mercoledì 15 febbraio 2017
A Friburgo i due ricordano l'abbraccio tra il Papa e il patriarca Kirill
L'incontro tra il metropolita Hilarion e il cardinale Koch a Friburgo

L'incontro tra il metropolita Hilarion e il cardinale Koch a Friburgo

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Il 12 febbraio di uno anno fa, il Papa e il patriarca di Mosca Kirill trovarono un una soluzione spiazzante per il loro storico incontro: l’aeroporto internazionale dell’Avana, all’incrocio dei rispettivi viaggi apostolici e su un’isola dove la presenza di russi ortodossi e cattolici è importante e richiama la tormentata storia del 900. Per celebrare il primo anniversario dell’abbraccio tra Roma e Mosca, gli inviati delle rispettive Chiese si sono ritrovati a un altro insolito “incrocio”: Friburgo in Svizzera. Lì appunto il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, e il metropolita Hilarion Alfeyev, capo del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, si sono dati appuntamento domenica scorsa, nell’aula magna della locale università, per un incontro dal titolo “Il dialogo continua” in riferimento a Francesco e Kirill. Perché Friburgo: perché organizzatrice dell’evento è stata Barbara Hallensleben, dell’Istituto di studi ecumenici dell’ateneo svizzero – oltre che consultore del dicastero di Koch – allo stesso Istituto insegna teologia dogmatica Hilarion e lì in passato ha insegnato pure Koch, svizzero di Basilea.

«Come per ogni evento storico, ci vorrà indubbiamente del tempo perché l’incontro de L’Avana e la Dichiarazione comune possano dare i loro frutti» ha detto il porporato, indicando nel suo intervento tre direzioni per il prosieguo del cammino: «l’ecumenismo dei santi, l’ecumenismo culturale e l’ecumenismo dell’azione comune». Il primo può avvenire «attraverso lo scambio di reliquie o di icone che verrebbero proposte alla venerazione dei fedeli» e poiché «condividiamo la comune tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo », «si potrebbero compiere dei passi verso un riconoscimento reciproco di alcuni santi». Non solo del primo millennio. «Per esempio, Gregorio di Narek, che pure visse dopo la separazione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa armena, nel 2015 è stato proclamato dottore della Chiesa da papa Francesco. I santi delle nostre Chiese, già uniti in cielo, sono le nostre guide e i nostri intercessori migliori per realizzare l’unità tra noi». L’ecumenismo culturale ha già prodotto risultati tangibili dopo L’Avana, attraverso il lavoro del Gruppo mi- sto di lavoro per il coordinamento dei progetti culturali tra la Santa Sede e il patriarcato di Mosca. Scambi di studenti delle Pontificie Università romane, ha detto Koch, ma a cui si possono aggiungere altre iniziative. A Mosca sono stati appena prorogati i tempi di apertura della mostra “Roma Aeterna, capolavori della pinacoteca vaticana. Bellini, Raffaello, Caravaggio” alla Galleria Tretyakov, visitata anche dal presidente Vladimir Putin. E a fine anno, o inizio 2018, ai Musei Vaticani approderanno i capolavori dell’arte russa di soggetto biblico della Tretyakov.


Infine un «ecumenismo pratico», soprattutto per quanto riguarda «la questione dei cristiani del Medio oriente, la libertà religiosa, la solidarietà con i poveri, la famiglia o i giovani». Ma uno dei frutti più sostanziosi dell’incontro di Friburgo è forse stata la proposta di Koch per affrontare il nodo dell’Ucraina: la creazione di una commissione ad hoc per guarire le ferite del passato, permettere la purificazione della memoria e immaginare un futuro comune. Sull’Ucraina è tornato con forza anche Hilarion, dopo aver ricordato che «le condizioni storiche nelle quali vivono oggi i cristiani così come le sfide che l’umanità sta affrontando, ci obbligano a imparare a vivere e ad agire in questo mondo non come concorrenti ma come fratelli, prima ancora della restaurazione della piena comunione, per difendere insieme i valori che abbiamo in comune». «Per gli ortodossi – ha ricordato il metropolita – la dichiarazione fatta per la prima volta all’Avana al più alto livello, secondo la quale l’uniatismo non è un metodo per raggiungere l’unità tra le Chiese e che il proselitismo sotto ogni forma è inaccettabile nelle relazioni ortodosse-cattoliche, è stata un passo importante per ripristinare la fiducia». «Tuttavia – ha aggiunto –, sappiamo quanto l’incontro di papa Francesco con il patriarca Kirill sia stato accolto in modo irritante dalla Chiesa greco-cattolica ucraina», «l’uniatismo si dimostra una forza che semina odio e inimicizia, impedendo sistematicamente e deliberatamente la riconciliazione tra l’Oriente e l’Occidente », per questo «riteniamo necessario continuare la discussione sull’uniatismo... in modo da portarlo alla sua logica conclusione».

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