sabato 18 novembre 2023
La Cgia suggerisce l'applicazione della contrattazione di II livello, il taglio dell'Irpef e il rinnovo dei contratti entro la scadenza. AppLavoro.it conferma le differenze tra stipendi
Il particolare di una busta paga

Il particolare di una busta paga - Archivio

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Nel 2021 la retribuzione annua lorda media di un dipendente del settore privato ammontava a 21.868 euro. Con enormi differenze territoriali. Se i lavoratori nella Città metropolitana di Milano percepivano 31.202 euro, a Palermo invece ne ricevevano 16.349 euro. Praticamente una differenza del 90%. Tuttavia, nel confronto con Vibo Valentia, ultima nel Paese per retribuzione media lorda annua (11.823 euro), il salario del dipendente meneghino era addirittura superiore del 164%. Gli aspetti emersi dall’elaborazione eseguita dall’Ufficio studi della Cgia su dati Inps ripropongono una vecchia questione: gli squilibri retributivi presenti tra le diverse aree del nostro Paese, come per esempio tra Nord e Sud, ma anche tra le aree urbane e quelle rurali. Questione che le parti sociali hanno tentato di risolvere, dopo l’abolizione delle cosiddette gabbie salariali avvenuta nei primi anni ’70 del secolo scorso, attraverso l’impiego del Ccnl-Contratto collettivo nazionale del lavoro. L’applicazione, però, ha prodotto solo in parte gli effetti sperati. Le disuguaglianze salariali tra le ripartizioni geografiche sono rimaste perché nel settore privato le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie che - tendenzialmente riconoscono ai propri dipendenti stipendi molto più elevati della media - sono ubicate prevalentemente nelle aree metropolitane del Nord. Le tipologie di aziende appena richiamate, infatti, dispongono di una quota di personale con qualifiche professionali sul totale molto elevata (manager, dirigenti, quadri, tecnici eccetera), con livelli di istruzione alti a cui va corrisposto uno stipendio importante. Infine, non va nemmeno scordato che il lavoro irregolare è diffuso soprattutto nel Mezzogiorno e da sempre questa piaga sociale ed economica provoca un abbassamento dei salari contrattualizzati dei settori (agricoltura, servizi alla persona, commercio eccetera) ubicati nelle aree interessate da questo fenomeno.
Tuttavia, se invece di comparare il dato medio tra aree geografiche diverse lo facciamo tra lavoratori dello stesso settore, le differenze territoriali si riducono e mediamente sono addirittura più contenute di quelle presenti in altri Paesi europei. Pertanto, possiamo dire che in Italia le disuguaglianze salariali a livello geografico sono importanti, ma grazie a un preponderante ricorso alla contrattazione centralizzata, abbiamo differenziali più contenuti rispetto agli altri Paesi. Per contro, la scarsa diffusione in Italia della contrattazione decentrata - istituto molto diffuso in Germania - non consente ai salari reali di rimanere agganciati all’andamento dell’inflazione, al costo delle abitazioni e ai livelli di produttività locale, facendoci scontare anche dei gap retributivi medi con gli altri paesi molto importanti. Come ha avuto modo di segnalare anche il Cnel, il problema dei lavoratori poveri non parrebbe riconducibile ai minimi tabellari troppo bassi, ma al fatto che durante l’anno queste persone lavorano un numero di giornate molto contenuto. Pertanto, più che a istituire un minimo salariale per legge andrebbe contrastato l’abuso di alcuni contratti a tempo ridotto. Per innalzare gli stipendi dei lavoratori dipendenti, in particolar modo di quelli con qualifiche professionali minori - secondo l'Ufficio studi della Cgia - bisognerebbe continuare nel taglio dell’Irpef e diffondere maggiormente la contrattazione decentrata. Avendo una delle percentuali relative al numero di lavoratori coperto dalla contrattazione collettiva nazionale tra le più alte a livello europeo (95% del totale dei lavoratori dipendenti), si dovrebbe “spingere” per diffondere ulteriormente anche la contrattazione di II livello, premiando, in particolar modo, la decontribuzione e il raggiungimento di obbiettivi di produttività, anche ricorrendo ad accordi diretti tra gli imprenditori e i propri dipendenti. Entro il 15 giugno scorso erano presenti presso il ministero del Lavoro 10.568 contratti attivi di II livello, di cui 9.532 di natura aziendale e 1.036 territoriali. In relazione alla dimensione aziendale, il 43% era stato sottoscritto nelle realtà aziendali con meno di 50 addetti, il 41% in quelle con più di 100 e il 16% in quelle con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 99. Dei 10.568 contratti attivi, il 72% è stato sottoscritto al Nord, il 18% al Centro e il 10% al Sud. Lombardia (3.218), Emilia Romagna (1.362) e Veneto (1.081) sono le regioni che presentano il numero più elevato. A livello nazionale sono coinvolti 3,3 milioni di dipendenti (il 20% circa del totale nazionale), di cui 2,1 da contratti aziendali e 1,1 da contratti territoriali. Oltre ad estendere l’applicazione della contrattazione decentrata, l’Ufficio studi della Cgia ritiene che per appesantire le buste paga sarebbe necessario rispettare le scadenze entro le quali rinnovare i contratti di lavoro. Al netto del settore dell’agricoltura, del lavoro domestico e di alcune questioni di natura tecnica, al 1° settembre scorso il 54% dei lavoratori dipendenti del settore privato aveva il contratto scaduto. Stiamo parlando di quasi 7,5 milioni di dipendenti su un totale che sfiora i 14 milioni.

Le commesse di Padova, le meglio pagate d'Italia

Se siete donne in cerca di lavoro e amate il contatto col pubblico, mostrare prodotti vari, capi d’abbigliamento o souvenir ai clienti, sappiate che Padova è la città che fa per voi. In controtendenza rispetto agli altri comuni italiani, gli esercizi commerciali della città veneta retribuiscono le donne più degli uomini, quando si tratta di addette alle vendite: lo stipendio-base è di circa 1.197 euro al mese, seguite dalle colleghe di Firenze. Il capoluogo toscano, inoltre, riserva un miglior trattamento alle lavoratrici, rispetto ai colleghi maschi, quando si tratta di colf, impiegate, operatrici sociosanitarie e receptionist. È quanto rivela uno studio condotto da AppLavoro.it , sulla base dei dati che il portale per la ricerca e l’offerta occupazionale ha raccolto ed elaborato per il 2023. Le statistiche, in particolare, si riferiscono a un arco di tempo compreso tra il 1° gennaio e il 25 ottobre e prendono in esame la media degli stipendi in 11 province italiane: Torino, Milano, Padova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Bari, Palermo e Cagliari. Lo studio evidenzia inoltre che esistano ancora delle disparità nel trattamento economico dei lavoratori, con le donne che guadagnano meno degli uomini. La professione meglio retribuita è quella dell’autotrasportatore (anche a motivo della pesantezza del lavoro svolto), ma nella sola città di Bologna, dove lo stipendio medio, per gli uomini è di 1.885 euro e, per le donne di 1.500. Le operaie e gli operai specializzati, possono dirsi i più “ricchi” d’Italia, visto che il loro stipendio si aggira mediamente ai 1.500 euro in quasi tutte le città considerate, ma le donne percepiscono trecento euro in meno dei colleghi maschi. Colf e addetti alle pulizie hanno stipendi al di sotto dei mille euro in città come Milano, ma scendono fino a 600 a Cagliari. Circa 800 euro guadagnano le segretarie a Napoli e a Palermo. I camerieri meglio retribuiti lavorano invece a Roma, Bologna e Firenze. Bari è una città che tratta bene gli operai specializzati ma non gli chef e i segretari, i quali hanno gli stipendi più bassi d’Italia. Anche gli operatori dei call center guadagnano meno di mille euro al mese, ma a Torino guadagnano più della media nazionale.
Chi lavora come receptionist, percepisce uno stipendio variabile per livello e mansioni, ma la ricerca ha evidenziato che, a Reggio Calabria, un addetto alla reception percepisce mediamente 903 euro e la sua collega di sesso femminile poco più 600. Le segretarie di Padova guadagnano circa 1.200 euro al mese; le colleghe di Palermo poco più di 700. Due città del Sud, come Cagliari e Palermo, hanno comunque un primato: in questi capoluoghi italiani, gli operatori sociosanitari guadagnano circa 1.300 euro al mese, in un buon rapporto tra compenso/ore di lavoro, ma le retribuzioni degli uomini raggiungono i 1.400 euro, quelle delle donne si fermano a 1.200. Solo a Firenze la tendenza è invertita: nel capoluogo toscano sono le assistenti alla persona donne a guadagnare più degli uomini.



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