sabato 11 agosto 2018
La band vicentina ha aperto l'incontro dei giovani con Francesco al Circo Massimo. Il leader e cantante Lorenzi: «Siamo qui per dire grazie a “ogni benedetto giorno”»
Il rock dei The Sun dal Papa per cantare la vita
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Ogni benedetto giorno. È il titolo del nuovo tour ed è il senso di ogni loro concerto. Soprattutto del prossimo, quello più atteso, a coronare i vent’anni “suonati” di carriera di un gruppo anomalo e unico nel panorama musicale italiano. Sono infatti i The Sun a fare da colonna sonora e da rabdomanti musicali all’odierno incontro dei giovani con papa Francesco al Circo Massimo. Echeggiano e campeggiano già quei “PerMilleStrade” e “Siamo qui”, slogan sintesi del viaggio e della presenza di chi si sta incamminando, con la prorompente giovinezza, sulle strade del mondo e della propria vita, unica e da condividere. Non è la prima volta che ai The Sun è chiesto, in importanti eventi ecclesiali, di sottolineare e accompagnare in suoni, ritmi e canzoni il senso di uno stare insieme in nome di un’amicizia più grande. «Ci spetta il delicato compito di fare gli onori di casa – ci dice il cantante e leader del gruppo vicentino, Francesco Lorenzi –. Solo l’idea di suonare sullo stesso palco dove poco dopo arriverà il Papa ci fa tremare di emozione. È una grande responsabilità ».

Un’esperienza che si ripete per questa ex punk band, diventata simbolo di rinascita interiore e artistica. Nell’estate del 2013 suonarono infatti alla Giornata mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, in Brasile, e il 4 ottobre dello stesso anno cantarono in occasione della visita di papa Francesco per la festa di san Francesco, patrono d’Italia. Nell’estate del 2016 tennero invece uno storico concerto alla Giornata mondiale della Gioventù di Cracovia, in Polonia, davanti a quindicimila spettatori. Stasera saranno settantamila. La collaborazione tra i The Sun e la Santa Sede dura da anni e risale all’ultimo periodo del pontificato di papa Benedetto XVI. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, aveva invitato i The Sun nel febbraio 2013 ad aprire l’Assemblea plenaria sulle culture giovanili emergenti e la rock band si era così esibita di fronte a cardinali, vescovi, ambasciatori ed esponenti della cultura di tutto il mondo. In quell’occasione, Lorenzi aveva anche esposto i risultati di un sondaggio effettuato tramite il suo blog www.francescolorenzi. it, che metteva in luce gli aspetti che favoriscono e ostacolano il rapporto tra la Chiesa e i giovani. Il giorno successivo i The Sun erano stati ricevuti in udienza privata da Benedetto XVI.

E tra poche ore gli sguardi di decine di migliaia di giovani saranno lì a incrociare, in attesa dell’incontro con papa Francesco, i volti e gli strumenti di Francesco, di Matteo Reghelin (bassista), di Riccardo Rossi (batterista), di Gianluca Menegozzo (chitarrista) e del “quinto Sun” Andrea Cerato (chitarrista) che da turnista ingaggiato nel 2015 ha finito col trasformare di fatto l’iniziale quartetto in un quintetto. «Al Circo Massimo suoneremo per quasi un’ora prima dell’arrivo di papa Francesco – spiega Francesco Lorenzi –. Faremo una quindicina di canzoni e tra un brano e l’altro qualche presentazione delle canzoni stesse e, come nostro stile, lanceremo alcuni messaggi». Un’“onda perfetta” (per citare una delle loro più celebri canzoni) per questo oceano di giovani in attesa di papa Francesco sugli antichi spalti del Circo Massimo. Ideali portavoce, i The Sun, di un grido e di una richiesta di senso ulteriore del vivere oggi, in una “società liquida” in cui i giovani faticano a galleggiare, rischiando troppo spesso di inabissarsi. Lo sanno bene i The Sun, che per metà della loro ventennale vita artistica (traguardo festeggiato lo scorso dicembre con l’album doppio 20: 40 brani di cui 10 inediti) sono stati una band giovanile di successo (al Meeting delle etichette indipendenti del 2004 furono proclamati “miglior punk rock band italiana nel mondo” quando si chiamavano The Sun Eats Hours) e anche, fatalmente, di eccessi.

Lo raccontano sempre nei concerti, dove le loro personali testimonianze sono un surplus di realtà e autenticità in cui identificarsi e specchiarsi. Nulla va mai rinnegato di sé, come ricorda lo slogan “Ogni benedetto giorno”. Frase ad hoc del tour del ventennale partito lo scorso maggio, in cui le vecchie canzoni punk cantate in inglese, quelle postconversione in italiano e le loro testimonianze si uniscono sintetizzando tortuosità e linearità del misterioso filo della vita. Fu Francesco Lorenzi il primo a guardarsi dentro proprio quando il successo era all’apice. Non era felice, qualcosa gli sfuggiva dalle mani e dal cuore quando le luci del palco si spegnevano e quell’illusorio desiderio di conquistare il mondo incontrava il vuoto. Lo racconta bene nell’autobiografia uscita quattro anni fa, La strada del Sole( edita da Rizzoli, con la prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi), già tradotta in otto lingue e giunta all’ottava edizione. «Bisogna sempre lasciare che il Padre agisca amorevolmente e consentire che metta pace nel nostro cuore e nel nostro agire – ci confida Francesco –. Cosa non facile, soprattutto laddove domina il diktat dell’agire sempre e subito, senza aspettare. La conversione dell’attesa è proprio una delle grazie che il Signore ha operato in me. Per questo noi cominciamo ora il nostro nuovo spettacolo con l’invito: attendere, prego. Che poi diventa: amatevi, prego. Prima c’è l’attesa, poi la capacità di amare. E tra l’attesa e l’amore, in mezzo, c’è l’accoglienza».

Accoglienza dell’altro, che è in definitiva accoglienza della Parola e accoglienza di Dio. Quella conversione del cuore che Lorenzi sperimentò in sé una sera di febbraio di dieci anni fa, scegliendo di non uscire e andando, nemmeno lui sa perché, a un’adorazione eucaristica. «In questo periodo – ci confida – vivo molto l’esperienza di stare nel silenzio con il crocifisso, di stare con il Signore. Mi rendo conto che bisogna sempre tenere alto il livello di qualità dell’incontro con Dio». E avverte: «Appena si abbassa la guardia, soprattutto per chi ha a che fare con il bene o almeno lo crede, si rischia di perdersi, proprio perché ci si ritiene a posto. È sempre una questione di reale volontà, perché il combattimento è quotidiano. E stare con il Signore non dovrebbe mai diventare una mera abitudine: finiremmo col non essere davvero innamorati. Sentimento che deve sempre essere risvegliato, anche attraverso un fare memoria. Ed è quello a cui ci conduce l’Eucarestia». Riflessioni a cui il pubblico dei The Sun è avvezzo. Note di vita, note di senso, declinate poi in musica, in ritmo, in canzoni. Quelle che si intoneranno questo pomeriggio con le parole di papa Francesco. «In concerto – anticipa Lorenzi – suoneremo subito La Leggenda, molto utilizzata nei campi estivi, nei grest e negli oratori. I salesiani per alcuni anni l’hanno presa come sigla delle loro iniziative. Faremo canzoni che hanno una storia che possa richiamare esperienze formative e di comunione». In scaletta, tra le altre, anche Onda Perfetta, Non ho Paura, Betlemme, Spiriti del Sole e Il mio miglior difetto.

«Questa esperienza, tra il lungo cammino, l’incontro con il Papa e la veglia, sarà molto forte e toccante. Ma io, a 15 anni, purtroppo non la volli fare – confessa Francesco –. Gli altri The Sun invece sì: Riccardo a 16 anni e Matteo a 14 parteciparono alla Gmg del 2000. Anche Gianluca. La band c’era già, nella fase punk. E io quella volta fui la pecora nera. Mi ricordo che chiedevo loro cosa andassero a fare a Roma in pieno agosto a fare tutta quella fatica». Poi toccò proprio a Francesco, per primo, percorrere la strada più impervia: la conversione. Conducendovi poi i suoi tre amici, nella vita e nella musica, e rimettendo insieme la band a fine 2008 dopo il rivoluzionario “strappo” di qualche mese prima. «Oggi andare a incontrare il Papa con i giovani – riflette –, andare a portare questa nuova energia, questa esperienza di vita e il mio servizio, significa per me fare pace col passato e ringraziare Dio per avermi dato questa possibilità, oggi». Sono stati 7.300 i giorni trascorsi insieme in vent’anni, un numero che campeggia nei loro nuovi concerti. Un numero che comprende ovviamente anche l’altra metà del loro sodalizio, quello punk, quello anche buio, quello che per Riccardo aveva significato anche alcolismo. Insomma, “ogni benedetto giorno”. Il messaggio per ogni giovane, oggi.

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