, più di quanto non si ritenga usualmente. La prevalenza è costituita non solo dai cosiddetti “lavoratori della conoscenza”, ma anche da chi opera in “team”, in gruppi di lavoro, dove sviluppano competenze diversificate. Dove la dimensione manuale si confonde e s’interseca con quella intellettuale. E viceversa. Al punto che le due categorie classiche “manuale” e “intellettuale” perdono di valore. Lavoratori che, in virtù del modo di operare e delle strumentazioni che utilizzano sono portati a prendere decisioni autonome, a intervenire risolvendo problemi. Ecco allora che abbiamo a che fare con “lavoratori imprenditivi”, lavoratori che sviluppano caratteristiche più espressamente del lavoro autonomo, grazie anche alle nuove tecnologie introdotte dalla quarta rivoluzione industriale.


I lavoratori inoltre “partecipano” alle decisioni più di quanto non si ritenga alla vita della propria impresa. Non si tratta certo di una partecipazione in stile tedesco – poco praticabile per il nostro sistema produttivo – ma siamo di fronte a una sorta di coinvolgimento all’italiana: riunioni periodiche con il management, gruppi di lavoro volti a definire gli obiettivi aziendali e così via. In una struttura reticolare com’è il sistema produttivo nazionale, il coinvolgimento dei collaboratori alle scelte delle imprese appare già una prassi consolidata e diffusa.

Da qui la conferma che le relazioni legate al lavoro risultano centrali nell’immaginario collettivo e nel vissuto quotidiano dei lavoratori. Parlare di “persona al centro” non è quindi retorica, ma spiega bene come i processi di individualizzazione abbiano preso piede anche in quest’ambito.

«La ricerca realizzata da Federmeccanica - ha sottolineato il ministro Giuliano Poletti - offre un importante contributo di conoscenza sui cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, su come vengono percepiti e sull’evoluzione che determinano nei comportamenti e nelle attitudini dei lavoratori. I risultati dello studio testimoniano come, anche nell’industria, si stia affermando un lavoro caratterizzato da crescenti contenuti di competenza, creatività, responsabilità. È un’indicazione importante, in quanto l’evoluzione dei processi produttivi e le nuove forme di organizzazione del lavoro legati alla crescente diffusione dell’automazione e delle tecnologie digitali, pongono l’esigenza di una disponibilità dei lavoratori al coinvolgimento nel processo produttivo, a una maggiore partecipazione alla vita dell’impresa, indispensabile in vista dell’obiettivo di migliorarne la competitività».

«In questa indagine troviamo molte conferme – ha dichiarato il presidente di Federmeccanica Fabio Storchi -. Nelle nostre imprese la centralità della persona è già realtà. I lavoratori sono coinvolti e si sentono a casa in azienda. Cercano opportunità di crescita professionale piuttosto che garanzie del posto del lavoro e vogliono veder premiati i risultati anche collegando i salari alla produttività. Abbiamo intrapreso una via italiana alla partecipazione ed il Rinnovamento Contrattuale è un altro importante passo in quella direzione. Siamo solo all’inizio di un cammino complesso e ognuno deve fare la sua parte. Non ci resta quindi che andare avanti, insieme».

Il vice presidente Fabio Astori, con delega alla Cultura d’Impresa ha sottolineato come «il cambiamento del lavoro sia già in atto. I profili dei lavoratori sono molto diversi da quelli del modello fordista ormai da tempo superato. Oggi i lavoratori operano più in autonomia, stanno acquisendo un alto livello di competenze e capacità e la componente intellettuale è divenuta centrale. Mentre il lavoro manuale è sempre più marginale. Le persone possono auto realizzarsi professionalmente e personalmente anche in Fabbrica. Questi sono i nuovi lavoratori imprenditivi».


I (nuovi) profili professionali
Le innovazioni tecnologiche hanno pervaso il modo di produrre e di realizzare i servizi alterando anche l’organizzare del lavoro. La prevalenza è composta da chi svolge mansioni dove può prendere decisioni autonome (54,5%), l’impegno è soprattutto mentale (65,4%) e opera in team o comunque in relazione con altri colleghi (53,9%), utilizzando livelli di strumentazione tecnologica elevata (65,8%). Fra i lavoratori della metalmeccanica l’esito complessivo è leggermente inferiore, ma s’innesta nel medesimo solco. Poco più della metà svolge mansioni non esecutive (51,3%) che lo impegnano mentalmente (53,3%) più che fisicamente. Poco meno della metà opera in team con altri (48,2%). Soprattutto, i quattro quinti (81,4%) è alle prese con strumentazioni a elevato contenuto tecnologico, assai di più rispetto alla media nazionale.

Incrociando gli esiti dei diversi profili, abbiamo distinto cinque ceti professionali secondo alcuni caratteri prevalenti utili a connotare le differenti mansioni e la loro modalità di esecuzione:
- Operativo (8,7%): si tratta del profilo professionale meno pregiato e rappresenta il lavoratore che svolge un’opera prevalentemente esecutiva, con attrezzature tradizionali o scarsamente tecnologiche, non ha autonomia decisionale, né deve relazionarsi con altri colleghi.
- Manuale upgrade (15,0%): più cospicuo del precedente gruppo, è costituito da quanti pur svolgendo un lavoro esecutivo e manuale, dispongono di strumentazioni tecnologiche complesse e/o devono prendere decisioni in autonomia, devono essere dotati di spirito imprenditivo.
- Operatore esperto (23,9%): rispetto ai precedenti gruppi, somma oltre alle capacità decisionali autonome e l’utilizzo di strumentazioni innovative, l’opportunità di lavorare all’interno di un gruppo o di relazionarsi con altri colleghi, sviluppando così ulteriori capacità professionali.
- Mentedopera (32,9%): costituisce il ceto più popolato e rappresenta il punto dove la dimensione intellettuale, che è prevalente, si può sposare anche con abilità manuali.
- Skill 4.0 (19,6%): si tratta della professionalità con le competenze più elevate, poiché somma autonomia decisionale, impegno cognitivo, utilizzo di tecnologie avanzate e lavoro in team.

Il valore e gli orientamenti verso il lavoro
Il valore assegnato al lavoro è un altro aspetto rilevante considerato nella ricerca. Gli intervistati associano al lavoro soprattutto le dimensioni dell’autonomia (70,7%; 67,1% in Italia), della realizzazione personale (66,0%; 72,3% in Italia) e l’idea che sia un percorso di crescita (64,0%; 68,2% in Italia). Minoritari, anche se non marginali, vengono gli aspetti che rinviano a percezioni negative: l’idea del lavoro come subordinazione (20,7%; 28,0% in Italia), immobilità (18,0%; 20,9% in Italia), rigidità (16,0%; 25,5% in Italia), peso e condanna (15,1%; 19,3% in Italia). È stato chiesto ai lavoratori di esprimere il loro grado di accordo su alcune affermazioni di carattere generale. In primo luogo, i due terzi fra i metalmeccanici e i lavoratori nel complesso ritengono che oggi, più che garantire un posto di lavoro, si debba investire sulle opportunità di crescita professionale e culturale (67,7%; 69,3% in Italia). In questo senso, i lavoratori sostengono uno spostamento del baricentro dall’occupazione all’occupabilità, dal lavoro inteso come “posto”, alle “opportunità” e allo sviluppo delle proprie “capacità”. E non è un caso se a sostenere con più forza quest’impostazione siano le generazioni più giovani (70,7%, fino a 34 anni), i laureati (79,0%), chi ha una mansione dirigenziale (70,2%) e ha un profilo professionale “skill 4.0” (74,9%). Ovvero chi più di altri interpreta il lavoro come un percorso di crescita personale e professionale. Non deve però sorprendere che il 58,0% (62,8% in Italia) veda nel lavoro nel settore pubblico come la migliore delle garanzie e che una parte cospicua (45,8%; 50,6% in Italia) ricerchi un posto sicuro a scapito delle soddisfazioni personali sul lavoro: si tratta di orientamenti sottolineati in misura maggiore da quanti hanno un basso titolo di studio, svolgono mansioni manuali e si approssimano a un profilo professionale più squisitamente “operativo”. In altri termini, si tratta di lavoratori che per le loro caratteristiche e mansioni si trovano nelle aree più deboli del mercato del lavoro e, quindi, più a rischio.

La partecipazione e il coinvolgimento alle decisioni
In generale, nelle imprese metalmeccaniche, i lavoratori vengono consultati periodicamente nelle scelte più importanti e nel definire gli obiettivi aziendali (40,1%), in misura più rilevante rispetto alla media dei loro colleghi degli altri settori (30,8%). S’intuisce trattarsi di procedure consolidate definibili mediante riunioni, gruppi di lavoro e così via. Un peso analogo s’invera in un’altra modalità, più soft, come quella del discutere coi lavoratori sui problemi e le soluzioni produttive, ascoltando le possibili soluzioni o innovazioni, mettendole poi in pratica. Ciò avviene nel 38,0% dei casi (38,2% in Italia). Dunque, si potrebbe asserire che in quasi quattro quinti delle imprese metalmeccaniche italiane (78,1%) e i due terzi (69,0%) della media nazionale già oggi esistono forme di collaborazione più o meno strutturate.

Il welfare e i criteri del “rinnovamento” contrattuale
Il livello di accordo su alcuni dei nuovi principi cardine del “Rinnovamento” contrattuale registra alcune dinamiche interessanti. La proposta di valutare ex-post la sostenibilità degli eventuali aumenti, in relazione ai risultati economici dell’azienda, viene accolta con un maggiore interesse dai lavoratori rispetto a qualche mese fa. Fra i lavoratori metalmeccanici il 74,6% ritiene che il contratto debba garantire un salario minimo per tutti, ma poi gli aumenti debbano essere decisi nelle singole aziende (79,7% in Italia); il 64,7% vorrebbe che il salario avesse una quota agganciata alla produttività aziendale (66,4% in Italia); il 69,4% ritiene corretto che il salario minimo sia adeguato all’inflazione ogni anno sulla scorta dell’inflazione dell’anno precedente (73,4% in Italia). Persiste, tuttavia, un problema di reale conoscenza e consapevolezza da parte dei lavoratori sul valore delle soluzioni introdotte in materia di welfare, che va superato.

Le condizioni di lavoro e il clima aziendale percepito

I lavoratori metalmeccanici ritengono siano maggiormente migliorati negli ultimi anni le condizioni ambientali e di sicurezza (32,3%), i rapporti coi colleghi (30,5%) e quello coi superiori (27,6%).
Per contro i fattori peggiorati risultano essere confermati il carico di lavoro (30,1%) e, soprattutto, lo stress mentale (34,1%). La dimensione dell’organizzazione del lavoro, quindi, rimane l’aspetto più critico sul quale intervenire. L’indicatore di sintesi delle condizioni di lavoro (Barometro del lavoro) dimostra che per il 33,3% degli occupati nell’industria metalmeccanica le condizioni di lavoro sono migliorate negli ultimi anni, il 43,7% non ha rilevato significativi scostamenti e il 23,0% ha notato dei peggioramenti.
Considerando il Clima aziendale percepito si può osservare come gli aspetti di maggiore soddisfazione sul lavoro sono: la percezione che il titolare sia attento alle problematiche dei lavoratori; il sentirsi a “casa” all’interno dell’impresa; l’avere buoni amici al lavoro. A offrire una minore soddisfazione sono la percezione di essere pagato adeguatamente per il lavoro svolto, la certezza di non perdere il proprio posto di lavoro.

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