venerdì 6 dicembre 2019
Italiani preoccupati anche per l'incertezza del lavoro che non c'è (44%). Treu (Cnel): l'occupazione sarà sempre più cognitiva, investire in formazione
Pochi laureati, abbandoni e bassi livelli di competenze
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Pochi laureati, frequenti abbandoni scolastici, bassi livelli di competenze tra i giovani e gli adulti: sono queste le criticità del sistema educativo italiano messe in evidenza nel 53esimo Rapporto Censis da cui emerge che il 52,1% dei 60-64enni si è fermato alla licenza media (a fronte del 31,6% medio nell'Unione Europea). Ma anche tra i 25-39enni il 26,4% non ha conseguito un titolo di studio superiore (contro il 16,3% medio della Ue). E ancora, il Rapporto Censis denuncia che il 14,5% dei 18-24enni (quasi 600mila persone) non possiede né il diploma, né la qualifica e non frequenta percorsi formativi. Nel 2018 ha partecipato ad attività di apprendimento permanente solo l'8,1% della popolazione 25-64enne (appena il 2% di chi possiede al massimo la licenza media). L'insufficiente comprensione della lingua inglese parlata riguarda il 64,3% degli studenti dell'ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado. Il 68% degli adulti non possiede sufficienti conoscenze finanziarie di base.

Inoltre l'incertezza per il lavoro che non c'è preoccupa il 44% degli italiani, «il doppio rispetto all'immigrazione (22%), più di tre volte rispetto al tema delle pensioni (12%), cinque volte di più della criminalità (9%) e delle questioni ambientali e climatiche (8%). E la disoccupazione è avvertita come il problema principale da mettere in agenda da tutta la popolazione, ma con più forza dai giovani tra i 15 e i 24 anni (in questo caso si arriva al 50%)».
«Il Rapporto Censis conferma che il lavoro è la prima preoccupazione degli italiani. Non sappiamo se l'automazione ridurrà l'occupazione, sappiamo però che il lavoro del futuro sarà sempre più cognitivo. E noi non stiamo facendo la cosa necessaria: investire sulla formazione - ha detto Tiziano Treu, presidente del Cnel -. Il lavoro del futuro richiederà una serie di competenze specialistiche maggiori rispetto al passato. La grande preoccupazione è per il welfare. Di fronte alle grandi trasformazioni che stanno investendo il mondo del lavoro e in prospettiva futura bisogna ipotizzare un sistema previdenziale adeguato. Le soluzioni che adottiamo oggi non sono all'altezza dei problemi che investono attualmente il lavoro e del modo in cui si sta sviluppando il nuovo sistema».


Intanto il settore del turismo in Italia continua a rivestire il ruolo di grande contenitore dell'occupazione e di volano fondamentale per l'economia. E cresce anche il comparto dell'Ict. È quanto emerge dal Rapporto Censis. Secondo il Rapporto tra il 2017 e il 2018, infatti, il contributo diretto del settore turistico al Pil è aumentato dell'1,9%, con un valore economico di poco meno di 96 miliardi di euro. Il contributo diretto in termini di occupazione sfiorava il milione e mezzo di addetti nel 2017 e per il 2018 si stima un incremento dell'1,3% (circa 20mila in più). Considerando oltre al contributo diretto anche gli impatti indiretti e indotti (investimenti del settore, spesa pubblica per promozione, marketing, servizi di sicurezza e sanitari, spesa diretta e indiretta del personale dedicato alle attività di viaggio e turismo), il valore economico del turismo in Italia raggiunge i 213 miliardi di euro nel 2017, pari al 13% del Pil. Secondo le stime, supera i 227 miliardi di euro nel 2018, con una crescita dell'1,8%. L'incremento dell'occupazione è dell'1,4% e il perimetro allargato del turismo include oggi 3.443.000 occupati. E rosee sono le previsioni per il futuro, a parere del Censis. Secondo le proiezioni a dieci anni del valore economico e dell'occupazione, nel 2028, con un tasso di crescita medio annuo dell'1,9%, il contributo diretto potrebbe infatti raggiungere i 116 miliardi di euro, con poco meno di 1.800.000 occupati. Se si aggiungono gli impatti indiretti e indotti, si arriverà a 267 miliardi di euro e a una occupazione di quasi quasi milioni di addetti.

Ma la crescita dell'occupazione italiana non è trainata solo dal turismo. Il settore Ict in Italia, infatti, spiega il Censis, ha raggiunto nel 2018 i 62 miliardi di euro di valore aggiunto, con un incremento rispetto al 2016 di 3,6 miliardi di euro. Il 91,7% del valore aggiunto ha origine nelle attività dei servizi, di cui la parte prevalente (il 55,7%) riguarda attività di programmazione, consulenza, data processing, portali web. Si riduce invece la capacità di creare valore delle telecomunicazioni, che perdono 1,2 miliardi di euro in due anni. Tra il 2016 e il 2018 il settore Ict ha aumentato la base occupazionale di 31.000 addetti (+4,8%). In totale il settore occupa oggi 677mila persone. Anche in questo caso sono le attività di servizio legate alla programmazione e alla consulenza a segnare il risultato più importante, con un aumento del 7,4% nei due anni, cioè 32mila addetti aggiuntivi. Nello stesso periodo le telecomunicazioni hanno subito invece un ridimensionamento di circa 800 addetti. Nel 2018 il 56,4% delle imprese italiane ha dichiarato di aver effettuato investimenti per adottare sistemi di sicurezza informatica: valori più alti tra le imprese manifatturiere (58,8%) e tra le imprese
a maggiore dimensione, con almeno 500 dipendenti (86,6%).





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