martedì 25 ottobre 2011
Sulla scorta delle indicazioni del Magistero e delle ultime encicliche, il Pontificio consiglio Giustizia e Pace ha redatto un documento profetico in cui si chiede la costituzione di un nuovo organismo pubblico. «In gioco il bene comune dell’umanità, fermiamo l’egoismo, la cupidigia collettiva e gli accaparramenti su grande scala».
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Non c’è alternativa. Per la Santa Sede «la costituzione di un’Autorità pubblica mondiale, al servizio del bene comune» è oggi, nel pieno di una crisi di cui non si vede la fine, «l’unico orizzonte compatibile con le nuove realtà del nostro tempo». Nasce da qui la nota del pontificio consiglio Giustizia e Pace Per una riforma del sistema finanziario internazionale nella prospettiva di un’Autorità pubblica a competenza universale, pubblicata ieri, con la quale si vuole offrire «un contributo ai responsabili della terra e a tutti gli uomini di buona volontà» di fronte a una situazione economica e finanziaria che «ha rivelato comportamenti di egoismo, di cupidigia collettiva e di accaparramento di beni su grande scala». Perché, in gioco, c’è «il bene comune dell’umanità e il futuro stesso», quando oltre un miliardo di persone vivono con poco più di un dollaro al giorno, e sono «aumentate enormemente le disuguaglianze» nel mondo, «generando tensioni e imponenti movimenti migratori».È un documento per molti versi impressionante, quello diffuso ieri dal Vaticano. Radicato nell’humus di ormai quasi mezzo secolo di magistero sociale – dalla Pacem in Terris in avanti – mette in evidenza la lucidità degli insistiti allarmi, ammonimenti, indicazioni che negli ultimi vent’anni papa Wojtyla e Benedetto XVI hanno continuato a sollevare circa i rischi di uno scollamento, in nome del profitto fine a se stesso, tra economia e finanza. Deriva preconizzata in innumerevoli occasioni, dal discorso di Giovanni Paolo II del maggio 1990 a Durango, davanti agli imprenditori messicani, a quello di papa Ratzinger al Reichstag, a Berlino, di appena un mese fa, passando attraverso Encicliche e tantissimi discorsi anche estemporanei (come quello di agosto, ancora di Benedetto XVI, sul volo per Madrid), che l’attuale crisi ha portato brutalmente in primo piano. E che oggi porta la Santa Sede a chiedere una «riforma del sistema finanziario e monetario internazionale», «una autorità pubblica universale» che governi la finanza, un «multilateralismo» non solo in diplomazia ma per «sviluppo sostenibile e pace», ammonendo sull’ultimo rischio alle porte: una generazione di «tecnocrati" che ignori il bene comune».Documento per molti versi fuori dagli schemi soliti, a partire dalla indicazione di affidare a quella "autorità pubblica mondiale" una chiara «potestà di decidere con metodo democratico e sanzionare sulla base del diritto». In tal modo, ha spiegato presentando il documento il cardinale presidente del pontificio Consiglio Giustizia e Pace, Peter Kodwo Appiah Turkson, «l’autorità dovrà avere il fine specifico del bene comune e dovrà lavorare ed essere strutturata non come ulteriore leva di potestà dei più forti sui più deboli. In questo senso, essa dovrà svolgere quel ruolo super partes che, dal primato del diritto della persona, favorisca lo sviluppo integrale dell’intera comunità umana, intesa come "comunità delle nazioni"».Da questo punto di vista, per il porporato, la nota è un contributo al «discernimento» che «può essere utile per le deliberazioni del G20», in programma in Francia il prossimo novembre, a Cannes. E, ha aggiunto il segretario del dicastero, monsignor Mario Toso, c’è un evidente auspicio per «un netto salto di qualità rispetto alle istituzioni e ai fora informali esistenti», per innovare «rispetto ad esse, all’Onu, alle fallimentari istituzioni di Bretton Woods, al G8 o al G20», il quale ultimo «è una soluzione ancora insoddisfacente e inadeguata», perché «non è parte dell’Onu ed è sempre un forum informale e limitato, che mostra di perdere efficacia più viene ampliato», e va quindi «superato», appunto, con l’istituzione di «un’autorità pubblica a competenza universale». E, ha detto ancora, «sì dà il caso che le nostre proposte appaiono in linea con quelle degli indignados, ma più che altro sono in linea con il precedente magistero».«Se non si pone un rimedio», si legge nella nota, alle ingiustizie che affliggono il mondo, «gli effetti negativi che ne deriveranno sul piano sociale, politico ed economico saranno destinati a generare un clima di crescente ostilità e perfino di violenza, sino a minare le stesse basi delle istituzioni democratiche, anche di quelle ritenute più solide». Se le cause della crisi stanno in «un liberismo economico senza regole e senza controlli», e in tre ideologie dall’«effetto devastante» come l’utilitarismo, l’individualismo e la tecnocrazia, per arrivare a un mercato a servizio dell’etica bisogna recuperare il primato dell’etica e della politica sulla finanza. Da qui le proposte di «misure di tassazione delle transazioni finanziarie, mediante aliquote eque», e di «forme di ricapitalizzazione delle banche anche con fondi pubblici condizionando il sostegno a comportamenti "virtuosi" e finalizzati a sviluppare l’economia reale». La nota ipotizza anche «la riforma del sistema monetario internazionale» per dare vita «a qualche forma di controllo monetario globale».

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