venerdì 4 ottobre 2013
Gli abusi concentrati nelle collaborazioni. ll sindacato punta a rappresentare i professionisti con un piano di 10 proposte su contratti, fisco e welfare​
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​Rappresentanza e diritti, contrattazione e tutele. La valorizzazione dei professionisti passa da queste due strade, più che da nuove strette legislative. Anche per la Cgil che, con la seconda conferenza della Consulta dedicata a questo segmento di lavoro non dipendente, propone una sorta di decalogo per l’azione sindacale.La fotografia del mondo del lavoro professionale – costituito da 4,3 milioni di persone tra autonomi e parasubordinati – svela anzitutto che non si tratta, se non marginalmente, di "lavoro dipendente mascherato". La monocommittenza, infatti, di per sé non è un indice di abuso e le cosiddette "false partita Iva" rappresentano appena il 10% su 3,3 milioni di professionisti. È invece fra i 962mila parasubordinati, come collaboratori occasionali e a progetto, che si annida in realtà l’abuso e lo sfruttamento, con medie fra la metà e l’80% dei casi. Per il sindacato significa cambiare prospettiva, puntare decisamente sulla rappresentanza delle istanze di questo mondo anziché focalizzarsi solo sulla repressione. Anche perché di una contrattazione forte i professionisti hanno decisamente bisogno se si considera che possono contare su un reddito medio netto di appena 9.041 euro l’anno (18.836 lordi), con differenze di 6mila euro a danno delle donne. In più, mentre stanno per subire un nuovo incremento delle aliquote previdenziali, hanno visto sparire 208mila contratti di collaborazione nel quinquennio 2007-2011 e ben 132mila solo tra l’ultimo trimestre 2012 e il primo del 2013 per effetto della riforma Fornero, senza poter godere di alcun ammortizzatore sociale.Di qui l’esigenza di incrementare le tutele per professionisti e collaboratori con una strategia in 10 punti, a partire da una «contrattazione collettiva inclusiva» che veda questi lavoratori inseriti a pieno titolo negli accordi nazionali di categoria per quanto concerne i diritti, i compensi riferiti ai "colleghi" subordinati di pari professionalità e le modalità d’impiego. Sulla previdenza, secondo la Cgil per poter «procedere ad allineare la contribuzione per le partite Iva a quella degli altri lavoratori Inps» occorre che siano introdotti «compensi minimi equi per evitare, come già avviene, di scaricare unicamente sui lavoratori tutto il costo previdenziale»; una «rivalsa obbligatoria che renda effettivi i contributi versati dal committente» e «una equità delle prestazioni rispetto agli altri lavoratori».Ovviamente, le «tutele sociali universali, come indennità di malattia, maternità e congedi parentali, vanno rese effettive», mentre per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, occorre che «i collaboratori a progetto possano usufruire della "Mini Aspi" allargando la contribuzione per la disoccupazione involontaria ai loro committenti». Ancora, si chiede che sia affidato alla contrattazione collettiva il compito di individuare tempi di applicazione e modalità attuative della riforma Fornero, mentre al governo si sollecita un impegno per «l’equità retributiva di tutti i lavoratori». Infine, oltre ad alcune richieste più tecniche, la Cgil propone di «ripristinare il regime dei contribuenti minimi introdotto dal governo Prodi e ridotto fortemente da Tremonti».
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