mercoledì 6 settembre 2023
In un Paese in cui le aziende "rosa" rappresentano il 22,18% del totale, crescono le attività nel settore della cultura e della tecnologia fondate da donne
Le sette finaliste del Premio GammaDonna2003

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Nonostante le difficoltà, le imprese fondate e guidate dalle donne provano a farsi strada in un contesto ricco di contraddizioni. In un Paese in cui le aziende femminili rappresentano il 22,2% sul totale dell’imprenditoria – rispetto, dati Unioncamere, a una media Ue del 32% - le italiane che cercano di intraprendere una carriera in proprio soffrono, rispetto alle colleghe europee, di un maggior timore di fallimento. A frenare la crescita occupazionale autonoma pesa, poi, il fattore burocratico, percepito come un ostacolo di non poco conto. È quanto emerge dallo studio promosso dall’Osservatorio Women in Business, che fotografa una situazione in cui, se le imprenditrici italiane desiderose di aprire un’attività sono spinte dal desiderio di fare impresa (20,5%) e dalla possibilità di essere creative (21%), quelle delle altre nazioni sono motivate, principalmente, dalla voglia di autonomia professionale (54,5% in Francia) e personale (conciliazione vita-lavoro al 37,7% nel Regno Unito). Il tema della gestione “vita privata vs lavoro” è proprio tra i tasti più dolenti dato che, per il 21,9% delle imprenditrici, è vissuto come un importante carico di fatica da aggiungere a quello lavorativo. Tuttavia, a confermare il buon riscontro delle loro idee arrivano anche i numeri che rivelano come, negli ultimi dieci anni, la crescita di queste realtà "rosa" sia stata graduale, ma costante. Secondo i dati elaborati da InfoCamere, dalle 265 start up femminili rintracciate nel 2014 si è passati a un totale di 1.958 nel 2022, quasi 1.700 in più. Soprattutto in campi meno battuti come quello della cultura, che conta cifre decisamente più basse rispetto a settori leader come quello dei software e della consulenza informatica. Proprio l'anno scorso è stato costituito il Fondo Impresa Femminile, che ha una dotazione di 200 milioni di euro. Quaranta di questi erano già stati stanziati con la legge di Bilancio 2021. Le altre risorse sono arrivate nell’ambito del Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza e, con un decreto del 30 marzo, sono stati stabiliti i termini e le modalità per la presentazione delle domande. Il Pnrr vuole supportare l’imprenditorialità sia per le donne che vogliono avviare un’attività dal nulla, sia per aziende già avviate e che hanno necessità di consolidare e innovare. In particolare, sono nati e divenuti operativi due fondi specifici: il Fondo Impresa Donna, con i programmi/bandi come “Oltre Nuove Imprese a Tasso Zero” e “Smart & Start” e il Fondo per l’Imprenditoria Femminile per il quale la legge di Bilancio 2021 ha previsto una dotazione di 20 milioni di euro per il 2021 e il 2022. Entrambi mettono a disposizione risorse agevolate – contributi a fondo perduto, finanziamenti a tasso zero o agevolati, investimenti nel capitale – utili sia per avviare sia per accrescere le imprese femminili.

Più donne e giovani nel mondo della cultura

Più donne e giovani puntano sulla cultura per fare business, che in Italia cresce grazie soprattutto all’architettura e design (mentre l’editoria e la stampa perdono colpi). Come mostra una analisi di Unioncamere e Centro studi Tagliacarne sul totale delle imprese culturali esistenti in Italia (oltre 275mila), una su quattro (il 24,5%) è una impresa femminile, una su dieci (10,2%) è guidata da giovani di meno di 35 anni di età. In entrambi i casi il “peso” percentuale di donne e giovani è maggiore rispetto al totale delle aziende italiane, in cui le imprese femminili sono il 22,2% e quelle giovanili l’8,7%. Hanno invece un’incidenza minore, ma comunque non trascurabile, le imprese condotte da stranieri, che costituiscono il 5,6% del totale delle imprese culturali e creative (a fronte del 10,8% complessivo). Buono il ritmo di crescita delle imprese culturali nel 2022: +1,85% rispetto al 2021. Buono soprattutto quello delle imprese giovanili: +2,84% con quasi 600 imprese in più. Cresce anche la partecipazione degli stranieri (+2,04) mentre inferiore alla media è l’aumento delle imprese femminili (+1,19%).«Forse per l’alto livello di scolarizzazione (la domanda di laureati nelle imprese culturali e creative nel 2022 è pari al 40,6%, a fronte del 15,1% del totale economia) o per l’utilizzo di piattaforme digitali (da quelle musicali a quelle televisive e dell’editoria) l’industria della cultura mostra di essere attrattiva per i giovani e per le donne d’impresa e dà spazio a giovani occupati di 25-44 anni in modo più accentuato rispetto al resto dell’economia», spiega il presidente di Unioncamere Andrea Prete.

Cooperative come ascensore sociale per donne

La cooperazione come strumento capace di aumentare l’occupazione, ridurre le diseguaglianze, includere e funzionare da ascensore sociale. Confcooperative, la principale associazione per numero di cooperative (17mila), che danno lavoro a 530mila persone (il 61% donne, 26,6% la governance rosa nelle coop), fatturano 82 miliardi di euro e rappresentano 3,2 milioni di soci. «Il cuore delle cooperatrici batte al Sud - sottolinea Anna Manca, presidente dirigenti Donne Confcooperative e vicepresidente nazionale -. Il 54% delle imprese in cui le donne rappresentano la maggioranza della compagine sociale si trova nelle regioni del Mezzogiorno, una su cinque è attiva in una delle due isole maggiori, Sicilia e Sardegna, unica macroarea in cui tra il 2019 e il 2022 si è registrato un saldo attivo nello stock delle cooperative attive (+2,1%) a fronte di un decremento netto del 7% nelle regioni del nord ovest e del 6,4% in quelle centrali. Complessivamente in Italia le cooperative femminili sono poco di 18mila. A fronte di un’incidenza nazionale del 24 % sul totale, sono ben 14 le Regioni dove le coop rosa hanno una concentrazione superiore, ma quelle in cui la media regionale e inferiore a quella nazionale sono più significative per numero di imprese e fatturato (Emilia Romagna, Lombardia, Trentino Alto Adige, Campania, Veneto, Toscana), in sostanza la cooperazione femminile è maggiormente presente al Sud dove le economie sono più fragili a dimostrazione della capacità delle cooperative di fare da ascensore sociale. In termini assoluti la Sicilia è la prima regione per numero di cooperative con la maggioranza di soci donne, con quasi 3.300 imprese, a distanza segue il Lazio con poco più di 2.050 unità. Le regioni in cui ci sono più di 1.000 cooperative "rosa" sono solo sei: Sicilia e Lazio, sono seguite da Campania (2.007), Puglia (1.884), Lombardia (1.790) e Sardegna (1.115). Le coop "rosa" sono maggioranza assoluta rispetto all’universo delle cooperative attive in Italia sia nei servizi per l’istruzione e formazione che nell’ambito socio sanitario, dove si attestano saldamente oltre il 52%, mentre rappresentano un terzo di quelle attive in ambito culturale. Sono invece poco più del 10% nei settori delle costruzioni/abitazione e nella logistica. In valori assoluti il settore con più coop "rosa" è quello socio sanitario con oltre 5mila imprese, segue a distanza pulizie multiservice con 2.250 aziende».

Manifesto europeo per l'imprenditoria femminile

Titolarità e governance femminili almeno al 51%, definizione unica europea di impresa femminile, fondi strutturali per la nascita e il consolidamento di imprese guidate da donne, bandi che tengano conto della certificazione della parità di genere e dell'equa distribuzione di risorse tra imprenditrici e professioniste. Sono solo alcuni dei contenuti del Nuovo Manifesto europeo per l'imprenditoria femminile. E ancora, tra i punti innovativi c'è un netto sì al salario minimo e sì a ulteriori tagli del cuneo fiscale, due politiche non alternative bensì complementari, entrambe utili ad affrontare l'ineludibile tema salariale in Italia. Sì al rispetto piano nidi previsto nel Pnrr che oggi sembra a rischio, sì a ulteriori investimenti su modello voucher servizi con tetto per singola committenza per agevolare la nascita di soluzioni private di assistenza e cura: un’occasione di imprenditoria femminile e non solo, visto che i white jobs sono tra i pochi impieghi promettenti sul mercato lavoro. Massima attenzione su Codice degli appalti e dl Enti perché non sparisca la premialità legata alla certificazione di genere. E infine un hub per l'imprenditoria nel Lazio e a Roma, che porti l’eccellenza a risplendere ma sia anche un laboratorio alternativo di politiche attive per il lavoro capace di formare e collocare donne in difficoltà. A portare l’attenzione su questo tema, declinandolo sul versante lavoro e occupazione femminile, sono il Gruppo Donne di Confimi Industria e Le Contemporanee con il supporto del Parlamento Europeo e con il contributo di numerose associazioni datoriali e del Terzo settore che hanno partecipato alla stesura del documento.

Il valore della rete secondo McDonald's

McDonald’s ha presentato il suo programma di networking Women in Franchising, che nasce dalla volontà di incrementare l’inserimento di nuove imprenditrici all’interno della sua rete, modello di riferimento attraverso cui oggi gestisce oltre il 90% dei ristoranti in Italia, grazie a 150 licenziatari che operano lungo tutta la Penisola. McDonald’s è un sistema che ha fatto dell’inclusività la propria caratteristica distintiva: l’azienda conta oggi circa 32mila dipendenti, di cui il 62% è donna, come anche il 50% dei direttori dei ristoranti e il 50% del Team di Dirigenza di McDonald’s Italia, numeri che restituiscono lo spaccato di una realtà che parla sempre più al femminile. Il programma di networking ha l’obiettivo di sensibilizzare sul tema dell’imprenditoria femminile, collaborando con aziende e terze parti per fornire strumenti, know how e formazione dedicati alle donne che vogliano intraprendere questa strada, nella convinzione che investire nell'imprenditoria femminile non significhi solo promuovere le pari opportunità, ma anche proporre un punto di vista e una sensibilità nuovi, con lo scopo di stimolare lo sviluppo socioeconomico del Paese, in termini di innovazione, cultura e crescita economica. «Il governo punta molto sul coinvolgimento del mondo delle imprese per potenziare la presenza delle donne nel mondo del lavoro, in termini non soltanto quantitativi ma anche qualitativi - dice la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella -. È importante che ci sia attenzione da parte del mondo imprenditoriale perché questo Paese ha bisogno di un grande cambiamento, che passa anche da un welfare aziendale e da un’organizzazione del lavoro più a misura di donna. Il governo, il primo in Italia guidato da una donna, ha dimostrato fin da subito grande impegno su questo fronte. Ma serve anche una volontà sussidiaria, che parta dal mondo del lavoro e dell’impresa». «In McDonald’s crediamo che valorizzare il talento femminile possa contribuire alla trasformazione culturale del mondo del lavoro. Per questo siamo convinti che una maggiore rappresentanza delle donne favorisca un’organizzazione del lavoro ancora più efficiente e di conseguenza, un miglioramento dei risultati. È qui che entra in gioco il networking: il dialogo e la collaborazione tra istituzioni, imprese e associazioni diventano indispensabili per dare forma a contesti sempre più inclusivi che siano capaci di generare preziose opportunità», dichiara Dario Baroni, amministratore delegato di McDonald’s Italia.

Premio GammaDonna, ecco le finaliste

Sono sempre di più le imprenditrici che provengono dal mondo della ricerca, dell’Università e della scienza. Donne che scelgono di investire il proprio talento e le proprie competenze in settori sfidanti ad alto contenuto tecnologico, trasformando l’innovazione in progressi e benefici concreti per la società, con un occhio sempre vigile all’impatto sociale e ambientale. Non solo. Generatrici di tecnologia e di idee innovative, sempre più spesso le imprenditrici scommettono su nuovi modelli di business e di governance “a rete”, creando vere e proprie filiere dell’innovazione sostenibile, che mettono a fattor comune le risorse del territorio per accelerare la crescita e moltiplicare l’impatto. Tra queste ci sono le sette finaliste del Premio GammaDonna, riconoscimento che dal 2004 valorizza l’iniziativa imprenditoriale femminile innovativa, con l’obiettivo di contribuire a ridurre il gender gap in campo socio-economico attraverso esempi d’impresa virtuosi. Sette donne alla guida di imprese in settori molto diversi, ma con un comune e solido impegno verso la sostenibilità e l'innovazione tecnologica e valoriale, sia nel business che nella gestione d'impresa. Sabrina Fiorentino, Sestre [Trinitapoli, Bat], Roberta Ligossi Ta-Daan [Milano], Susanna Martucci – Alisea [Vicenza], Raffaella Moro, Reair [Milano], Elisa Piscitelli, Futurely [Milano], Dina Ravera – Destination Italia Group [Roma], Cristiana Vignoli, Hemera Pharma [Verona] si contendenderanno – dal palco del più grande evento italiano sulla tecnologia, l’Italian Tech Week – il Premio GammaDonna per l’imprenditoria femminile innovativa venerdì 29 settembre alle 11.

Fonti rinnovabili a trazione femminile

Uno scenario illuminato dal settore dell’energia solare e con particolare riguardo all’occupazione femminile: il settore delle rinnovabili, col segmento del solare fotovoltaico in testa, mostra infatti uno dei più alti livelli di inclusività in termini di parità di genere, come evidenziato dal report Solar PV: A Gender Perspective dell’Agenzia Internazionale delle Energie Rinnovabili (Irena). Secondo lo studio, le donne costituiscono il 40% della forza lavoro nel solare, su un totale mondiale di oltre 4,3 milioni di impiegati. Quasi il doppio del segmento fossile e inquinante di petrolio e gas, dove le donne impiegate sono solo il 22%. «Nei processi di scelta non abbiamo mai applicato distinzioni uomo-donna e le figure femminili di vertice sono sempre state presenti nella nostra realtà. Ma osservando le singole caratteristiche e le performance sul lavoro, posso dire con certezza che alcune funzioni chiave, nel mondo del solare, vengono ricoperte dalle donne con maggior successo». Ecco le parole di Daniele Iudicone, co-fondatore di Imc Holding, realtà pontina che da anni si impegna a diffondere una conoscenza corretta e trasparente sui vantaggi delle rinnovabili, sia dal punto di vista energetico che dal punto di vista dell’impatto sociale. Con l’obiettivo di rendere sempre più abitazioni private e pmi energeticamente indipendenti e la diffusione della solar energy movimento non solo industriale, ma anche di opinione e sensibilità sociale: «Mi riferisco ai comparti più classici del marketing operativo e strategico, ma soprattutto al settore strategico del project management, un ruolo che richiede visione, organizzazione, prontezza di “problem solving” e capacità di coordinamento fra molte figure professionali diverse, soprattutto in una realtà complessa come il cantiere. L’osservazione ci dice che in questo ambito i profili femminili si esprimono con performance alte, un vero e propri plus organizzativo. Una constatazione avvenuta naturalmente sul campo. Perché per noi, la discriminante è sempre e solo il merito sul lavoro». Un punto di vista, quello espresso dal co-fondatore di Imc Holding, rinforzato dai numeri e dalle tendenze che a livello planetario stanno imponendo il settore delle rinnovabili come il più capace di regalare futuro, giustizia climatica e soprattutto lavoro qualificato ed egualitario. Sono state forti e specifiche in questo senso le frasi pronunciate dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres: «Il costo dell’energia solare è crollato dell’85% in un decennio e gli investimenti nelle energie rinnovabili creano tre volte più posti di lavoro rispetto ai combustibili fossili». Un vero schiaffo al “vecchio mondo”, insomma. Puntellato dai dati dell’Iea-International Energy Agency, secondo cui il numero di posti di lavoro creati dalle rinnovabili ha toccato quota 13 milioni, con la previsione di salire a 27 milioni entro il 2030. Con uno zoom sull’Italia offerto dal Censis su incarico dell’Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro (Assosomm), che evidenzia come nei prossimi quattro anni i settori fotovoltaico ed eolico insieme offriranno oltre 150mila nuove opportunità nel Paese. «Investire nel solare ha un grande impatto non solo sugli equilibri ambientali, ma anche sociali ed economici: permette alle aziende di ridurre gli sprechi e abbattere i costi per l’approvvigionamento energetico, fungendo così da volano per l’occupazione. In questo spazio che si apre, le donne trovano un ruolo da grandi protagoniste», conclude Iudicone.

Al via un percorso per favorire l'ingresso delle donne nei Cda

Ordini professionali e associazioni di categoria manageriali insieme per valorizzare il ruolo delle donne in azienda. Women on board 2023 è il percorso formativo con la partnership di Unindustria Lazio, ideato nel 2022 da Manageritalia e Federmanager insieme a Aidp, Hub del Territorio ER per ridurre il divario di genere e favorire l’accesso delle donne alle posizioni di responsabilità nelle organizzazioni aziendali e nei consigli d’amministrazione. Solo nel Lazio sono oltre 200 le donne che hanno partecipano alla giornata di formazione che si è svolta in presenza e in modalità on line. È un percorso gratuito ideato per le donne ma aperto anche agli uomini e prevede 14 incontri formativi che si svolgono, tra maggio e ottobre 2023, sia in presenza che on line. Al termine del corso, previo superamento di una prova d’esame, è previsto il rilascio di un attestato e l’inserimento del proprio nominativo in un apposito elenco on line consultabile dalle imprese, società pubbliche e organizzazioni in cerca di professioniste per i propri organi di governance. Il progetto conta a livello nazionale circa 1.700 iscrizioni, tra cui un centinaio di uomini. In pole position l’Emilia-Romagna con il 35% dei partecipanti, seguono Lombardia con il 15%, e Lazio, Umbria, Sardegna con l’11%. Si tratta di manager, imprenditrici e professioniste dai 26 ai 70 anni, appartenenti a tutti i settori economici: terziario, industria, consulenza aziendale e libera professione.


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