lunedì 16 maggio 2011
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I vescovi svizzeri sono sempre stati contrari al suicidio assistito e organizzato e all’indomani del referendum che si è svolto nel Catone di Zurigo, ribadiscono il loro no all’eutanasia riproponendo oggi il loro dossier sulle cure palliative redatto dalla Commissione per la pastorale sanitaria di Zurigo. Raggiunto telefonicamente dal Sir, il portavoce della Conferenza episcopale svizzera Walter Müller conferma “l’importanza di questa votazione perché – dice - è l’espressione chiara di un’opinione pubblica largamente a favore dell’aiuto al suicidio nel Cantone di Zurigo, che è il cantone più popolato della Svizzera”. Ed aggiunge: “i vescovi svizzeri hanno affermato da sempre di essere per l’interdizione dell’aiuto al suicidio assistito che è portato avanti da organizzazioni che operano veri e propri suicidi”. In un comunicato del 2008, i vescovi già esprimevano la loro preoccupazione per la tendenza da parte di queste organizzazioni di “assistenza” al suicidio di guadagnarsi presso l’opinione pubblica cerchie di favore “sempre più allargate”. Ciò che però oggi sta a cuore all’episcopato svizzero – dice Walter Muller - è il progetto di legge in materia che dovrà essere discusso in autunno a livella confederale.Il portavoce dei vescovi svizzeri rilancia la “presa di posizione” della Commissione bioetica della Conferenza episcopale diffusa qualche giorno fa in vista del referendum del 15 maggio di Zurigo in cui i vescovi spiegano che il no al suicidio assistito “può essere condiviso da tutti” perché si fonda su una convinzione “razionale e umanistica”. Ed aggiungono: “è un’illusione pensare di poter escludere la sofferenza e la morte dalla vita”. “In realtà – prosegue l’episcopato svizzero – l’assistenza al suicidio non è un aiuto. Contraddice il dovere fondamentale della protezione do ogni vita umana. E’ falso pensare che si possa e si debba rispondere alla domanda di suicidio espresso da una persona. Il desiderio di morte non corrisponde che raramente ad una decisione presa liberamente. Essa è invece sempre sottomessa alla pressione delle circostanze: la sofferenze, il sentimento della perdita di senso e dalla paura di essere un peso per i parenti”. A questo proposito i vescovi ritengono “essenziale” credere che “la compassione verso una persona sofferente non risiede nell’omicidio ma nel prendersi cura” e che questo compito non può essere lasciato unicamente al personale medico. Da qui, il forte appello dell’episcopato svizzero (lanciato addirittura nel 2008) affinché lo Stato “si impegni più fermamente alla promozione delle cure palliative".
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