giovedì 11 agosto 2016
​Promosso da Novartis e Fondazione Cariplo assieme al PoliHub di Milano e Humanitas ha già aiutato lo sviluppo di molte imprese che lavorano in campo biomedico.
L'acceleratore italiano delle start up per la vita
COMMENTA E CONDIVIDI
Una bambina di sei anni che è riuscita a comunicare per la prima volta con suo padre, affetto da sclerosi laterale amiotrofica. È stato questo uno dei momenti più emozionanti vissuti da Pasquale Fedele, l’ingegnere senese che ha dato vita a BrainControl, un dispositivo che consente a pazienti con disabilità fisiche e di comunicazione di controllare, con il pensiero, tecnologie assistive quali comunicatori, carrozzine elettroniche e dispositivi domotici. Una soluzione rivoluzionaria per chi soffre di patologie come Sla, lesioni cerebrali traumatiche o ischemiche, perché  permette loro di comunicare con gli altri e l’universo circostante. «Dopo alcuni anni di ricerca, l’idea si è concretizzata il giorno in cui mi sono ritrovato per la prima volta con una persona completamente paralizzata, anche nel movimento degli occhi e delle palpebre ovvero in stato di locked-in. Dopo un’ora e mezza di training ha cominciato a rispondere alle mie domande senza alcuna esitazione. In particolare quando gli ho chiesto se poteva vedere ha risposto "sì". In quell’istante ho capito le enormi potenzialità di BrainControl».Ci ha poi pensato BioUpper a far fare a questa rivoluzionaria ideazione il salto di qualità, mettendo in contatto Pasquale Fedele con importanti investitori e soprattutto con le aziende del settore medicale, «per noi startupper fondamentali in quanto abbiamo bisogno di partners già presenti sul mercato che devono però accorgersi dell’importanza della nostra creazione». BrainControl è soltanto una delle tante start up lanciate dal progetto BioUpper, promosso da Novartis Italia e Fondazione Cariplo e realizzato in collaborazione con PoliHub (l’incubatore della Fondazione Politecnico di Milano) e il gruppo ospedaliero Humanitas. BioUpper è la prima piattaforma italiana di training e accelerazione, che sostiene le nuove idee d’impresa nel campo delle scienze della vita e il suo obiettivo è premiare le migliori idee per convertire le eccellenze italiane in iniziative imprenditoriali concrete. Dopo il successo della prima edizione, con  120 gruppi di lavoro a cimentarsi nell’idea di una start up (di questi, circa 20 sono stati selezionati per sviluppare la loro idea e dopo un articolato percorso di formazione, tre team hanno vinto il premio di 50.000 euro ciascuno), BioUpper si prepara a replicare il successo lanciando la seconda edizione, per partecipare alla quale è necessario presentare il proprio progetto d’impresa entro il 30 settembre (www.bioupper.com). Anche quest’anno gli ambiti di applicazione sono le biotecnologie orientate alle scienze mediche, gli strumenti digitali al servizio della salute e i dispositivi medicali e servizi orientati al paziente o alla sanità. Invenzioni e innovazione per varcare nuove frontiere della scienza medica, grazie a un uso sempre più sofisticato della tecnologia. Ne sono esempio le tre start up vincitrici della edizione 2015. Come Evarplanning, un sistema computerizzato destinato agli specialisti della protesi dell’aorta che va a sostituire un lavoro che finora è sempre stato manuale, quindi più soggetto a errori. A idearlo è stato il dottor Paolo Spada (chirurgo vascolare alla Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano), ora seguito da molti colleghi. Sono oltre mille i medici e chirurghi iscritti al suo sito e i Paesi che, oltre all’Italia, richiedono di più questa applicazione Stati Uniti e Brasile. C’è poi il progetto Wrap della professoressa Lisa Elviri, sviluppato nei laboratori di tecnologia farmaceutica dell’Università di Parma, sfruttando la tecnologia del 3D printing per ottenere un cerotto che fosse più efficace di quelli tradizionali, favorendo la rigenerazione tissutale e riducendo i tempi di guarigione di ferite croniche (piaghe da diabete, lesioni croniche, piaghe da decubito, ustioni). Tra i tre vincitori del primo BioUpper c’è infine Panoxyvir, uno spray nasale in grado di curare il raffreddore attraverso l’uso di ossisteroli attivi, molecole fisiologiche derivate dall’ossidazione enzimatica del colesterolo. Messo a punto da un team di ricercatori di Orbassano (Torino), Panoxyvir trae le sue origini da un’antica leggenda. Si narra infatti che sant’Antonio Abate (il Santo sempre raffigurato in compagnia di un maialino) curasse una malattia virale, il fuoco di Sant’Antonio appunto, spalmando sulle lesioni il grasso di maiale, una sostanza ricca di colesterolo e di suoi derivati ossidati: gli ossisteroli. Non da meno, per potenziale innovativo e contributo alla scienza medica, le altre start up finaliste. Come Beating heart on a chip, che consiste in un dispositivo in grado di generare microtessuti cardiaci umani per la sperimentazione di farmaci ovvero la riproduzione di un cuore umano in un chip, attraverso il quale monitorare l’effetto dei medicinali sul nostro muscolo cardiaco. Oppure Fluo Magneto, un dispositivo per il trasporto e il rilascio controllato di farmaci chemioterapici (una tecnica che, in futuro, potrebbe addirittura sostituire la chemioterapia tradizionale). O Siena Imaging, un servizio di analisi centralizzata di immagini di risonanza magnetica cerebrale che offre a neurologi e neuroradiologi accurati indici di danno cerebrale, sia diffuso che focale. Notevole anche il progetto One4Two: un team tutto al femminile ha ideato un kit per ridurre i tempi della diagnosi dell’infertilità (5 giorni anziché 2 mesi e mezzo). Così come Math2Ward, una piattaforma client-server di supporto al medico per la gestione di aneurismi addominali aortici.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: