martedì 7 giugno 2016
​Nelle nuove proiezioni ridotta l'aspettativa di occupazione, che comunque da qui al 2018 dovrebbe aumentare del 2%.
Anche Bankitalia vede la frenata della ripresa

MASSIMO PERCOSSI

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Meno crescita del previsto, ma anche meno disoccupazione. Mentre l’inflazione resterà a zero. Sono le proiezioni della Banca d’Italia per il triennio 2016-2018. Soltanto lo scorso gennaio il Prodotto interno lordo era stimato all’1,5% mentre ora il tasso di crescita viene dato da Via Nazionale a 1,1%. Un taglio di ben quattro decimi di punto percentuale per quanto riguarda quest’anno, mentre per il 2017 (e il 2018) il Pil stimato è 1,2%: 0,2 in meno della previsione fatta sei mesi fa (1,4%) per quanto riguarda l’anno prossimo. Un riallineamento delle stime in linea con quelle del governo (+1,2% quest’anno) e della Commissione Ue (+1,1%), dovute al rallentamento internazionale che si sta già facendo sentire. Così, l’accelerazione prevista rispetto al 2015 vedrà una leggera ma sensibile frenata già a partire da quest’anno. In ogni caso, per Bankitalia, a sostenere la crescita continuerebbero a essere le condizioni monetarie ampiamente espansive, l’orientamento della politica fiscale e il permanere del prezzo del petrolio su bassi livelli. Un quadro in cui la crescita dell’economia italiana «sarebbe sospinta soprattutto dalla domanda interna» che, nel triennio 2016-2018, vedrebbe «un’accelerazione dei consumi, favorita dal progressivo miglioramento delle condizioni sul mercato del lavoro, e dalla ripresa degli investimenti, che beneficerebbe di condizioni finanziarie favorevoli». Nello specifico, per l’anno in corso, la crescita sarebbe inoltre frutto «degli incentivi alla spesa in beni strumentali introdotti nell’ultima legge di stabilità ». Ma su questo ipotetico scenario, secondo le proiezioni di Palazzo Koch, gravano non pochi «fattori di incertezza di natura globale ». A partire dalla «prosecuzione della fase di debolezza delle economie emergenti» e da una «ripresa meno intensa di quelle avanzate » che potrebbero «frenare gli scambi internazionali più a lungo di quanto qui prefigurato». A questo si aggiungerebbe «un aggravamento delle tensioni geopolitiche» che potrebbe tradursi in un «aumento della volatilità dei mercati finanziari e dei premi per il rischio». La frenata del commercio mondiale potrebbe infatti essere più lunga del previsto e gli effetti più duraturi e profondi di quanto prevedibile fino a poco tempo fa. Il contraltare è però rappresentato proprio dalla domanda interna che dovrebbe sostenere positivamente l’economia, anche grazie alla politica del governo, a partire dai superammortamenti e dagli altri interventi prociclici messi in campo con la legge di stabilità. Tra cui le politiche per il lavoro che, secondo Bankitalia, sosterranno quest’anno e nei prossimi anche l’occupazione. Buone notizie infatti, a livello previsionale, vengono proprio sul fronte del lavoro. In cifre, si stima che l’occupazione totale aumenti di circa il 2% nel periodo 2016-2018 (di quasi il 2,5% nel settore privato), mentre il tasso di disoccupazione scenderebbe gradualmente, portandosi al 10,8% nel 2018 (-1% rispetto al 2015). Meno bene invece l’inflazione. Prima del 2017 l’indice non tornerà positivo: nel 2016 resterà in media d’anno ancora pari a zero. Il governo può però consolarsi con le entrate fiscali. Nonostante la frenata di aprile, nei primi quattro mesi dell’anno il gettito resta positivo, salendo – con +1,7% – a quasi 122 miliardi di euro.
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