mercoledì 1 giugno 2016
«C'è ma delude, ora fare di più». Bankitalia chiede investimenti e meno tasse sul lavoro. Debito pubblico, calo a rischio. Duro affondo sull'Europa (nella foto il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco).
 Crescita, la versione di Visco
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Il messaggio di fondo è in quelle otto parole: «Si deve, e si può, fare di più». Si alternano buone e cattive notizie nell’analisi di Ignazio Visco. Giunto alle quinte 'Considerazioni finali', dal suo fortino della Banca d’Italia il governatore continua a confrontarsi con un’economia nazionale che non vede grandi prospettive. Dice di scorgere «chiari segnali positivi» per l’Italia, soprattutto per la domanda interna, in un contesto internazionale che permane difficile, ma aggiunge pure che «la ripresa è ancora da consolidare» e che «sono deludenti le valutazioni» sul nostro potenziale di crescita. Per consolidare lo sviluppo Visco presenta quindi la sua ricetta: ci vogliono più investimenti pubblici «mirati» (anche nell’edilizia), più dosi di legalità (tema a lui da sempre caro, ritenuto la «condizione cruciale per lo sviluppo»), ancora meno tasse sul lavoro, misure di aiuto ai più poveri e una pubblica amministrazione sempre più efficiente. Interventi da adottare anche con una «programmazione su un orizzonte temporale più ampio», perché Via Nazionale non disconosce i problemi di sempre: margini di bilancio «limitati» e un debito pubblico che difficilmente calerà quest’anno (e qui Visco sembra concordare coi timori di Bruxelles), forse lo farà dal 2017. Non meno importante è il nodo della disoccupazione (rimane «alta» anche se «la domanda di lavoro cresce a un ritmo superiore alle attese di un anno fa»), la cui progressiva riduzione «è necessaria anche per riportare l’inflazione su valori in linea con la stabilità dei prezzi», garantendo così l’inversione di rotta rispetto all’attuale deflazione, altro fattore che frena la crescita. Il sentiero per una ripresa duratura va intrapreso anche considerando che, secondo l’analisi di Bankitalia, il modesto aumento del Pil nel 2015(+0,8%) è da ascrivere soprattutto alla Bce e agli effetti della sua politica monetaria, più che agli stimoli delle politiche governative, pur positive: dai tassi d’interesse e di cambio è venuto un contributo doppio, +0,6% contro lo 0,3, compensato poi in negativo dal -0,3% della domanda estera. Al di là dei problemi nazionali però, inaugurando la nuova era delle 'Considerazioni', non più pronunciate in concomitanza con l’assemblea di bilancio (che si è riunita invece il 28 aprile), il 'numero uno' di Bankitalia dedica un ampio capitolo alle responsabilità di un’Europa (ben 4 pagine, in un discorso tornato un po’ più lungo) vista sempre più dall’opinione pubblica «come parte del problema» e «sempre meno come la soluzione». A partire dalle crisi bancarie dove Visco torna a chiedere, come già al Forex di gennaio, una revisione del bail-inentro il 2018. Il suo ragionamento è incalzante: l’eurozona «resiste da tempo a formidabili tensioni» e il cammino verso una maggior Unione è «disomogeneo: rapide limitazioni alle leve nazionali, ritardo nella pie- na condivisione» di strumenti condivisi, come il sistema di garanzia dei depositi bancari. Nel criticare di nuovo «l’interpretazione rigida» delle norme sugli aiuti di Stato che hanno impedito i salvataggi delle banche tricolori in difficoltà, Visco sottolinea la «situazione di vulnerabilità» prodotta dalle opportunistiche decisioni di Bruxelles, orientate più al singolo Stato (o caso) che a una visione di sistema. La costruzione europea, insomma, «è irregolare, incompleta, oggi ogni progresso si rivela più difficile». Per questo si invoca un comune «salto di qualità », anche per non erigere barriere dannose che ostacolino l’Unione. Sulla scia del monito lanciato qualche giorno fa dal Fondo monetario, l’inquilino di Palazzo Koch ricorda che «l’attività economica rimane lontana dai livelli precedenti la crisi». In soccorso della crea- zione di maggiori risorse da 'pompare' nell’economia dovrebbero venire uno stretto controllo dei conti pubblici e la realizzazione del programma di privatizzazioni. Perché l’obiettivo di alzare la crescita «è imprescindibile» e il tasso di crescita potenziale «non è un dato immutabile, può essere stimolato». Nella sua descrizione di uno scenario in chiaro scuro Visco cita poi i passi avanti del Mezzogiorno, ricordando che però «i divari rispetto al Paese hanno continuato ad ampliarsi». Quanto alle critiche sui danni prodotti (anche di fiducia) dagli istituti bancari finiti in crisi, il governatore ammette in parte l’esistenza di un problema vigilanza, ma anche i limiti di azione per contrastarli: «Anomalie e irregolarità » delle banche «emergono o trovano conferma a seguito» di ispezioni di Bankitalia, ma queste sono «talvolta abilmente celate» e scovarle a volte «non è immediato». Il governatore non lo dice, ma il pensiero corre a episodi come il contratto di derivati di Mps nascosto in una cassaforte. E alla fine della relazione, in un passaggio 'a braccio' Visco sembra voler rispondere a quanti vorrebbero elementi in più e rimanda a quanto già detto nelle audizioni in Parlamento. E limita la difesa dell’operato della Vigilanza al solo aver «preservato la continuità operativa delle quattro banche» che verranno cedute entro luglio, ricordando che essa «non può sostituirsi sistematicamente nelle scelte gestionali» operate dagli amministratori direttamente responsabili.
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