martedì 27 dicembre 2011
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Qui ad Haiti abbiamo festeggiato il secon­do Natale dopo il devastante terremoto del 12 gennaio 2010. Sono stati venti­quattro mesi di intenso lavoro, di sacrifi­ci e di sofferenza. Ci guardiamo intorno cercan­do un segno che i nostri sforzi siano serviti a qual­cosa, che la situazione stia migliorando. E guardandoci intorno incontriamo gli occhi del­la nostra gente. Sono gli occhi di una giovane mamma con i suoi gemellini al collo, uno per parte, che arriva timida e titubante, la preoccu­pazione che gli tira l’espressione altrimenti qua­si sorridente. Hanno 11 mesi e stanno ancora quasi nel palmo di una mano. Leggeri come so­lo i bambini malnutriti sanno essere. La mamma si siede tra le altre sulla veranda del nuovo cen­tro nutrizionale, una delle cinque strutture che la fondazione Avsi ha costruito dopo il terremoto grazie al sostegno di tanti amici, italiani e non. I bambini sgambettano insieme agli altri, le mamme invece sono tese e preoccupate e non parlano quasi. Ar­riva il turno della mia giovane amica. L’infermiera prende i bimbi con ma­ni esperte per averne visti tanti, trop­pi nelle stesse condizioni. Mentre lei con discrezione misura e pesa, un as­sistente sociale poco più che venten­ne parla alla mamma. «Hanno man­giato questa settimana? Ci sono nuovi casi di co­lera in famiglia? L’acqua potabile la trovate sem­pre?». Mentre la mamma un po’ più a suo agio co­mincia a rispondere, torna l’infermiera coi ge­mellini, sorridente. «Hanno preso peso! Da oggi passano al programma di mantenimento!». La giovane mamma non capisce bene i dettagli, ma sa che è una buona notizia. Inattesa, tra l’altro. I bambini malnutriti spesso non ce la fanno in queste condizioni di vita ancora così difficili. Non sopravvivono alla sporcizia, alle malattie, non hanno difese contro il dilagare del colera. I ge­mellini, poi, hanno ancora meno speranze degli altri. Eppure dopo undici mesi di lotta, questi for­se ce l’hanno fatta. Il programma di manteni­mento significa una sola visita alla settimana, si­gnifica passare dalle bustine di intrugli speciali alla vera pappa, significa per la mamma essere inserita nel programma di attività generatrici di guadagno che stiamo portando avanti, primo passo per una emancipazione lunga e difficile. La mamma sorride adesso. Prende la prescrizione delle vitamine, la razione di farina e il prezioso “tagliando” per essere inserita nell’atelier di la­voro, anche questa una struttura nuova, frutto dei grandi sforzi di risposta all’emergenza. Le in­segneranno a fare la sarta e tra tre mesi riceverà le prime “commande” di produzione. Se tutto va bene, tra due anni esatti i bambini li vedremo arrivare alla nostra nuova scuola ma­terna, per ora l’unica che funziona a Cité Soleil, un quartiere di Port-au-Prince: dopo il terremo­to, già è difficile ricostruire scuole elementari ab­bastanza rapidamente, nessuno ha tempo per le materne. Avsi invece ha deciso di puntare anche sui più piccoli, e dare sostegno alle famiglie co­struendo strutture educative omnicomprensive. Se i tanti amici continueranno ad aiu­tarci, anche grazie alla “Campagna delle Tende” in corso in queste setti­mane, riusciremo a costruire un nuo­vo centro educativo, una nuova spe­ranza per altri oltre 500 bambini e per le loro mamme. La guardo andare via, con passo svel­to e quasi saltellante. Loro ce l’han­no fatta. Come loro, in un anno altri 3.100 bambini malnutriti sono gua­riti. Per tanti non è così. È una vita in cui le sconfitte non si contano. Ma oggi siamo felici per lei, il nostro se­gno di speranza oggi è il sorriso della giovane mamma, sono i due gemellini, magri magri, ma con un futuro davanti. In questo Natale 2011 ci giungono dall’Italia so­lo parole che esprimono difficoltà, crisi e preoc­cupazioni; noi da Haiti vorremmo invece espri­mervi la nostra speranza, e il ringraziamento no­stro, delle “nostre” mamme e dei loro bambini, per il sostegno di tanti amici rimasti anonimi, che ci ha permesso di fare cose grandi e che spe­riamo ci accompagni ancora. E un ringrazia­mento speciale al vostro giornale, che è tra i po­chissimi a non essersi dimenticato di Haiti e a farci sentire, con la sua attenzione, ancora ac­compagnati e sostenuti. La speranza che si è ac­cesa nel cuore è stata per noi il primo passo. Spe­riamo sia così anche per le tante famiglie italia­ne in difficoltà.
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