venerdì 30 marzo 2012
​L’ultima Kelly Global Workforce Index, condotta da ottobre a dicembre 2010, ha analizzato le risposte di 97mila persone in 30 Paesi, di cui oltre 5.500 in Italia, in merito all’opinione maturata sul proprio datore di lavoro.
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​Kelly Services, specializzata nell’erogazione di servizi per le risorse umane, grazie alla sua presenza internazionale e alla molteplicità di contatti con i quali interagisce quotidianamente, è in grado di fornire un quadro preciso e costantemente aggiornato sull’andamento del mercato del lavoro e sul sentiment dei lavoratori.L’ultimo Kelly Global Workforce Index, l’autorevole indagine condotta da ottobre a dicembre 2010, ha analizzato le risposte di 97mila persone in 30 Paesi, di cui oltre 5.500 in Italia, in merito all’opinione maturata sul proprio datore di lavoro.Uno dei dati più interessanti che emergono dal sondaggio è che il 51% degli intervistati non si sente sufficientemente supportato dal proprio capo in un’ottica di miglioramento professionale. Il  voto 5.6, che i dipendenti italiani hanno dato al proprio datore di lavoro, è il più basso rispetto a tutti i paesi oggetto dell’indagine e solo il 40% degli intervistati raccomanderebbe ad amici e conoscenti il proprio capo. Tra le motivazioni di questa diffusa insoddisfazione ha un ruolo importante, secondo il 21%, l’ambiente di lavoro, a pari merito con la tipologia di leadership considerata non adeguata. Seguono la poca mobilità verso l’alto - per il 18% - e la scarsa formazione per l’8%.

L’analisi condotta da Kelly Services ha preso in esame diversi parametri, tra i quali le doti comunicative del capo, la sua personalità e il suo stile di leadership, la capacità di trasmettere ai collaboratori una visione chiara e precisa e il lavoro di squadra. Rispetto agli anni scorsi, riguardo allo stesso tema, si evidenzia oggi un “sentiment aziendale” discostante. Infatti, tra il 2009 e il 2010, il 39% degli italiani aveva sviluppato un più forte senso di appartenenza all’azienda. Tra questi, il 12% aveva dichiarato di essere “fidelizzato” alla società per la buona gestione manageriale, soprattutto in termini di politica retributiva e il 13% per i percorsi di formazione, oggi, invece, considerati scarsi.«Il  punto di vista dei dipendenti - commenta Stefano Giorgetti, amministratore delegato & VP di Kelly Services Italia - è estremamente importante per comprendere l’organizzazione di un’azienda e darle credibilità. Offre, infatti, un segnale inequivocabile sulla capacità del management di gestire, e contestualmente attrarre, talenti. È oramai assodato che, se i dipendenti sono soddisfatti e vivono in un contesto lavorativo piacevole, ne trarrà beneficio anche il profitto aziendale. Oggi i datori di lavoro sono sempre più spesso oggetto di valutazione da parte dei propri dipendenti, che esprimono a chiare lettere il proprio giudizio sulle capacità manageriali e sulla struttura in generale. Quindi, per attrarre i migliori talenti, è necessario un maggiore impegno nel trasmettere efficacemente i singoli parametri che vanno a definire la reputazione aziendale non solo ai mercati, ma anche ai dipendenti che sono, appunto, i primi ambasciatori del valore aziendale».LE PERCENTUALI PIU' RILEVANTI NEL CONTESTO ITALIANO • La generazione Y (18-29 anni) e la generazione X (30-47 anni) concordano nell’attribuire alla generazione  X le migliori capacità di leadership, mentre la generazione dei baby boomers (età 48-65) le attribuisce ai propri componenti.• il 26% degli intervistati ha dichiarato che il proprio capo non li considera solo meri esecutori, ma tende a coinvolgerli nei progetti e nella vision aziendale. Il 20% ha definito “arricchente” lo stile di leadership della propria azienda, il 19 % “autoritario” e il 12% “oppressivo”.• Gli appartenenti alla generazione Y sono meno severi nei confronti del proprio datore di lavoro rispetto alle altre generazioni. Infatti, la percentuale di coloro che lo raccomanderebbero ad amici e conoscenti si attesta al 50%, contro il 36% della generazione X e il 32% dei baby boomers. I siciliani, con il 53%, sono in assoluto i più propensi a parlar bene del proprio capo.• Il settore in cui i datori di lavoro hanno raggiunto il voto più alto (6,5) è l’Hospitality, seguito dalla Pubblica Amministrazione (6,1) e Oil/Gas (6,0). Il voto più basso è stato espresso dai dipendenti del comparto manifatturiero, che hanno attribuito ai loro capi solo 5,2.

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