mercoledì 15 novembre 2023
Il 76% delle aziende ha già adottato politiche di gestione della diversità non previste dalla legge. Numerose le buone pratiche d'inclusione
Resta difficile l'inserimento lavorativo dei disabili

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In Italia ci sono un milione di persone con disabilità disoccupate o in cerca del primo impiego, con probabilità assai scarse di trovare un posto in tempi ragionevoli. I Centri per l'impiego non riescono a realizzare più di 20-30mila inserimenti l’anno, a fronte di oltre 800mila iscritti alle categorie protette. Il risultato è che in Italia su 100 persone con disabilità tra i 15 e i 64 anni in grado di lavorare solo il 35,8% lo fa, contro una media del 57,8% per i normodotati (fonte Andel-Agenzia nazionale disabilità e lavoro). Mentre l’Istat sottolinea che «il welfare e il sistema di trasferimenti sociali finalizzati a compensare le minori capacità di reddito delle persone con disabilità svolgono un ruolo fondamentale, spesso costituendo una quota significativa del reddito familiare disponibile. Tuttavia, i trasferimenti non sono sufficienti a garantire a queste famiglie condizioni di vita analoghe al resto della popolazione, e ciò a causa dei costi aggiuntivi, di natura medica e sanitaria, indotti proprio dalla disabilità». A fronte di questa situazione estremamente critica, bisogna tuttavia riconoscere che, prima della pandemia, l’inserimento delle persone con disabilità era in lento, ma graduale miglioramento: i dati della IX Relazione di ministero del Lavoro e Inapp mostravano infatti una crescita, sia pur modesta, tanto delle iscrizioni all’elenco del collocamento mirato quanto delle assunzioni. Mentre di recente si è insediato il nuovo Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. Oggi la disabilità nei luoghi di lavoro non è più vissuta solo come un obbligo di legge e un dovere sociale, ma adottando gli accorgimenti e gli strumenti adeguati può rivelarsi un’occasione di crescita organizzativa per le imprese italiane. È quanto emerge dalla ricerca Persone con disabilità e lavoro: oltre le barriere - Dati e storie di inclusione lavorativa in Italia promossa da Fondazione Italiana Accenture Ets assieme ad Accenture. Attraverso una indagine quantitativa su 100 aziende italiane coinvolte, un’analisi qualitativa di tre casi aziendali (Google Italia, E-Work, IntesaSanpaolo) e una disamina delle buone pratiche di collaborazione imprese-enti del Terzo settore, la ricerca ha tracciato un quadro aggiornato e multidimensionale del fenomeno, caratterizzato da luci e ombre. La principale evidenza è il cambio d’opinione nei confronti della disabilità in azienda, spinto dalla prevalenza dei vantaggi percepiti rispetto alle difficoltà: benché persista il concetto di inclusione come obbligo di legge e dovere sociale, la disabilità non è più vissuta come un problema, ma con gli strumenti adeguati può rivelarsi un’occasione di crescita aziendale e di vantaggio competitivo. Dai dati raccolti emerge che il 76% delle aziende ha già adottato politiche di gestione della diversità non previste dalla legge, mentre il 22% dichiara di avere in programma di adottarle.

I pregiudizi sul posto di lavoro

Non tutti, però, si sentono a proprio agio all'interno della propria organizzazione: chi ha una disabilità o una condizione di salute che limita alcune attività fondamentali, spesso riporta livelli inferiori di inclusione sul posto di lavoro rispetto ai colleghi che non riportano disabilità o perfino rispetto ad altri gruppi al centro di iniziative DE&I. Dallo studio Your Workforce Includes People with Disabilities. Does Your People Strategy?, condotto da Bcg-Boston Consulting Group attraverso sondaggi su quasi 28mila dipendenti in 16 Paesi nel mondo, emerge infatti, che le persone a dichiarare una disabilità sul posto di lavoro sono circa il 25%, contrariamente da quanto dichiarato dalla maggior parte delle aziende, che riferiscono invece di avere pochi dipendenti con disabilità: dal 4% al 7% in media. I dati del report sono stati raccolti attraverso l'indice Bliss di Bcg (acronimo di Bias-Free, Leadership, Inclusion, Safety, and Support), che misura su una scala da 1 a 100 i quanto i dipendenti si sentano inclusi, fornendo una finestra quantitativa dentro la quale comprendere l'esperienza lavorativa dei dipendenti con disabilità (PwD). Le persone con disabilità riportano livelli inferiori di inclusione rispetto ai colleghi senza disabilità: il punteggio medio dell’indice Bliss è di tre punti inferiore per le persone con disabilità rispetto a quello delle persone senza disabilità o particolari condizioni di salute. Inoltre, le probabilità che questi abbiano sperimentato discriminazione nella propria organizzazione risultano maggiori di 1,5 volte. L'Italia risulta in linea con questi risultati, riportando 2,8 punti in meno nell’indice Bliss per le persone con disabilità, per le quali la probabilità di aver vissuto situazioni di discriminazione sale all'1,8%. Oltre alle differenze individuate, Bcg ha rilevato come le persone con disabilità abbiano un'esperienza lavorativa tendenzialmente più negativa: per chi presenta una disabilità, la probabilità di dichiararsi felici nel posto di lavoro scende di sei punti percentuali. Questi lavoratori, infatti, affermano che il lavoro abbia un impatto negativo sul proprio benessere mentale e fisico, e sulle relazioni con amici e familiari con maggiore frequenza (+15%). In Italia i dipendenti intervistati che riportano una disabilità o una condizione di salute cronica sono il 21%. Il 46% di questi dichiara di non aver rivelato la propria disabilità sul posto di lavoro per timore di discriminazioni e pregiudizi, mentre il 43% che ha avuto il coraggio di farlo, invece, afferma di aver subito discriminazioni.

Come promuovere una cultura inclusiva

Politiche e programmi incentrati sui dipendenti: queste generano un aumento del senso di inclusione. Se applicate in azienda, infatti, i dipendenti con disabilità riportano un punteggio nell’indice Bliss più alto, passando da 51 a 74 punti e superando anche il punteggio medio per i dipendenti senza condizioni cliniche particolari, che si attesta sui 65 punti.

Programmi di mentorship: migliorano il sentimento di inclusione per i dipendenti con disabilità, nonché il sentimento di felicità nel viversi il posto di lavoro. Infatti, secondo i dati il 77% dei lavoratori con un mentore dichiara di essere felice, contro il 57% che ne è sprovvisto.

Creare un ambiente accessibile per tutti: attrezzature e software su misura, insieme ad accordi di lavoro flessibile migliorano in modo significativo i risultati dell’indice Bliss. Nel caso in cui le richieste di attrezzature adatte vengano soddisfatte, i dati mostrano un aumento di ben 17 punti rispetto ai casi in cui tali misure vengano negate, con un miglioramento anche nel punteggio medio dell’indice, che si avvicina così a quello dei dipendenti senza disabilità, con una differenza di circa un punto.

Oppure puntare su strumenti digitali innovativi per aiutare le persone disabili nell’inserimento lavorativo come avviene in Veneto con il progetto Habilé. Rafforzare le alleanze tra mondo produttivo, non profit e istituzioni pubbliche, come accade in Piemonte con GoodJob, il primo maggio dell'inserimento lavorativo, per alzare il livello di attenzione sulle "diverse abilità". E ancora, promuovere la diffusione delle convenzioni ex art 14 che nel 2022 hanno generato 2mila occupati in Lombardia, 500 in Veneto, 600 in Emilia-Romagna. Queste le direttrici di sviluppo e inclusione di Confcooperative Federsolidarietà. «Le nostre proposte - spiega Stefano Granata, presidente di Confcooperative Federsolidarietà - hanno un unico filo conduttore che è quello dell’inclusione fatta di assistenza e cura, disegnata sui bisogni della persona, e dell’accesso al mondo del lavoro che va supportato con politiche attive e strumenti innovativi. La federazione, attraverso le imprese associate, agisce con forza nell'inclusione e autonomia delle persone, soprattutto soggetti fragili che rischiano di restare ai margini. Si tratta di processi abilitanti che mettono al centro la persona con l'obiettivo di farla diventare protagonista. E i numeri di questo impegno per l’inclusione ci spingono a proseguire su questa strada: le cooperative di tipo b creano posti di lavoro per 18.500 persone svantaggiate, di cui ben 10mila sono persone con disabilità. Inoltre, altri 10mila non considerati svantaggiati dalla legge 381, provengono da gravi situazioni di disagio». Confcooperative Federsolidarietà rappresenta le cooperative sociali sul piano istituzionale e le assiste sul piano sindacale, giuridico e legislativo, tecnico ed economico. Cura, la promozione di percorsi di innovazione sociale e il potenziamento degli enti associati anche attraverso un articolato e diffuso sistema consortile. Confcooperative Federsolidarietà associa 6.087 cooperative sociali (3.310 cooperative sociali di tipo A, 1.452 cooperative sociali di tipo B, 1.045 cooperative sociali miste, 198 consorzi tra cooperative sociali e 82 altri enti, tra cui imprese sociali, associazioni, fondazioni). È un sistema economico che genera un fatturato di 7,62 miliardi di euro all'anno, con 226.900 soci e oltre 245mila lavoratori.

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